Ilaria Alpi, 30 anni fa l'omicidio della giornalista e di Miran Hrovatin in Somalia. FOTO
Il 20 marzo del 1994 la reporter è stata uccisa insieme all’operatore. I due stavano seguendo la missione Restore Hope. In trent'anni di indagini, presunti tentativi di depistaggi, incarcerazioni e assoluzioni, il caso è ancora avvolto nel mistero. Nel 2022 è stato ucciso Hashi Omar Hassan, il somalo condannato e poi assolto per l’omicidio e che l’Italia aveva risarcito con 3 milioni di euro
- Ilaria Alpi è stata una giornalista del TG3 vittima di un agguato in Somalia. La reporter e il cameraman Miran Hrovatin sono morti 30 anni fa, il 20 marzo del 1994 a Mogadiscio. Da allora è iniziata una vicenda processuale fatta di commissioni parlamentari, presunti tentativi di depistaggio, incarcerazioni, assoluzioni e richieste di assoluzione senza mai riuscire a fare luce sul caso
- Alpi e Hrovatin si trovavano in Somalia per seguire la missione “Restore Hope” che vedeva impegnati dei militari italiani. Il 20 marzo 1994, poco dopo le 14.30, la Toyota con a bordo la giornalista e l’operatore attraversa la capitale somala diretta all’hotel Amana. I due avevano appena incontrato il sultano del Bosaso ed erano venuti a conoscenza di fatti e attività connessi a traffici illeciti di armi e rifiuti
- A poca distanza dall’albergo, una Land Rover si ferma e ne escono fuori diverse persone armate, sembra fossero almeno 7, che fanno fuoco contro Alpi e Hrovatin. Un proiettile di kalashnikov colpisce alla tempia la giornalista, una raffica raggiunge Hrovatin
- A seguito dell’omicidio, a Roma viene avviata un’inchiesta e viene disposto un esame medico esterno sul corpo di Ilaria Alpi. Emerge che la donna è stata colpita a bruciapelo alla nuca. Il fascicolo viene affidato al sostituto procuratore Giuseppe Pititto che verifica che sul cadavere è stato eseguito solo un esame esterno e non un’autopsia
- Qualche mese dopo, il padre della giornalista ricorda che la figlia aveva intervistato il sultano di Bosaso poco prima di essere uccisa e aveva annotato tutto su un taccuino poi scomparso. Il 9 aprile 1996 il sultano, Abdullahi Mussa Bogar, viene iscritto nel registro degli indagati come mandante. Un mese dopo il pm Pititto dispone la riesumazione della salma per chiarire la dinamica dei fatti
- La posizione del sultano Abdullahi Mussa Bogar viene presto archiviata. Intanto la perizia balistica del 1996 attesta che il colpo che ha ucciso Ilaria Alpi è stato sparato a distanza, probabilmente con un Kalashnikov. A gennaio 1998 il somalo Hashi Omar Hassan è a Roma per testimoniare alla commissione sulle presunte violenze dei soldati italiani in Somalia. L’uomo viene arrestato per concorso in duplice omicidio volontario e indicato come componente del commando
- A far arrestare Hassan è il pm Franco Ionta, ma un anno e mezzo dopo l’uomo viene assolto. Intanto una nuova perizia balistica ritiene che i colpi mortali su Alpi e Hrovatin siano stati sparati a distanza ravvicinata come in un’esecuzione
- Il 24 novembre 2000 la corte d'Assise d'Appello ribalta la sentenza di primo grado e condanna Hassan all’ergastolo. Un anno dopo la Cassazione annulla la sentenza d'appello limitatamente all'aggravante della premeditazione e alla mancata concessione delle attenuanti generiche e rinvia il procedimento a un’altra sezione della corte d'assise d'appello. Il 26 giugno 2002, la pena per il cittadino somalo si riduce a 26 anni
- Il 31 luglio 2003 viene istituita la Commissione parlamentare d'inchiesta Alpi-Hrovatin di cui è presidente l'avvocato Carlo Taormina. La Commissione dura tre anni, fino al 2006, quando, senza una soluzione unanime, Taormina si fa portavoce della tesi del rapimento fallito e porta avanti un punto di vista che indigna i genitori della vittima
