Manovra, Calderoli: bisogna rivedere gli stipendi della Rai

Economia
Il ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli
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Il ministro per la Semplificazione Normativa parte all’attacco e chiede una revisione del servizio pubblico radiotelevisivo: “La manovra deve essere applicata anche all'interno della Rai, altrimenti si ridiscute il canone"


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Roberto Calderoli, Ministro per la  Semplificazione Normativa e Coordinatore delle Segreterie Nazionali  della Lega Nord, in un’intervista al Corriere della Sera parte all’attacco della Rai: "Le manovre non sono mai belle, ma possono essere necessarie, a condizione - come la Lega ha chiesto -  che i sacrifici siano di tutti. Non potendo intervenire sull'autonomia degli organi costituzionali, abbiamo chiesto loro un intervento a cui  stiamo già dando seguito ma, a fronte di questi sacrifici, dobbiamo  chiederne anche al concessionario del servizio radiotelevisivo  pubblico, ossia alla Rai. Non esistono al mondo liquidazioni come  quella di Santoro o stipendi da favola pagati per "stare in panchina"  e non lavorare. Le regole della manovra devono essere applicate anche all'interno della Rai, altrimenti si ridiscute il pagamento del canone".

Calderoli affronta anche il problema del ridimensionamento dei tagli agli enti finanziati dallo Stato e dice che “resta l'amarezza per una soluzione vecchia maniera. Una soluzione che fa perdere tutti, tranne i  beneficati". Secondo il ministro leghista, "nella stragrande maggioranza dei  casi sono foraggiati anche da Comuni e province, per un ammontare che non conosciamo".

Infatti, spiega, "abbiamo chiesto a questi enti di inviarci il  bilancio" perché "volevamo valutare quanto denaro pubblico ricevono  certe benemerite istituzioni. In alcuni casi, purtroppo, non ci siamo  riusciti visto che questi soggetti in un caso su tre neppure hanno risposto alle nostre richieste".

E questo, secondo Calderoli, perché "convinti che i loro  illustri padrini sapranno tutelarli. Io ho ricevuto pressanti  richieste da un ex presidente del Consiglio per far avere contributi da poche migliaia di euro a questo o quell'ente. Perché, mi chiedevo, si fa questo accattonaggio per una cifra che l'interessato avrebbe  potuto sborsare di tasca propria senza batter ciglio?". La risposta,  il ministro pensa di averla trovata: "Il punto è che il contributo  dello Stato è una sorta di accredito, di biglietto da visita che consente di presentarsi a batter cassa presso privati e altri enti pubblici".

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