In Evidenza
Altre sezioni
altro

Per continuare la fruizione del contenuto ruota il dispositivo in posizione verticale

Puglia, 6 anni fa l'incidente ferroviario fra Andria e Corato costato la vita a 23 persone

Cronaca
Foto: Archivio Ansa

Il 12 luglio 2016, sulla linea ferroviaria Bari-Barletta, due convogli che viaggiano in direzioni opposte su un binario unico impattano frontalmente. Le vittime sono 23, oltre 50 i feriti. Il processo, ancora in corso, prende il via nel 2019 con 18 imputati (la società Ferrotramviaria e 17 persone fisiche)

Condividi:

Sono passati sei anni della strage ferroviaria che il 12 luglio 2016 ha causato, tra Andria e Corato, la morte di 23 persone e il ferimento di altri 51 passeggeri (LE FOTO). L’inchiesta, chiusa nel dicembre del 2017, ha evidenziato un errore di comunicazione tra le due stazioni di provenienza dei convogli: in un primo momento, sono 19 gli indagati a vario titolo. Il successivo processo, iniziato nell’aprile del 2019, non si è ancora concluso e vede coinvolti 18 imputati: la società Ferrotramviaria e 17 persone fisiche.

L’incidente

Sono passate da poco le 11 quando avviene lo scontro tra i due treni che stanno viaggiando in direzioni opposte - su un binario unico con blocco telefonico - a velocità comprese tra 94 e 101 km/h, in una tratta dov’è consentita una velocità massima di 110 km/h. Uno dei due convogli va in direzione sud-est, proveniente da Andria, l’altro, invece viaggia verso nord-ovest, proveniente da Corato, sulla linea ferroviaria Bari-Barletta. L’impatto si verifica in una curva affiancata da uliveti. Proprio il punto dello schianto spiega il motivo per cui nessuno dei due macchinisti ha il tempo di azionare la frenata d’emergenza per evitare la collisione: la visibilità è limitata ed è praticamente impossibile accorgersi dell’altro treno. Nello schianto vengono coinvolte le prime due carrozze e la parte anteriore della terza di uno dei due mezzi, e la prima carrozza dell’altro. A bordo sono presenti 84 persone, di cui quattro ferrovieri. Lo scontro provoca 23 vittime e il ferimento di 51 passeggeri. Nell'incidente, tra gli altri, perdono la vita entrambi i macchinisti, il capotreno di uno dei due convogli, un dirigente di movimento fuori servizio. Dopo l’impatto, sono particolarmente complicate anche le operazioni di soccorso, a causa dell’assenza di un accesso diretto al luogo del disastro.

Le indagini

Poco dopo l’incidente sono due le indagini aperte: una da parte della procura di Trani, la cui inchiesta ipotizza i reati di disastro ferroviario e omicidio colposo plurimo; l’altra invece viene aperta dalla Direzione generale per le investigazioni ferroviarie e marittime del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. In particolare, stando alle indagini della Procura di Trani, quel giorno da Andria è stato dato l'ok alla partenza del treno senza aspettare l'incrocio con il convoglio proveniente da Corato, la cui partenza, però, non era stata comunicata. Per queste condotte la Procura chiede il rinvio a giudizio per i dirigenti di movimento di Andria e Corato, per il dirigente coordinatore centrale e per il capotreno che viaggiava sul convoglio partito da Andria (il collega sull’altro treno è tra le vittime). Inoltre, ai due capistazione viene contestata la falsificazione dei registri contenenti le annotazioni sui "via libera" per la partenza dei treni.

Coinvolti anche dirigenti di Ferrotramviaria

Tra le persone coinvolte ci sono anche gli allora dirigenti di Ferrotramviaria. A loro la Procura di Trani contesta di non aver adeguatamente valutato i rischi, violando una serie di norme sulla sicurezza. Nello specifico, i dirigenti di Ferrotramviaria non avrebbero programmato l'adeguamento tecnologico pur consapevoli che su quella linea a binario unico - che funzionava con il sistema del blocco telefonico - c'era una “insufficiente copertura della rete di telefonia mobile e quindi delle consequenziali difficoltà di comunicazione tra personale di terra e personale di bordo”. Avrebbero sottovalutato il pericolo nonostante 20 inchieste disciplinari relative a "situazioni critiche e potenzialmente dannose per la sicurezza e la regolarità della circolazione ferroviaria", aperte fra il 2003 e il 2015 a seguito di incidenti sfiorati, avessero evidenziato "il grave e concreto rischio per la salute". Queste inchieste non sarebbero state neppure segnalate al preposto ufficio del ministero (Ustif), a Regione e Digifema, la Direzione generale per le investigazioni ferroviarie e marittime.

