Rifare la maturità per rivivere l’emozione: a Firenze si torna in aula

“Tutti dicono di avere paura della maturità, di sognarla di notte anche a distanza di anni. Ma io so che ognuno di noi pagherebbe per tornare ai 18 anni, terrorizzato da un compito in classe e con il futuro in mano”. A parlare è Fabrizio Morviducci, giornalista e maturando dell’anno 1990. Si deve in parte a lui se, ormai da più di un anno, il liceo Galileo Galilei di Firenze, a due passi dal Duomo, è al centro di un’iniziativa un po’ nostalgica, ma affascinante. “Permettere agli ex allievi – spiega Morviducci – di cimentarsi nuovamente nell’esame di maturità, in particolare nella temutissima ‘seconda prova’. L’idea è nata per caso, ma quando l’abbiamo proposta alla preside, ne è rimasta entusiasta”. Così, per due edizioni consecutive, il Galileo ha ospitato circa trecento ‘rimaturandi’, tutti smaniosi di mettersi in gioco. “Dalla signora ultraottantenne al parroco, le storie da raccontare sono tantissime”. Come nasce una rimaturità? L’organizzazione di una ‘rimaturità” non è molto diversa da quella dell’esame ufficiale. “A ottobre estraiamo la materia – spiega Liliana Gilli, preside del liceo Galileo - che può essere latino o greco. Successivamente l’esito viene comunicato ai rimaturandi e gestiamo le iscrizioni. L’esame consiste in una versione, da svolgere in due ore di tempo e con l’ausilio del solo vocabolario”. Ma la Rimaturità del Galileo non è solo un tuffo nei ricordi, ma anche un’occasione per gareggiare e testare seriamente la propria preparazione. “Ogni anno – spiega Gilli – presentiamo due versioni, una competitiva e una non competitiva. La competitiva viene corretta da due professori di Lettere Classiche e prevede una valutazione e la nomina di un vincitore. Mentre la non competitiva è corretta dagli studenti del nostro Liceo e non comporta l’assegnazione di un voto”. A detta della preside Gilli, la rivalità che si respira durante la prova competitiva è tangibile e porta anche a momenti surreali: “L’anno scorso una mia ex alunna, che oggi è un’avvocata affermata, si è messa a piangere disperata perché aveva preso 3 alla versione di latino. Da una parte è stata una cosa molto buffa, dall’altra mi ha fatto capire quanto questa iniziativa sia presa sul serio”. L'emozione di essere rimaturandi Gli aneddoti e le storie che si possono raccontare degli oltre duecento rimaturandi che si sono presentati al Galileo sono tante ed emozionanti. “Ricordo ancora – la preside quasi si commuove – la signora ottantanovenne che si era presentata insieme al figlio per gareggiare nella versione di latino. La maturità l’aveva fatta nel 1954 ed era ansiosa come se fosse una ragazzina. Alla fine lei prese 9 e il figlio 7, era felicissima di aver vinto”. Una particolarità dell’iniziativa del Galileo è proprio unire generazioni differenti, nel tentativo di rivivere un momento unico per ognuno di noi. “Il ricordo a cui sono più affezionato della Rimaturità – racconta Massimiliano Bini, professore di letteratura latina – è legato alla prima edizione. Entrai in classe per consegnare il compito e vidi in prima fila Francesco e Sara. Erano due miei ex alunni della classe del 2021, quella che non aveva potuto fare gli scritti della maturità a causa del Covid. Mi dissero che avevano partecipato per rivivere quell’emozione che era stata tolta loro dalla Pandemia. Io sono famoso per essere abbastanza severo, tutto d’un pezzo, ma in quel momento mi sciolsi e mi misi a piangere”. La domanda più frequente che viene fatta ai rimaturandi è: “Perché?”. Perché, infatti, dover rivivere quello che per molti rimane un incubo ricorrente? “La risposta è semplice – spiega Morviducci – l’emozione che provi a rientrare nella tua vecchia scuola è imbattibile. Io stesso, quando mi è stato consegnato il compito, ho pensato: ‘Ma che cavolo sto facendo?!’. Poi mi sono guardato intorno e ho osservato quella che, per due ore, era la mia classe. Il tempo si è fermato, le preoccupazioni se ne sono andate e siamo rimasti solo noi con i nostri vocabolari”. “Ai maturandi di quest’anno – sorride Morviducci – posso solo augurare che abbiano la consapevolezza che tutto questo impegno serve per il loro futuro. Per il resto cogliete l’attimo o, come si dice in latino, carpe diem”

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