Quando ci imbattiamo nelle finte purificazioni

Che vi devo dire: quando capita che al cinema squilli un cellulare, perché malauguratamente il suo proprietario si è dimenticato di silenziare la suoneria, sono più irritata dal coro di dissenso che si alza nella sala, piuttosto che da quel trillo. Perché di solito il trillo rimane uno solo, drin!, questione di mezzo secondo, e il proprietario, imbarazzato, corre subito ai ripari, mentre il coro di dissenso, shhhh roba da matti che maleducazione, dura almeno mezzo minuto, disturba obiettivamente di più chi se ne sta in pace a guardarsi il suo film. E perché uno strutturale, istintivo garantismo mi impedisce quasi sempre di indignarmi per un errore, anziché cercare di interpretarlo, di capire. Le finte purificazioni, le chiamava Simone Weil: quei moti di indignazione che, mentre apparentemente sono ispirati da qualcuno che ha sbagliato, in realtà hanno come fonte il fare sentire chi li esterna nel giusto, al riparo. Ecco allora che non me la sento di unirmi a chi, negli ultimi giorni, si è scandalizzato per l’infelice scambio di battute durante una puntata di Uno Mattina, nel dibattito, chiamiamolo così, acceso dall’elettrizzante notizia di un parrucchiere che, in un annuncio, ha specificato di cercare esclusivamente hair stylist omosessuali. “Ma il gay come si riconosce?”, ha domandato la conduttrice Ingrid Muccitelli, e tale Concita Borrelli, giornalista, prima ha risposto “detto così mi fa i brividi”, poi ha dichiarato di avere un radar, lei, per riconoscerli, e che comunque, in estrema sintesi, si capisce: eddai. Al “dibattito” partecipava anche Alessandro Cecchi Paone, che da tempo non fa segreto del suo orientamento sentimentalsessuale, è unito civilmente con un uomo da due anni, e si è comportato come ci saremmo comportati tutti, se fossimo stati al suo posto: sorrideva, fra lo scorato e il divertito per la piega grottesca presa dalla conversazione. Piega che, secondo me, e forse anche secondo lui, era sfuggita alle intenzioni delle protagoniste- tanto che, dopo l’intervento della Rai e il polverone che si è alzato, la Muccitelli ha aperto la puntata successiva scusandosi. Un conto è se lo scambio fosse avvenuto a una cena fra amici e un conto è se avviene in televisione, davanti a milioni di persone, penserete voi: certo, infatti Aldo Grasso ha ragione a prendere lo spunto per affermare che “la Rai è una tv commerciale che da tempo ha smarrito la sua missione con impudicizia.” Ma ne abbiamo ogni minuto di ogni giorno la dimostrazione: per dirne una, nell’ultima puntata di Ballando con le stelle la D’Urso ha mandato letteralmente affanculo, se pur sussurrandolo, la Lucarelli. Dunque, tornando al radar della Borrelli: ha senso, in un Paese così vergognosamente arretrato dal punto di vista dei diritti civili, perdere tempo anche solo a sottolineare uno scivolone del genere? Magari, chi è gay potesse avere il lusso di essersi potuto sentire offeso, guardando Uno Mattina! Significherebbe che le sue lotte per un sostanziale riconoscimento dell’assoluta uguaglianza fra orientamenti sessuali sarebbero vinte. Non è certo la gaffe di una conduttrice, il radar di un’opinionista, il problema, non è certo quella gaffe a desensibilizzare sulla questione chi è sensibile, non è quel radar ad autorizzare chi è insensibile a rimanerlo. Ecco perché possiamo al massimo ritrovarci scorati con Cecchi Paone, divertiti dal grottesco. Ma niente di più: le vere purificazioni sono altre. Sarebbero delle nuove leggi, tanto per cominciare.

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Quando ci imbattiamo nelle finte purificazioni

Chiara Gamberale