Dopo un lungo braccio di ferro il consiglio di amministrazione ha votato quasi all'unanimità l'esclusione del manager che nella serata di martedì ha formalmente lasciato il suo incarico. Le deleghe passano al presidente Diter Rampl
In fondo all'articolo tutti i video sulle dimissioni di Alessandro Profumo
Prima la sfiducia del consiglio di amministrazione, poi le dimissioni. Al termine di una riunione tra i soci durata oltre 4 ore Alessandro Profumo ha formalmente lasciato l'incarico di amministratore delegato di Unicredit. Le deleghe passano ad interim al presidente Diter Rampl.
Nel corso della giornata si era parlato di una lettera di dimissioni, ma dopo essersi consultato con i suoi legali l'amministratore delegato Profumo aveva deciso invece di andare allo scontro in consiglio.
Il manager aveva così lasciato la sede della banca nel primo pomeriggio di martedì, mentre proseguivano le riunioni tra i suoi rappresentanti e quelli degli azionisti.
Il consiglio non appariva comunque unito sulla questione. Ancora nel pomeriggio Salvatore Ligresti, consigliere e azionista di Unicredit, si diceva "favorevole alla stabilità", spezzando di fatto una lancia a favore dell'ad uscente. In serata dopo uno scontro acceso i soci hanno votato quasi all'unanimità per l'esclusione di Profumo dando al manager un breve ultimatum per risolvere in maniera consensuale il contratto. Dopo aver consultato i suoi legali il banchiere ha così firmato le sue dimissioni.
"Ci tengo a dirvi che una parte della buonuscita sarà data in beneficenza a don Virgino Colmegna", ha detto ai cronisti la moglie del banchiere, Sabina Ratti, indicando in "due milioni" la cifra destinata alla Casa della Carità.
Intanto il titolo di Unicredit a pochi minuti dalla chiusura è peggiorato, con tutto il mercato, e cede l'1,49% a 1,913 euro con volumi pari a oltre una volta e mezza la media dell'ultimo mese.
Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti aveva fatto pressioni per convincere le fondazioni a fare un passo indietro, evitando un'ardua transizione anche in un momento politico piuttosto difficile, spiega la fonte. Le tensioni più recenti tra Profumo e gli azionisti italiani e, in particolare, il mondo politico veronese vicino alla Fondazione Cariverona, erano nate con la salita dei soci libici nel capitale della banca. Ma già lo scorso marzo si era consumato uno scontro importante sul progetto di riorganizzazione del gruppo - la cosiddetta Banca Unica - che aveva portato Profumo a minacciare le dimissioni, poi non formalizzate.
"Sono stati mesi di continue tensioni, anche sulla gestione della banca. La questione dei libici è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso", osserva la fonte. Central Bank of Libya detiene il 4,988% di UniCredit, mentre Libyan Investment Authority è salita tra luglio e agosto al 2,594%. Due quote che messe insieme sono un valido contrappeso alla presenza delle fondazioni.
L'accusa rivolta a Profumo è di aver facilitato in qualche modo l'ingresso dei libici. Il manager tuttavia ha respinto le accuse sottolineando di non aver chiamato lui i libici, che hanno deciso in totale autonomia. Rappresentanti della Lega Nord - in particolare il sindaco di Verona Flavio Tosi e il presidente della Regione Veneto Luca Zaia - a più riprese hanno stigmatizzato l'avanzata dei libici, temendo una vera e propria scalata.
A ciò si aggiungono le frizioni con lo stesso Rampl che ha lamentato sul tema la mancanza di informativa, ottenendo mandato dal comitato governance di fare i necessari approfondimenti sui soci libici e sulle possibili ricadute sulla governance della banca.
Per la successione stampa e mercato hanno già prodotto la solita girandola di nomi, nessuno dei quali però al momento trova conferme. Matteo Arpe, Giampiero Auletta, Claudio Costamagna, Enrico Cucchiani, Fabio Gallia, Mario Greco, Alberto Nagel, Andrea Orcel ma anche Pietro Modiano, le ipotesi ventilate. Arpe e Gallia potrebbero essere nomi "spendibili" nonostante sul primo possano pesare i recenti attriti con Cesare Geronzi, oggi presidente di Generali, per la seconda fonte.
