Angelo Vassallo, la storia del sindaco-pescatore di Pollica ucciso nel 2010 dalla camorra
CronacaIntroduzione
Dopo 14 anni l’omicidio del primo cittadino del comune in provincia di Salerno, avvenuto il 5 settembre 2010, sembra aver trovato una risposta: la Procura di Salerno ha arrestato quattro persone, tra cui un ex brigadiere e un Colonnello dei carabinieri, con l’accusa di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dalle finalità mafiose. Sindaco di Pollica dal 1995 al 2010, Vassallo era anche presidente della Comunità del Parco del Cilento: a lui si deve la proposta all’Unesco di includere la dieta mediterranea tra i Patrimoni orali e immateriali dell’umanità.
Quello che devi sapere
Il caso Vassallo
- Ambiente e legalità. Queste erano le due stelle polari dell’impegno di Angelo Vassallo, sindaco di Pollica (Salerno) ucciso il 5 settembre 2010. Era noto anche come il "sindaco-pescatore" per la sua impresa ittica, gestita insieme al fratello, e per l'amore per il mare
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L’impegno politico
- Nato il 22 settembre 1953, Vassallo è stato sindaco del comune di Pollica, in provincia di Salerno, per ben tre mandati consecutivi, dal 1995 al 2010, ed era stato eletto per un quarto mandato. Esponente del Pd, in passato era stato anche consigliere provinciale a Salerno. Oltre alla carica di primo cittadino, ricopriva anche quella di presidente della Comunità del Parco, organo consultivo e propositivo dell'Ente Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, composto da 80 comuni del Cilento e del Vallo di Diano e da otto Comunità montane. Era stato presidente della Comunità Montana Alento Monte Stella e presidente delle 'Città Slow' nel mondo
La proposta
- Fu lui nel 2009 a formulare la proposta di includere la dieta mediterranea tra i Patrimoni orali e immateriali dell'umanità. L'idea divenne una proposta ufficiale che fu accolta dall'Unesco il 16 novembre 2010 a Nairobi e poi ulteriormente avvalorata anche dalla fondazione del "Centro studi per la Dieta Mediterranea", da parte dello stesso Vassallo
A favore dell’ambiente
- Ambientalista, amato dai suoi concittadini, viene ricordato anche per le sue ordinanze singolari. Una di queste venne emanata nel gennaio 2010 e prevedeva una multa fino a mille euro per chi veniva sorpreso a gettare a terra cenere e mozziconi di sigarette
L’omicidio
- Alle 22 del 5 settembre 2010, Angelo Vassallo stava rientrando a casa a bordo di un’Audi A4 quando venne bloccato improvvisamente da un’auto che stava procedendo contromano. Una o due persone, scese dalla macchina, si avvicinarono al finestrino dell’auto del sindaco e spararono ben nove colpi di pistola, una baby Tanfoglio calibro 9. A rinvenire il corpo fu uno dei fratelli, che lo ritrovò crivellato di colpi dopo l’allarme della moglie. A tutt’oggi l’omicidio non ha testimoni oculari e non è mai stata ritrovata l’arma
Le ragioni
- Ma perché Vassallo fu ucciso? Il primo ad attribuire la responsabilità dell’omicidio alla camorra fu il pubblico ministero Luigi Rocco: secondo la ricostruzione degli inquirenti, Vassallo aveva scoperto un giro di droga che passava per il porto di Acciaroli. Il sindaco-pescatore aveva esposto in via confidenziale questo scenario all'allora procuratore capo di Vallo della Lucania, Alfredo Greco, e lo avrebbe formalizzato a breve con una denuncia, che però non arrivò mai
Gli arresti
- Dopo 14 anni, la Procura di Salerno ha arrestato quattro persone: si tratta dell’imprenditore Giuseppe Cipriano, dell’ufficiale dei carabinieri Fabio Cagnazzo, dell’ex brigadiere dell’Arma Lazzaro Cioffi e del collaboratore di giustizia Romolo Ridosso, figlio del boss del clan di Scafati Loreto-Ridosso. Per tutti l'accusa è di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dalle finalità mafiose
L’incontro
- "Pure il pescatore lo abbiamo messo a posto". Questa è la frase che Romolo Ridosso, uno dei quattro arrestati per l'omicidio Vassallo, avrebbe pronunciato dopo aver parlato davanti alla sua abitazione di Lettere, paese in provincia di Napoli, con il carabiniere Lazzaro Cioffi, giunto sul posto con Giuseppe Cipriano a metà settembre 2010, subito dopo l'uccisione del sindaco di Pollica. A rivelare tutto fu prima la convivente di Ridosso e poi lo stesso collaboratore di giustizia anni dopo i fatti. L’intenzione di Cioffi e Cipriano era quella di minacciare Ridosso, intimandogli di non frequentare più Scafati e non rivelare nessun particolare dell'omicidio di Vassallo, pena la rovina
Il depistaggio
- A far rumore, poi, è anche il coinvolgimento del colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo, figlio di Domenico Cagnazzo, pluridecorato generale dell'Arma, vicecomandante in Sicilia al momento dell'arresto di Totò Riina. Per anni a capo della compagnia di Castello di Cisterna, e protagonista a Napoli e provincia di indagini sui più potenti clan di camorra, Fabio Cagnazzo è stato per alcuni anni comandante provinciale a Frosinone e risultava da due anni indagato. Secondo l’accusa fu il colonnello dei carabinieri, in vacanza nella località cilentana, a spendersi subito dopo l'omicidio in un'attività di depistaggio già pianificata, indicando in uno spacciatore del posto, Bruno Humberto Damiani De Paula, "o' brasiliano", il responsabile del delitto. Un depistaggio attuato anche attraverso il condizionamento psicologico della famiglia della vittima, non solo per evitare la carcerazione ma anche perché per Cagnazzo sarebbe stato insopportabile "perdere l'onore"
Ricostruzione in corso
- Il quadro però non sembra sancora essere stato definito in modo completo: come ha dichiarato il gip del tribunale di Salerno, gli esecutori materiali dell'omicidio non sono stati ancora "chiaramente individuati", anche se è stato possibile ricostruire in modo "coerente e dettagliato" movente e organizzazione del delitto, oltre ai depistaggi successivi. Il giudice, poi, avverte che l'attività investigativa "non ha ancora raggiunto una completa e compiuta ricostruzione degli scenari che conducevano all'esecuzione del sindaco Vassallo". Il movente infatti resta ancora il giro di droga, ma non sono da escludere anche possibili novità: infatti, come ha scritto il gip, le indagini risultano difficili anche a causa del "clima di particolare omertà, reticenza e quasi diffidenza" che si respirava e si respira ancora nei luoghi dove si sono svolti i fatti
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