©Ansa

I rinvii a giudizio

Al termine dell’inchiesta, 17 persone fisiche e la società Ferrotramviaria il 18 dicembre 2018 vengono rinviate a giudizio dal gup del Tribunale di Trani. Si tratta di tutti i nomi proposti dalla Procura, che devono rispondere delle accuse, a vario titolo, di disastro ferroviario, omicidio colposo, lesioni gravi colpose, omissione dolosa di cautele, violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro e falso. Secondo la magistratura tranese, infatti, il disastro ferroviario sarebbe stato causato da un errore umano, ma vengono ritenuti responsabili anche coloro che non avrebbero vigilato sulla sicurezza di quella tratta a binario unico con blocco telefonico. Gli imputati sono dirigenti e vertici della società Ferrotramviaria, un dirigente del ministero delle Infrastrutture e due direttori dell'Ustif (che si occupa delle linee ferroviarie in concessione) di Puglia, Basilicata e Calabria.

Il processo

Al processo, che inizia il 4 aprile 2019 nell'aula della Corte d'Assise di Trani, ci sono dunque 18 imputati (solo una dirigente del ministero delle Infrastrutture ha scelto il rito abbreviato e sarà giudicata a parte). La società Ferrotramviaria, a sua volta, è anche responsabile civile insieme al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Inoltre, viene reiterata la richiesta di citare la Regione Puglia come responsabile civile nel processo sul disastro. Richiesta accolta dal Tribunale di Trani nel maggio del 2019. Oltre ai familiari, nel processo sono costituiti parti civili Regione Puglia, i Comuni di Andria, Corato e Ruvo di Puglia e diverse associazioni. Nella prima udienza del processo vengono anche revocate le costituzioni di alcune parti civili, nel frattempo risarcite, e depositate nuove richieste, soprattutto da parte di associazioni.

L'istanza di ricusazione

Il 6 giugno 2019, però, Ferrotramviaria Spa ricusa l'intero collegio giudicante del Tribunale di Trani. La dichiarazione di ricusazione viene depositata presso la Corte di Appello di Bari: si evidenzia che il Tribunale avrebbe "indebitamente anticipato il giudizio" di colpevolezza nei confronti dell'ente. Secondo Ferrotramviaria, nel provvedimento con il quale durante l’udienza precedente i giudici hanno accolto la richiesta di citazione della Regione Puglia come responsabile civile, si "dà addirittura per presupposta l'inaffidabilità della società" con una "irrituale ed illegittima anticipazione del giudizio in ordine alla responsabilità dell'ente". Il 25 giugno la Corte di appello di Bari accoglie l'istanza di ricusazione dei giudici del Tribunale di Trani.

Le fasi successive del processo

Intanto, il 4 luglio 2019, il nuovo collegio di giudici del Tribunale di Trani decide che la Regione Puglia sarà citata come responsabile civile nel processo. Il provvedimento relativo alla citazione della Regione era stato in un primo momento annullato dalla Corte di Appello che aveva deciso la ricusazione dei giudici. Nella nuova ordinanza, il collegio ne dispone la citazione "essendo acclarato che la proprietà degli impianti è in capo alla Regione stessa", "pur evidenziando - aggiunge - che non esiste una contestazione specifica avanzata dall'ufficio del pm" e "posto che solo nell'ambito di un completo giudizio di merito potranno valutarsi i presupposti di una responsabilità". Nella stessa udienza viene inoltre revocato il provvedimento con il quale era stata ammessa la costituzione delle parti civili nei confronti di Ferrotramviaria.

©Ansa

La ricusazione dei giudici

Il 22 novembre 2019, la Cassazione conferma la ricusazione dei giudici del Tribunale di Trani dichiarando inammissibile il ricorso di alcune parti civili contro il provvedimento della Corte di Appello di Bari che nel giugno precedente aveva accolto la richiesta di ricusazione della società Ferrotramviaria, condannando alle spese i ricorrenti. Stando alla decisione dei giudici baresi, confermata dalla Cassazione, l'aggettivo "inaffidabile" attribuito dal collegio ricusato alla società nel provvedimento con il quale citava la Regione Puglia come responsabile civile "avrebbe vulnerato l'imparzialità del Tribunale", costituendo "una irrituale ed illegittima anticipazione del giudizio in ordine alla responsabilità dell'ente". Intanto due mesi dopo, il 14 gennaio 2020, il gup del Tribunale di Trani Maria Anna Altamura assolve "per non aver commesso il fatto" Elena Molinaro, ex dirigente del ministero delle Infrastrutture, unica imputata nel processo con il rito abbreviato.

