Il bambino nato a Londra da genitori italiani è affetto da una rara malattia genetica. Dopo una vana ricerca per un donatore di midollo compatibile, è stato trasferito al Bambino Gesù di Roma dove, utilizzando una tecnica innovativa, è stato salvato
Alessandro Maria Montresor - il piccolo Alex - ha solo 21 mesi ma il suo nome è già conosciuto in tutta Italia e la sua storia è entrata nel cuore di tanti. Il bimbo, affetto da una rara malattia genetica, è stato protagonista negli ultimi tre mesi di una gara di solidarietà per la ricerca di un midollo compatibile che però non ha dato esiti. Nell’estremo tentativo di salvarlo, Alex è stato operato all'ospedale Bambino Gesù con una tecnica innovativa che prevede un trapianto speciale. Qui è arrivato il lieto fine: il trapianto si è concluso positivamente e il bambino è ora in buone condizioni.
La malattia e la ricerca di un donatore
La storia di Alex inizia in Inghilterra, dove è nato e dove risiede con i suoi genitori, Cristiana e Paolo. Da lì, la coppia di italiani (papà veronese e mamma napoletana), ha raccontato la storia del bimbo su Facebook: sopravvissuto a una nascita prematura, ad Alex è stata diagnosticata la linfoistiocitosi emofagocitica (Hlh), una malattia genetica che colpisce solo lo 0,002% dei bambini e che priva chi ne soffre della perforina, la proteina che consente al sistema immunitario di identificare e combattere batteri e virus. Al Great Ormond Street Hospital di Londra, dove era in cura, il bimbo è stato sottoposto a un trattamento con un farmaco sperimentale che però ha una efficacia limitata nel tempo. Dal momento della diagnosi, secondo i medici, al bimbo restavano poche settimane di vita, a meno di non trovare un donatore di midollo compatibile. Fratelli o sorelle sarebbero stati donatori ideali, ma Alex è figlio unico, e i genitori sono compatibili solo al 50% con i figli. Dopo una ricerca nei registri mondiali (per un totale di 30 milioni di iscritti circa, tra adulti e cordoni ombelicali), la triste notizia: nessuna compatibilità al 100%. A quel punto è partita la corsa contro il tempo per trovare un donatore, con un appello che ha ricevuto migliaia di adesioni tra l’Inghilterra e l’Italia.
La catena di solidarietà
Da Milano a Napoli, da Bologna a Trento sono moltissime le città che si sono mobilitate nell'ottobre 2018 per organizzare prelievi di sangue per testare la compatibilità alla donazione. Migliaia di giovani tra i 18 e i36 anni si sono messi in fila perché colpiti dalla storia del bambino e desiderosi di dare una mano. Uno “tsunami”, come li ha definiti il papà del piccolo che ha poi sottolineato: “È importante che chi può continui a iscriversi ai registri dei donatori di midollo, non lo dico per mio figlio ma per tutti i pazienti che sono in attesa. Chi diventa donatore lo fa per tutti i malati". Purtroppo, la ricerca per Alex non ha dato alcun risultato e nessun donatore completamente compatibile è stato individuato. Ad eccezione di una persona, non italiana, che avrebbe però procrastinato la disponibilità al trapianto al mese di gennaio. Troppo tardi per Alex.
Il trasferimento al Bambin Gesù
Per tentare di salvarlo, dunque, il bimbo è stato trasferito lo scorso 29 novembre all’ospedale Bambino Gesù di Roma, dove l'equipe di Franco Locatelli, responsabile del reparto di Oncoematologia e Medicina Trasfusionale, ha voluto tentare il tutto per tutto. Le speranze per il piccolo sono state riposte nella innovativa tecnica di trapianto cui è stato sottoposto il 20 dicembre 2018. La tecnica messa a punto ed applicata al Bambino Gesù per la prima volta al mondo quattro anni fa, prevede la manipolazione delle cellule staminali dal genitore più compatibile per evitare il rischio di rigetto. Prima di procedere all’intervento, i medici hanno effettuato una serie di esami ematochimici e strumentali sul bambino e esami di screening sui genitori, al fine di valutare chi di loro fosse il più adatto per la donazione. Dai test è risultato che avrebbe dovuto essere il padre, Paolo Montresor, a sottoporsi alla procedura.
I rischi
Per Alex questo intervento era l'unica speranza, in mancanza di un donatore ottimale, per sconfiggere la malattia. Ma, come in tutti i casi di trapianto, ha spiegato l'Ospedale, anche il trattamento della HLH presenta dei rischi: di tipo infettivo (nella fase preparatoria le difese immunitarie del paziente vengono sostanzialmente azzerate per poi recuperare lentamente dopo l'attecchimento del trapianto), tossico (legato alla terapia di preparazione al trapianto) e immunologico. In particolare, la possibilità di un rigetto preoccupa i medici.
Operazione riuscita
Fortunatamente, il 24 gennaio 2019 i medici del Bambino Gesù hanno annunciato che il tapianto è andato bene, che le condizioni di Alex sono buone e che presto sarà dimesso. Le cellule del padre, manipolate e infuse nel piccolo, ha spiegato l'ospedale, "hanno perfettamente attecchito”. Il percorso trapiantologico "può dirsi concluso positivamente". Infatti le cellule, dopo più di 30 giorni dal trapianto, “stanno ripopolando adeguatamente il sistema emopoietico e immunitario del paziente". Nell'arco delle quattro settimane "non si sono registrate complicanze, né sul piano infettivo, né - precisano i medici - sul piano del rigetto, il problema principale per situazioni di questo tipo". Anche la somministrazione del farmaco salva-vita (emapalumab), che teneva sotto controllo la malattia regolando le reazioni del sistema immunitario, è stata sospesa la scorsa settimana.
La tecnica utilizzata per la prima volta nel 2014
Prima di Alex altri sei bambini sono stati sottoposti alla tecnica di trapianto innovativa utilizzata per la prima volta al mondo nel 2014 all'Ospedale Bambino Gesù di Roma. I bimbi avevano tutti la stessa malattia di Alex ma oggi stanno bene. I risultati del Bambino Gesù dimostrano quindi come la probabilità di cura definitiva per questi bambini sia del 90% e cioè sovrapponibile a quella ottenuta utilizzando come donatore un fratello perfettamente compatibile. Con la tecnica di manipolazione cellulare delle cellule staminali che impiega uno dei genitori come donatore, al Bambino Gesù sono stati già trapiantati in totale 150 bimbi: 50 erano pazienti con immunodeficienza primitiva, 6 dei quali, come detto,con la stessa malattia di Alessandro. La percentuale di guarigione definitiva nei bambini con immunodeficienza primitiva è dell'85%.