I dati dell’Istituto superiore di sanità offrono un’idea dell’efficacia della vaccinazione e dell’impatto della terza dose. Soprattutto nelle fasce più anziane e in vista della diffusione della variante Omicron
Alla fine la risposta è semplice ed è sempre la stessa ma vale la pena di ricordarla una volta di più: coloro che non sono vaccinati contro il Covid-19 finiscono in ospedale, sono ricoverati in terapia intensiva e, purtroppo, muoiono in percentuale decisamente maggiore rispetto a coloro che si sono vaccinati. E la differenza è ancora più marcata quando nel confronto si tiene conto delle terze dosi, un dato tanto più significativo in vista della diffusione della variante Omicron, la mutazione del virus identficata in Sudafrica che preoccupa le autorità sanitarie di tutto il mondo.
A confermarlo sono i dati rilasciati dall’Istituto superiore di sanità (Iss) che forniscono un dettaglio dell’impatto del Covid-19 negli ultimi 30 giorni scorporando i numeri sulla base della situazione vaccinale dei pazienti. In questo modo diventa possibile paragonare l’incidenza degli effetti del virus sulla popolazione di riferimento di ciascun gruppo, non vaccinata da una parte, vaccinata con due o tre dosi dall’altra.
Alla data dell’ultima rilevazione disponibile, quella pubblicata il 10 dicembre, le persone non vaccinate finivano in ospedale 5,8 volte più che quelle che avevano completato il ciclo vaccinale e 10,9 volte di più rispetto a chi aveva ricevuto anche la terza dose di vaccino. Differenze ancora maggiori quando si parla di terapie intensive: la probabilità di far parte dei malati più gravi è 10,8 volte più alta tra i non vaccinati rispetto ai completamente vaccinati e addirittura 23 volte di più a confronto con coloro che hanno ricevuto la dose supplementare. Infine, per quanto riguarda l’esito più drammatico, chi non ha ricevuto nessuna dose muore 4,7 volte di più di chi è stato vaccinato e quasi 11 volte in più di chi ha ricevuto anche la terza dose.
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Fasce di età a confronto: l’impatto della terza dose
Ma i dati sulla popolazione generale non raccontano tutta la storia. Indicazioni più precise si possono infatti ottenere osservando - come consentono di fare i grafici interattivi riportati sopra - i confronti all’interno delle differenti classi di età. In questo modo l’effetto del vaccino nel limitare le conseguenze più gravi dell’epidemia diventa ancora più lampante.
Per esempio tra gli over 80, il segmento demografico che il Covid colpisce più severamente, le persone che non hanno alcun tipo di protezione rischiano il ricovero 7 volte di più rispetto ai pari età vaccinati e 68 volte di più rispetto ai coetanei che hanno già ricevuto le tre dosi.
Numeri che diventano ancora più eloquenti per le terapie intensive: il rischio di coloro che non si sono protetti è 9,9 volte maggiore rispetto a chi ha completato il ciclo e schizza a 119 volte in più rispetto a coloro che hanno ricevuto la dose numero tre. Differenze analoghe - sempre a svantaggio dei non vaccinati - per quanto riguarda i decessi: un rischio, rispettivamente, 9,9 volte e 122 volte maggiore.
Insomma, i numeri parlano chiaro e lanciano un ulteriore ammonimento in vista della probabile diffusione anche in Italia della variante Omicron, che si sta rivelando più veloce nel contagio rispetto alla Delta ora predominante nel nostro Paese. I primi dati indicano che la nuova mutazione è in grado di ridurre l’immunità (naturale o da vaccino) rispetto all’infezione, mentre sono necessarie ulteriori indagini per capire se e quanto regge la protezione in relazione alle forme più gravi di malattia.
In questa situazione di incertezza la maggiore difesa offerta dalla terza dose, in particolare tra le persone più anziane, diventa ancora più importante.
I dati ISS
I dati che rendono possibili questi calcoli sono, come detto, quelli forniti dall’Istituto superiore di sanità nei rapporti settimanali che monitorano l’andamento dell’epidemia e della campagna vaccinale. Si tratta, è bene ricordarlo, di dati utili ma non perfetti. Per esempio, visto che le statistiche si riferiscono ad un periodo prolungato la platea di vaccinati e non vaccinati è calcolata come una media del periodo. In altre parole, queste analisi non possono ambire alla precisione assoluta ma forniscono comunque indicazioni utili.