Overview, Vite dentro - viaggio nelle carceri italiane

Cronaca
Diletta Giuffrida

Diletta Giuffrida

Le carceri italiane sono al collasso. I numeri del sovraffollamento, con le rivolte che scoppiano sempre più di frequente da Nord a Sud, raccontano di una situazione ai limiti, nonostante gli sforzi di chi gestisce gli istituti penitenziari. Il dato più drammatico è quello dei suicidi in cella che nel  2024 ha segnato il record degli ultimi 30 anni. Se ne occupa l’ottava puntata di Sky TG24 "Overview - sguardo sui tempi che corrono", il nuovo ciclo di approfondimenti in pillole prodotto dal canale all news e realizzato da Tiwi

Youssef  Barsom aveva 18 anni, problemi psichici accertati ed era in carcere per rapina da poco più di un mese. Aveva rubato una collanina e per questo era finito a San Vittore, in attesa di giudizio. È morto carbonizzato nella cella che condivideva con un altro detenuto, nel rogo che probabilmente lui stesso aveva appiccato, come forma di protesta. La sua è solo una delle storie di chi nell’ultimo anno è morto in una delle carceri del nostro paese, in cui sempre più spesso esplodono violente rivolte. Una di quelle carceri in cui, dove dovrebbero esserci due detenuti, spesso ce ne sono anche più del doppio. Come siamo arrivati a questo punto?

Sovraffollamento

Rinchiusi nelle 190 carceri del nostro paese ci sono tanti detenuti quanti più o meno sono gli abitanti di alcune città italiane come Cosenza, Viareggio o Matera. Stando all’ultima relazione del Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale davanti alla Commissione Giustizia del Senato, il sovraffollamento medio delle nostre carceri è del 130%, in alcune in particolare - come San Vittore, a Milano, o Canton Mombello, a Brescia - la percentuale è anche superiore al 200%. E’ una condizione che racconta di celle troppo strette, a volte fatiscenti e in condizioni igieniche inadeguate. Celle dove oltre allo spazio spesso manca anche la prospettiva futura. In realtà non si tratta di un’emergenza, piuttosto di una condizione ormai sistemica nel nostro Paese da troppi anni. Una situazione che oggi non risparmia nemmeno gli Ipm, gli istituti per minorenni, dove le presenze medie giornaliere nel 2024 sono state finora le più alte degli ultimi 17 anni. Al numero abnorme di detenuti, che in base ai dati del Ministero della Giustizia al 30 novembre 2024 erano 62.427 su 51.165 posti regolamentari, si sommano i problemi legati alle strutture, alla carenza di risorse e di personale, nonostante le tante iniziative di reinserimento lavorativo e non solo che nel tempo sono aumentate e gli sforzi di chi gli istituti penitenziari li gestisce. All’appello manca attualmente il 16% delle unità previste dall’organico tra gli agenti di polizia penitenziaria, come emerge dai dati relativi al 2024 del Dap e delle schede trasparenza del Ministero della Giustizia incrociati dall’Associazione Antigone, ma manca anche il 20% dei funzionari amministrativi mentre circa un terzo dei direttori delle case circondariali ha incarichi in più di un istituto.

 

I numeri del sovraffollamento nelle carceri italiane nel 2024 - Ministero della Giustizia

Suicidi

Sono numeri che pesano sui detenuti, molti dei quali hanno dipendenze dalla droga, sofferenze psichiche o fanno uso di sedativi o di psicofarmaci. Numeri che finiscono indirettamente col ricadere anche sulla collettività, perché se è vero che chi sbaglia è giusto che paghi, è vero anche che il fine ultimo di ogni pena è, o almeno dovrebbe essere, quello di rieducare il detenuto allo scopo di non fargli commettere più reati. Problemi a cui la politica tenta di dare una risposta mentre periodicamente ci si interroga sull’opportunità o meno di costruire o trasformare in nuove carceri strutture ormai dismesse. Nel frattempo però si è generato un mix esplosivo di disagio che ha fatto del 2024 l’anno record degli ultimi 30 per numero di suicidi in cella. Sono dati che ci dicono che il carcere, suo malgrado, sta rischiando davvero di diventare il terminale ultimo della marginalità sociale. Dati che, in qualche modo, tradiscono anche il divieto di trattamenti inumani e degradanti previsto dalla nostra Costituzione, come ha sottolineato – parlando di condizioni angosciose e indecorose per un paese civile - il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel suo ultimo discorso in occasione della consegna del Ventaglio da parte dell’Associazione Stampa Parlamentare al Quirinale.

