A lanciare l’allarme il presidente De Vita. Il calo dei consumi e delle esportazioni porterà alla chiusura di “quattro o cinque raffinerie che sono di troppo”. Si tratta di un quarto degli impianti presenti del territorio italiano
Il calo dei consumi e delle esportazioni porterà "alla chiusura di 4 o 5 raffinerie, che sono di troppo". Lo ha rilevato il presidente dell'Unione Petrolifera, lanciando l'allarme su 7.500 posti che sono quindi a rischio: "Ogni raffineria - ha spiegato Pasquale De Vita - dà lavoro, con l'indotto, a circa 1.500 posti di lavoro". Le chiusure riguarderanno dunque almeno un quarto delle 16 raffinerie presenti in Italia.
A pesare sul settore, ha proseguito De Vita presentando il Consuntivo 2009 dell'Unione petrolifera, ci sono anche le norme del 20-20-20, vale a dire il taglio delle emissioni del 20% e l'aumento dell'efficienza energetica del 20% entro il 2020: "Negli ultimi 5 anni - ha detto il presidente dell'Up - il sistema di raffinazione ha perso 15 milioni di tonnellate, da 85-90 circa: se saranno applicate le regole 20-20-20 perderemo un'altra decina di tonnellate, arrivando a poco più di 60 tonnellate". Un livello che non giustifica l'esistenza di 16 raffinerie, messe a rischio anche dal calo dell'export, che è determinato da vari fattori: la concorrenza da parte delle raffinerie del Medio Oriente, che, ha detto De Vita, "non hanno vincoli ambientali, visto che non hanno aderito al protocollo di Kyoto", o di quelle cinesi che godono di particolari sovvenzioni.
Quindi, ha sostenuto il presidente dell'Unione petrolifera, "questo settore è già in crisi e bisognerà fare un piano per vedere quali situazioni sostenere e quali affrontare". De Vita ha fatto l'esempio della raffineria di Falconara, che dopo un accordo con i sindacati ha tagliato 100 posti di lavoro. Per affrontare l'emergenza, dunque, il settore chiede al governo "regole più semplici e un adeguamento delle stesse a quelle adottate negli altri Paesi", ma anche sostegno in caso di chiusura, perché, ha spiegato De Vita, ricordando che venerdì parte proprio il tavolo sulla raffinazione al Ministero dello Sviluppo, "le bonifiche hanno costi altissimi: di questo dovremo parlare".
A pesare sul settore, ha proseguito De Vita presentando il Consuntivo 2009 dell'Unione petrolifera, ci sono anche le norme del 20-20-20, vale a dire il taglio delle emissioni del 20% e l'aumento dell'efficienza energetica del 20% entro il 2020: "Negli ultimi 5 anni - ha detto il presidente dell'Up - il sistema di raffinazione ha perso 15 milioni di tonnellate, da 85-90 circa: se saranno applicate le regole 20-20-20 perderemo un'altra decina di tonnellate, arrivando a poco più di 60 tonnellate". Un livello che non giustifica l'esistenza di 16 raffinerie, messe a rischio anche dal calo dell'export, che è determinato da vari fattori: la concorrenza da parte delle raffinerie del Medio Oriente, che, ha detto De Vita, "non hanno vincoli ambientali, visto che non hanno aderito al protocollo di Kyoto", o di quelle cinesi che godono di particolari sovvenzioni.
Quindi, ha sostenuto il presidente dell'Unione petrolifera, "questo settore è già in crisi e bisognerà fare un piano per vedere quali situazioni sostenere e quali affrontare". De Vita ha fatto l'esempio della raffineria di Falconara, che dopo un accordo con i sindacati ha tagliato 100 posti di lavoro. Per affrontare l'emergenza, dunque, il settore chiede al governo "regole più semplici e un adeguamento delle stesse a quelle adottate negli altri Paesi", ma anche sostegno in caso di chiusura, perché, ha spiegato De Vita, ricordando che venerdì parte proprio il tavolo sulla raffinazione al Ministero dello Sviluppo, "le bonifiche hanno costi altissimi: di questo dovremo parlare".