Tutti i video sulle dimissioni di Alessandro Profumo
Prima la sfiducia del consiglio di amministrazione, poi le dimissioni. Al termine di una riunione tra i soci durata oltre 4 ore Alessandro Profumo ha formalmente lasciato l'incarico di amministratore delegato di Unicredit. Le deleghe passano ad interim al presidente Diter Rampl.
Nel corso della giornata si era parlato di una lettera di dimissioni, ma dopo essersi consultato con i suoi legali l'amministratore delegato Profumo aveva deciso invece di andare allo scontro in consiglio.
Il manager aveva così lasciato la sede della banca nel primo pomeriggio di martedì, mentre proseguivano le riunioni tra i suoi rappresentanti e quelli degli azionisti.
Il consiglio non appariva comunque unito sulla questione. Ancora nel pomeriggio Salvatore Ligresti, consigliere e azionista di Unicredit, si diceva "favorevole alla stabilità", spezzando di fatto una lancia a favore dell'ad uscente. In serata dopo uno scontro acceso i soci hanno votato quasi all'unanimità per l'esclusione di Profumo dando al manager un breve ultimatum per risolvere in maniera consensuale il contratto. Dopo aver consultato i suoi legali il banchiere ha così firmato le sue dimissioni.
"Ci tengo a dirvi che una parte della buonuscita sarà data in beneficenza a don Virgino Colmegna", ha detto ai cronisti la moglie del banchiere, Sabina Ratti, indicando in "due milioni" la cifra destinata alla Casa della Carità.
Intanto il titolo di Unicredit a pochi minuti dalla chiusura è peggiorato, con tutto il mercato, e cede l'1,49% a 1,913 euro con volumi pari a oltre una volta e mezza la media dell'ultimo mese.
Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti aveva fatto pressioni per convincere le fondazioni a fare un passo indietro, evitando un'ardua transizione anche in un momento politico piuttosto difficile, spiega la fonte. Le tensioni più recenti tra Profumo e gli azionisti italiani e, in particolare, il mondo politico veronese vicino alla Fondazione Cariverona, erano nate con la salita dei soci libici nel capitale della banca. Ma già lo scorso marzo si era consumato uno scontro importante sul progetto di riorganizzazione del gruppo - la cosiddetta Banca Unica - che aveva portato Profumo a minacciare le dimissioni, poi non formalizzate.
"Sono stati mesi di continue tensioni, anche sulla gestione della banca. La questione dei libici è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso", osserva la fonte. Central Bank of Libya detiene il 4,988% di UniCredit, mentre Libyan Investment Authority è salita tra luglio e agosto al 2,594%. Due quote che messe insieme sono un valido contrappeso alla presenza delle fondazioni.
L'accusa rivolta a Profumo è di aver facilitato in qualche modo l'ingresso dei libici. Il manager tuttavia ha respinto le accuse sottolineando di non aver chiamato lui i libici, che hanno deciso in totale autonomia. Rappresentanti della Lega Nord - in particolare il sindaco di Verona Flavio Tosi e il presidente della Regione Veneto Luca Zaia - a più riprese hanno stigmatizzato l'avanzata dei libici, temendo una vera e propria scalata.
A ciò si aggiungono le frizioni con lo stesso Rampl che ha lamentato sul tema la mancanza di informativa, ottenendo mandato dal comitato governance di fare i necessari approfondimenti sui soci libici e sulle possibili ricadute sulla governance della banca.
Per la successione stampa e mercato hanno già prodotto la solita girandola di nomi, nessuno dei quali però al momento trova conferme. Matteo Arpe, Giampiero Auletta, Claudio Costamagna, Enrico Cucchiani, Fabio Gallia, Mario Greco, Alberto Nagel, Andrea Orcel ma anche Pietro Modiano, le ipotesi ventilate. Arpe e Gallia potrebbero essere nomi "spendibili" nonostante sul primo possano pesare i recenti attriti con Cesare Geronzi, oggi presidente di Generali, per la seconda fonte.
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