Si sono impiccati quasi tutti, chi col laccio dei pantaloni, chi con una corda, chi con le lenzuola. Qualcuno si è ucciso respirando il gas del fornelletto che aveva in cella, qualcun’altro si è soffocato con un sacchetto di plastica. A volte gli agenti di polizia penitenziaria sono riusciti a intervenire in tempo e hanno provato a rianimarli. Altre volte a togliersi la vita sono stati proprio gli agenti di polizia penitenziaria. L’età media dei suicidi in carcere è di 37 anni, in maggioranza sono stranieri, spesso in attesa di giudizio. 

L'identikit di chi è morto suicida in cella nel 2024

Uso simbolico della giustizia penale 

Nonostante la criminalità sia in generale progressivamente diminuita negli ultimi 30 anni, ad accezione di alcune fattispecie di reati come le violenze sessuali o i reati informatici, la percentuale di detenuti è quasi triplicata. Per capire il perché bisogna guardare anche alle politiche adottate a partire dagli anni ’90, quando in Italia vengono approvate una serie di norme che inaspriscono le pene nei confronti dei tossicodipendenti da una parte, con la legge Vassalli-Iervolino, e dall’altra introducono una serie di nuovi reati tra cui per esempio quello di immigrazione clandestina. Le carceri italiane tra gli anni ’90 e gli anni 2000, fatta eccezione per la breve parentesi dell’indulto del 2006, iniziano a riempirsi a dismisura anche per effetto dell’aumento della carcerazione preventiva. Si avvia un’epoca in cui una parte della politica, a fasi alterne, accuserà l’altra e viceversa di fare un uso simbolico della giustizia penale.

La condanna dell'Italia

Nel 2010 il tasso di carcerazione in Italia è tra i più alti d’Europa tanto che tre anni dopo, nel 2013, a intervenire è la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che con la sentenza Torreggiani condanna l’Italia per trattamenti inumani e degradanti nei confronti dei detenuti. L’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano definisce quella sentenza “una mortificante conferma della incapacità del nostro Stato di garantire i diritti elementari dei reclusi in attesa di giudizio e in esecuzione di pena”. Segue una stagione di riforme e un calo della popolazione detenuta, che però dura poco. Della condizione limite delle carceri in Italia si occupa anche il Vaticano. In quel giubileo del 2000 che segna l’inizio del ventunesimo secolo è Papa Giovanni Paolo II a pronunciare un appello universale nel carcere di Regina Coeli a Roma. Ventiquattro anni dopo, lo scorso aprile, è Papa Francesco nel carcere femminile della Giudecca, a Venezia, a lanciare un monito facendosi portavoce delle condizioni di vita di molti detenuti: “Nessuno tolga la dignità di una persona, nessuno!”

La detenuta e il giudice

Oggi la maggior parte di detenuti che si trovano in un carcere italiano ha commesso reati contro il patrimonio, contro la persona o ha infranto le leggi antidroga. Come Donatella Hodo, tossicodipendente di 27 anni che si uccide nella notte tra il 1 e il 2 agosto 2022 inalando gas dal fornelletto della sua cella nel carcere di Montorio, a Verona. Vincenzo Semeraro, che è giudice di Sorveglianza e la seguiva da sei anni, le scrive una lettera che verrà letta al suo funerale: “Se in carcere muore una ragazza di 27 anni così come è morta Donatella – scrive -  significa che tutto il sistema ha fallito. E io ho fallito, sicuramente”.

Cronaca: i più letti