La lezione di Sgarbi, l'energia e il coraggio di tenere tutto insieme

Gli Slegati: si intitola così il podcast che qualche anno fa ho sentito l’urgenza di registrare, grazie alle venti persone che hanno messo a disposizione la loro storia. Persone slegate, appunto. Che cioè hanno voglia e bisogno di una relazione tanto quanto ne hanno paura, sono in un modo o nell’altro ostacolate dalla possibilità di mettere su famiglia, seguire un percorso tradizionale. E però non possono dirsi single. Si sono insomma inventati una maniera originale come le loro caratteristiche, anziché usare il foglietto di indicazioni per diventare adulti che tutti conosciamo, per amare e sentirsi amati. Sforzandosi di non fare, nel frattempo, troppo male a nessuno. Ci sono un uomo e una donna che per non ritrovarsi a vivere da separati in casa, nella loro casa hanno alzato un muro, al di là del quale ognuno può avere le sue avventure, c’è un bigamo, che, per dirla con Withman, contiene moltitudini, c’è una cinquantenne che da un po’ preferisce intrattenere rapporti lunghi e duraturi, ma solo con uomini sposati, una ragazza che vive viaggiando e ha in ogni paese un ragazzo o una ragazza che la aspetta, un prete che ha adottato e cresce il figlio di una prostituta che una notte di sedici anni fa gli ha chiesto aiuto. Da slegata doc, mentre registravo le mie chiacchierate con loro, non riuscivo a giudicarli: ero troppo interessata a capire. E così, oggi, mi ritrovo a seguire la triste vicenda che sta accompagnando la tristissima malattia di Vittorio Sgarbi. Non riesco a giudicare, sono troppo interessata a capire, mentre vorrei abbracciare tutti. Sabina Colle, che anni fa in un’intervista toccante aveva parlato della loro unione, da cui quasi subito il sesso era sparito, lasciando liberi entrambi di avere altre storie, passeggere o più importanti, e che però si fondava su un bene primario, per dirla con Jung, l’amore di due anime che avrebbero potuto incontrarsi da bambine, tanto erano compenetrate l’una nell’altra. Vorrei abbracciare Elisabetta, la sorella, che conosco da quando ero una ragazzina e ho sempre considerato un modello per chi si ostina a sentire solo con il suo cuore e pensare con la sua testa. E vorrei abbracciare lui, soprattutto lui, il Re degli Slegati. Che ci ha illuminati, scandalizzati, irritati, divertiti, accusati, difesi. E mentre condivideva pubblicamente le sue visioni, profetiche o provocatorie che fossero, si inventava anche la sua vita privata. Avendo una figlia, un’altra. Fuori appunto da percorsi prestabiliti che a uno come lui avrebbero reso l’esistenza un inferno, ma che oggi tornerebbero utili per placarlo, l’inferno acceso dalle dichiarazioni della figlia più grande, Evelina: per mio padre ci vuole un amministratore di sostegno, non ha pagato le mie rette universitarie, ora è incapace di intendere e di volere. Ribadisco: non mi interessa entrare nel merito della questione. Mi interessa invece condividere con voi un pensiero, anzi, un’emozione: chi pensa che vivere da slegati sia semplicemente un atto di irresponsabilità, si sbaglia. Ferito dalla più invisibile delle malattie, oggi Vittorio Sgarbi ce lo dimostra: ci è voluta un’energia incredibile, una costante attenzione, per lui, evidentemente, per tenere tutto insieme. I figli, l’amore, le volontà dell’anima, i capricci del corpo. E adesso che quell’energia e quell’attenzione vengono meno, guardate che casino. Che inferno. Un’energia incredibile, una costante attenzione ci vogliono sempre, per contenere moltitudini e uscire dagli schemi, provando a non ferire e a non ferirci. Non avere sempre a portata di mano quel foglietto d’indicazioni non è quasi mai il segno di una mancata maturazione emotiva. Semmai è il segno di una complessa, maturazione emotiva. Cambia tutto, se la pensiamo, anzi la sentiamo, così.

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La lezione di Sgarbi, l'energia e il coraggio di tenere tutto insieme

Chiara Gamberale