- L’avvocato ritiene che Ilaria Alpi fosse in Somalia “in vacanza" e che le voci di un'esecuzione siano state messe in giro ad arte. Taormina afferma di essere in possesso di documenti segreti che proverebbero le sue parole. Ufficialmente la Commissione si schiera per l'ipotesi di un tentativo di rapina o di rapimento "conclusosi accidentalmente con la morte delle vittime”
- Un’altra ipotesi avanzata da alcuni componenti della Commissione è che Alpi abbia scoperto un traffico di armi e di rifiuti tossici illegali nel quale erano coinvolti anche l'esercito e altre istituzioni italiane
- Nel 2007 la procura di Roma chiede l'archiviazione per l'inchiesta sull’omicidio poiché il procuratore sostiene che, oltre a quella di Hassan, è impossibile accertare con precisione altre responsabilità. Nel 2010 il gip Cersosimo boccia la richiesta di archiviazione ritenendo che l’omicidio sia stato appositamente commissionato per evitare che Alpi e Hrovatin riportassero in Italia quanto scoperto in Somalia
- Nel 2013 su iniziativa di Laura Boldrini, la presidenza della Camera avvia la desecretazione degli atti delle Commissioni d'inchiesta sui rifiuti e sul caso Alpi. Inizia un altro procedimento a carico di Ali Ahnmed detto “Jelle”: l’accusatore di Hassan deve rispondere di calunnia al fine di sviare le indagini. Hassan e la mamma di Ilaria Alpi si costituiscono parte civile. Nel 2014 gli avvocati di Hassan ottengono dalla Corte d’Appello di Perugia la riapertura del caso
- Nel 2015 Jelle, che è in fuga all’estero, afferma: "Hassan è innocente, io neanche c'ero. Mi hanno chiesto di indicare un uomo”. Nel 2016 la Corte d'Appello di Perugia assolve il somalo Hassan che nel frattempo aveva scontato comunque 17 dei 26 anni che gli erano stati inflitti. Per l’ingiusta detenzione lo Stato Italiano deve risarcirlo con 3 milioni di euro
- Nel luglio del 2017, la Procura della Repubblica di Roma inoltra nuovamente una richiesta di archiviazione del caso Ilaria Alpi. Nel 2018, durante l’udienza per la richiesta d’archiviazione, la pm Maria Rosaria Guglielmi deposita delle intercettazioni del 2012, trasmesse solo successivamente dalla Procura di Firenze. Sono conversazioni tra persone somale residenti in Italia che affermano che la giornalista sia stata uccisa “dagli italiani”
- L’8 giugno del 2018 la pm chiede l’archiviazione delle nuove intercettazioni ritenute irrilevanti e inutili. La richiesta è respinta con la disposizione di altri 180 giorni per ulteriori indagini. Il 6 febbraio 2019 la Procura di Roma chiede l’ennesima archiviazione perché gli elementi che apparivano idonei a far luce sul caso si sarebbero rivelati inconsistenti
- Gli avvocati della famiglia Alpi si oppongono all’archiviazione, così come FNSI, Odg e Usigrai. Si evidenziano i mancati esami, i ritardi e i depistaggi sul caso. Il 4 ottobre 2019 il gip Fanelli rigetta la richiesta e dispone nuove indagini, tra cui l’audizione del direttore dell'Aisi al fine di verificare la "persistenza del segreto" sull'identità dell'informatore comparso in una nota del Sisde del 1997 e accertamenti sul ritardo della trasmissione da Firenze dell’intercettazione tra due cittadini somali
- Nel 2022 Hashi Omar Hassan è stato ucciso da una bomba posta sotto il sedile della sua auto a Mogadiscio. Secondo il suo legale sarebbero stati terroristi islamici “a scopo di estorsione per i soldi che aveva ottenuto per l'ingiusta detenzione in Italia”. Il somalo non avrebbe ceduto al tentativo di estorsione e per questo sarebbe stato ucciso