In pandemia il processo non si ferma

Il 17 giugno 2020 il processo si sposta e riprende eccezionalmente nell'auditorium dell'oratorio di Andria, per consentire il distanziamento sanitario a causa della pandemia di Covid. Mentre molti processi senza imputati detenuti sono sospesi, per questo il presidente del Tribunale, Antonio de Luce, "in considerazione della rilevanza e dell'interesse nazionale" individua come sede l'auditorium "Riccardo Baglioni" dell'oratorio Santa Annibale Maria di Francia ad Andria. Quel giorno vengono acquisiti i verbali di alcuni passeggeri superstiti. "Il treno tremava in modo incontrollato, ho sentito un boato e poi puzza di gas" raccontò all'epoca una studentessa universitaria che era nel vagone immediatamente successivo a quello dell'impatto. "Quello che ci precedeva era piegato - disse - e la testa di un uomo tra gli ulivi. Sentivo urlare dal dolore, piangere e chiedere aiuto, persone intrappolate nei vagoni". Un altro testimone, un ragazzo all'epoca 16enne, riferì di aver "sentito all'improvviso un fortissimo boato, di aver sbattuto la testa sul sedile anteriore", ritrovandosi "con la faccia piena di sangue".

©Ansa

La testimonianza dei tecnici sui convogli “bis”

L’1 luglio 2020 in udienza ci sono due consulenti tecnici della Procura di Trani, esperti in sicurezza ferroviaria. Evidenziano che per ben 146 volte prima del disastro ferroviario è accaduto il “problema” dei convogli “bis”. I treni Ferrotramviaria sarebbero stati infatti rinominati aggiungendo al numero del convoglio la parola "bis", pur essendo partiti in anticipo rispetto al treno regolamentare dal quale avevano preso il numero e che avrebbe dovuto precederli. Stessa cosa accaduta il 12 luglio 2016, quando uno dei due treni coinvolti nell'incidente portava il numero regolamentare, mentre il convoglio “bis” con lo stesso numero, giungendo a destinazione in anticipo, potrebbe aver fatto pensare che anche il treno fermato dal disastro fosse invece già in stazione. In aula i due consulenti ricostruiscono per la prima volta in modo analitico tutte le fasi dell'incidente. Fanno ascoltare le telefonate tra i capistazione e la Direzione centrale di coordinamento, evidenziando la confusione di quei minuti e le "falle di sistema" non legate soltanto a errori umani. "Se in tanti sbagliano - spiegano in sintesi - vuol dire che c'è un fallimento organizzativo". Principale accusato è il sistema - definito ancora una volta "obsoleto" -  del blocco telefonico, risalente alla metà dell'Ottocento, e quindi il mancato adeguamento tecnologico della linea, oltre alla violazione dei regolamenti da parte del personale di terra e viaggiante per la modalità di tenuta dei registri. 

Cambia il presidente del collegio dei giudici

Dopo la ricusazione dei precedenti giudici, il 9 settembre 2020 il presidente del collegio giudicante Antonio De Luce annuncia che sarà sostituito per impegni legati all'ufficio di presidenza e per motivi personali. Nel 2021, a maggio, il processo riprende in una quarta location, l’auditorium "Monsignor Picheri" della chiesa San Magno di Trani. Nell’ottobre dello stesso anno, l'ex assessore regionale ai Trasporti Gianni Giannini - sentito come teste - spiega che la Regione Puglia aveva destinato a Ferrotramviaria, prima dell'incidente, circa 20 milioni di euro degli 83 complessivamente stanziati per la messa in sicurezza delle reti regionali. Oltre a Giannini viene sentito anche l'ingegnere Pio Fabietti, funzionario di Ferrotramviaria. Entrambi confermano che la società aveva presentato un progetto per realizzare il sistema europeo del Sistema di controllo marcia treno (Scmt), che tuttavia sarebbe stato realizzato con l'ammodernamento complessivo della linea i cui lavori ancora non erano cominciati.