Giornata contro lo spreco alimentare: cosa possiamo fare per limitarlo

Cronaca
Un modo per limitare lo spreco alimentare è preferire prodotti locali o a chilometro zero (foto: archivio Getty Images)

L'edizione di questo 2020 è dedicata alla prevenzione degli sprechi per la salute dell'ambiente e dell'uomo. Per la prima volta negli ultimi dieci anni, lo sperpero degli alimenti nelle case italiane ha fatto registrare un calo

Il 5 febbraio ricorre la Giornata di prevenzione dello spreco alimentare, ideata e istituita nel 2014 dal ministero dell'Ambiente in collaborazione con la campagna Spreco Zero dello spin off Last Minute Market. Quest'anno l'iniziativa è dedicata alla prevenzione degli sprechi per la salute dell'ambiente e dell'uomo. L'Italia arriva a questa edizione 2020 con il conforto dei numeri. Per la prima volta negli ultimi dieci anni, infatti, lo spreco di cibo nelle case ha fatto registrare un calo: 25% in meno rispetto allo scorso anno, per un risparmio complessivo di 1,5 miliardi di euro. Il dato emerge dal Rapporto Waste Watcher 2020 di Last Minute Market/Swg.

Spreco alimentare in calo, ma non basta

Stando agli ultimi aggiornamenti del rapporto Waste Watcher, nelle case degli italiani si butta meno cibo e quasi 7 italiani su 10 (il 66%) hanno sviluppato una maggiore sensibilità verso la battaglia contro lo spreco alimentare e il rapporto con la salute dell'ambiente e dell'uomo. Si tratta, ha commentato Cia-Agricoltori Italiani, di un dato rilevante, "che vede scendere il costo dello spreco settimanale medio per nucleo familiare a 4,9 euro, per un totale di oltre 10 miliardi se si includono gli scarti di produzione e distribuzione". I numeri del 2019 avevano fatto registrare uno spreco medio per famiglia di 6,6 euro. Sono numeri, questi, che devono segnare un punto di partenza: il nostro Paese resta al tredicesimo posto in Europa per quantità di cibo edibile che si perde lungo la filiera agroalimentare. "Per questo è fondamentale - conclude Cia - recuperare efficienza nell'utilizzo delle risorse e dare nuovo impulso all'importante legge nazionale contro lo spreco alimentare"

La pratica della "doggy bag"

In occasione della Giornata per la prevenzione dello spreco alimentare, la Coldiretti ha realizzato un'indagine che, tra le altre cose, ha analizzato la diffusione nel nostro Paese della pratica della doggy bag, il contenitore per portare via il cibo non consumato ed evitare che venga buttato. Dal rapporto dell'associazione è emerso che il 37% degli italiani quando esce dal ristorante si porta sempre, spesso o almeno qualche volta a casa gli avanzi con la doggy bag. Il 18% lo fa solo raramente, mentre il 14% degli italiani ritiene che sia da maleducati o si vergogna comunque a richiederla; il 21% degli italiani, invece, non lascia alcun avanzo quando va a mangiare fuori, mentre il resto non li chiede perché non saprebbe che farsene. In questo senso, l'Italia dimostra di far ancora fatica a concepire questa pratica, piuttosto diffusa in molti altri Paesi (a partire dagli Stati Uniti)

Spreco alimentare e sostenibilità

In una nota diffusa dalla Confederazione italiana agricoltori in occasione della Giornata di prevenzione 2020, si legge che "cambiamenti climatici, insicurezza alimentare e carenza d'acqua disponibile hanno un fattore comune: lo spreco alimentare". Nonostante i miglioramenti dell'ultimo anno, in Italia in media, vanno sprecati ogni anno 65 chili di cibo pro capite. I prodotti più gettati nel nostro Paese sono frutta e verdura. E lo spreco alimentare ha anche conseguenze negative sulla sostenibilità ambientale, visto che per produrre frutta verdura sono serviti 73 milioni di metri cubi di acqua, tanto quanto il fabbisogno di acqua potabile di 18 giorni della Lombardia, 23 giorni del Lazio, 27 della Campania e 153 della Puglia. "Lo spreco alimentare - si legge ancora sul portale della Cia - si traduce anche in spreco di risorse naturali. Un'enormità, se si pensa che con la stessa quantità potremmo riempire – giornalmente – 80 piscine olimpioniche". A livello globale, inoltre, il cibo gettato contribuisce ai cambiamenti climatici in quanto è causa della produzione dell'8% delle emissioni annuali di gas serra, al sovrasfruttamento dei terreni e all'insicurezza alimentare nelle aree del mondo già a rischio di disuguaglianza sociale. 

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