Ai prof non piace ancora l’IA (e non capiscono quando viene usata)

Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione e del Merito, ha le idee chiare: l’intelligenza artificiale deve entrare nelle aule italiane. Lo ha prima annunciato in interviste, poi ha avviato progetti sperimentali in 15 classi di 4 regioni pilota , ne ha parlato nella bozza delle “Nuove indicazioni nazionali” per medie e superiori, ha firmato ad agosto un decreto per definire modalità e tempi di integrazione e, a settembre, negli stessi giorni in cui entrava in vigore il divieto di smartphone per ogni ordine e grado, ha diffuso le “Linee guida sull’Intelligenza artificiale”. Insomma, l’IA a scuola è obbligatoria. Per almeno due motivi: la consapevolezza che gli studenti ne farebbero ugualmente uso e la speranza che aiuti a sviluppare una didattica più efficace e al passo coi tempi. Eppure, molti docenti non condividono né la prima né la seconda. Perché, se è vero che 8 alunni su 10 ne fanno già regolarmente uso, d’altro canto oltre un terzo dei docenti italiani crede che i propri studenti non ricorrano mai all’IA generativa. Il paradosso è misurato dal “primo studio nazionale sull’impatto della GenAI a scuola”, come lo definiscono i ricercatori del think tank Tortuga e della start-up di formazione scolastica Yellow Tech, che hanno interrogato 3.800 docenti delle superiori e personale ATA, proveniente da 274 scuola distribuite in 18 regioni d’Italia. “Si parla di asimmetria informativa – spiega Antonio Pisante, fondatore di Yellow Tech – Basta pensare a come si approcciano all’IA docenti e studenti: i primi non l’hanno mai usata e spesso hanno dovuto imparare per lavoro. I secondi ci ‘giocano’ da anni. Non per questo, però, hanno ancora una formazione adeguata”. Quanto si usa l'IA a scuola: dato vs percezione Una premessa: quando si parla di IA, si parla di GenIA. Ovvero chatbot e altri software in grado di produrre testi, immagini e video sotto comando . Nello scorso anno, circa 6 docenti su 10 ne hanno fatto uso ogni settimana per il proprio lavoro. Il numero sale a 8 su 10 tra gli studenti. A scuola, però, l’uso dell’IA non è sempre segnalato esplicitamente. Perciò, le impressioni possono essere anche molto lontane dalla realtà. I docenti, ad esempio, sovrastimano l’impiego di chatbot da parte dei colleghi: si aspettano un utilizzo da parte dell’80% almeno del corpo insegnante, contro il 68% reale. Ma, soprattutto, sottovalutano sistematicamente l’uso da parte degli alunni. Il 35,6% dei professori ritiene che i propri studenti non la adoperino mai, quando in realtà solo il 17,1% non ha usato questi strumenti su base settimanale. “Manca anche un’altra consapevolezza: quella delle potenzialità del mezzo IA e di cosa possa fare oltre ad aiutare a ‘barare’ con i compiti a casa – aggiunge Pisante – Si genera, in questo modo, anche un gap informativo rovesciato tra il docente e lo studente, che conosce molte più cose ma che le ha imparate da autodidatta”. Com'è usata l'IA in classe Nessuno – o quasi – insegna ancora l’IA nelle scuole italiane. Perciò, tutti gli usi che ne fanno gli studenti sono almeno in parte sperimentali. Il primo impiego resta la revisione degli errori: il 56% degli studenti ricorre all’IA per verificare la correttezza delle proprie risposte. Seguono attività più vicine alla scrittura e alla ricerca, come l’ideazione di testi argomentativi , la risoluzione di esercizi di matematica , la correzione di errori grammaticali e – per studenti che ne hanno bisogno – la creazione di mappe concettuali . I docenti, invece, quelli che la impiegano nella didattica, ricorrono all’IA con “un approccio cauto”. Solo l’11% dichiara di farne un uso estensivo. Per questo, Tortuga e Yellow Tech hanno indagato i campi in cui gli insegnanti impiegano questi strumenti a scuola, chiedendo quali delle applicazioni presentate nei corsi di formazione sono risultate più interessanti. La prima è la creazione di domande ed esercizi. Molti, poi, si dicono incuriositi dall’aiuto dell’IA nella generazione di presentazioni. Una parte minoritaria ritiene che questi software siano utili collaboratori nella formulazione dei piani di studio. “Un uso limitato nasce anche dall’ignoranza con cui ci si approccia a questi mezzi – sostiene Pisante – e l’ignoranza genera sfiducia in chi usa l’IA”. è anche una questione di fiducia Secondo il report di Yellow Tech, poco più della metà dei docenti crede che, con l’avvento dell’IA, sia cresciuta la sfiducia tra insegnanti e alunni. E la percentuale cresce tra gli studenti: 72%. “Molti professori – commenta Pisante – pensano che lo studente usi l’IA solo per fare copia-incolla. E magari, in parte, ha anche ragione”. Ma la mancanza di fiducia nel comportamento degli alunni ha un impatto anche sul rendimento scolastico: è l’effetto Pigmalione, che mette nelle condizioni di imparare meglio da insegnanti che hanno alte aspettative sugli studenti e che hanno fiducia nelle loro ambizioni. “Per fare in modo che i docenti tornino ad avere fiducia negli studenti che usano l’IA generativa – conclude Pisante – serve molta formazione ancora: questi strumenti sono alleati che aiutano a imparare in fretta, ma serve adattare la didattica alle nuove esigenze”.

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Andrea Ceredani