L'intricato caso del prof in carcere in Albania dopo un incidente

L’ Ekzekutimit te Vendimeve Penale di Fier è una struttura moderna. “A vederlo da fuori non sembra quasi un carcere”, racconta Emanuele D’Angelo, che in Albania ci è andato a fine agosto per incontrare, nell’unico colloquio settimanale concesso ai familiari dei detenuti, il suo fratello minore Michele, 45 anni, professore di Biologia dell’Università dell’Aquila, finito al centro suo malgrado di una delicata vicenda che la diplomazia italiana sta cercando di risolvere. I fatti come raccontati dalla coppia Tutto inizia, l’8 agosto scorso, con un incidente stradale nel quale D’Angelo viene coinvolto assieme alla sua compagna e collega Vanessa Castelli, mentre si recano al matrimonio di una coppia di amici. Secondo il racconto dei fidanzati, la loro Lancia Ypsilon procedeva molto lentamente e si preparava a svoltare, quando dalla direzione opposta è sopraggiunta a velocità sostenuta una Mercedes che, dopo aver sbandato, si è ribaltata e ha preso fuoco. Michele e Vanessa sono rimasti a lungo sul posto, dove nel frattempo erano scattati i soccorsi, in attesa di essere sentiti dagli investigatori, fino a quando non hanno deciso di recarsi prima in commissariato, trovandolo chiuso, e quindi in albergo. Dalla polizia ci sarebbero tornati il giorno dopo, senza immaginare che lì, per Michele, sarebbe scattato il fermo delle autorità albanesi. Un quadro aggravato dalla morte di un 16enne L’accusa, all’inizio, era di violazione delle norme sulla circolazione stradale e abbandono di veicolo, essendosi allontanato dall’auto subito dopo l’accaduto. Ma il quadro si sarebbe aggravato nei giorni successivi, con la morte di un ragazzo 16enne rimasto gravemente ferito nell’incidente. Il decesso ha evidentemente irrigidito la posizione delle autorità albanesi, con la magistratura decisa a far svolgere il processo nel Paese delle Aquile. Prima, però, dovrà trascorrere il termine dei tre mesi di indagine previsto dall’ordinamento locale, il che significa che Michele D’Angelo dovrà trascorrere ancora più di trenta giorni almeno nel carcere di Fier, una prospettiva che allarma i familiari, già preoccupati per la sua tenuta psicofisica. Il racconto della compagna Vanessa Castelli Vanessa Castelli, da quell’8 agosto, non ha mancato un solo colloquio, volando in Albania ogni settimana grazie anche all’aiuto dei colleghi dell’Università dell’Aquila, che hanno organizzato una raccolta fondi per sostenere le spese di viaggio. In un messaggio Whatsapp da Fier, ci racconta l’ultimo incontro: “Tra lacrime e sorrisi cerchiamo di farci forza. Michele è una persona estremamente sensibile ed empatica, diciamo che la vita non gli ha riservato solo cose belle ma nonostante tutto continua a focalizzarsi sulle gioie della vita, sull'amore e sul supporto delle persone che conosce”. Vanessa racconta che Michele trascorre buona parte del suo tempo leggendo libri, e che nei loro incontri chiede conto di quel che succede in facoltà: “Vuole essere costantemente aggiornato sul lavoro che gli manca profondamente, gli esperimenti di laboratorio, i suoi studenti, gli amici. La fortuna è che siamo anche colleghi, anche se in settori diversi, e questo mi permette di aiutarlo, ci sto provando in tutti i modi anche se è difficile”. Infine, un riferimento alla vicenda giudiziaria e alle accuse contestate: “Michele è in custodia cautelare per violazione del codice della strada, vorremo fosse chiarito, e non per omissione di soccorso in quanto ci siamo riversati immediatamente in strada a chiedere aiuto richiamando attenzione. Mentre per l'abbandono del veicolo è prevista una multa”. L'ansia dei colleghi e della comunità di San Severo Vanessa Castelli è in costante contatto con le autorità diplomatiche italiane, che sin dal primo momento hanno seguito il caso. Una vicenda che tiene in ansia non solo colleghi e studenti del professore, ma anche i suoi familiari e tutta la comunità di San Severo, il grosso centro del foggiano nel quale Michele D’Angelo è nato e cresciuto. Lydia Colangelo, sindaca della città, ha chiesto aiuto, con una lettera, al presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “Non chiediamo un trattamento di favore per il nostro concittadino, ma riteniamo sproporzionata la detenzione di Michele rispetto all’accaduto”.

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Piero Ancona