Il giovane avrebbe preso le foto dai loro profili social e le avrebbe pubblicate, senza il loro consenso, su un sito porno. Perquisito nei giorni scorsi dai carabinieri di San Donato, è indagato per accesso abusivo a sistema informatico, diffamazione e violazione della privacy
Ha "rubato" le foto di amiche e conoscenti dai loro profili social e le ha caricate, senza il loro consenso, su un sito porno, con tanto di nomi e cognomi. Foto di 25 ragazze, sue coetanee ma anche più giovani, immortalate al mare o in momenti di vita quotidiana. Per questo un 23enne, che vive nel Milanese, è stato perquisito nei giorni scorsi dai carabinieri di San Donato ed è indagato dalla Procura per accesso abusivo a sistema informatico, diffamazione e violazione della privacy. Tra le immagini sottratte, come ha anticipato La Stampa, anche una di quando una vittima aveva 17 anni.
Le indagini
La vicenda nasce dalle querele presentate da un gruppo di giovani donne, in gran parte coetanee dell'indagato e residenti nei comuni dell'hinterland milanese, che hanno scoperto proprie fotografie personali su un sito pornografico. Le immagini, le stesse che si trovavano sui loro profili Instagram, per la maggior parte impostati in modalità privata, sarebbero state sottratte senza il loro consenso e "collocate - si legge negli atti - in un contesto estraneo e degradante, in alcuni casi addirittura abbinate a video sessualmente espliciti, così determinando una grave lesione della riservatezza e della dignità" delle vittime. Le stesse, con una serie di verifiche - la comparazione dei profili social e l'analisi dei follower comuni - sono risalite all'autore del furto delle loro foto. Gli accertamenti preliminari hanno confermato i loro sospetti. Le foto, alcune delle quali scattate quando le ragazze erano minorenni, risalgono al 2024. Ora il 23enne è stato perquisito e gli sono stati sequestrati, oltre a materiale cartaceo, i computer e il telefono, per raccogliere elementi utili alla ricostruzione della Procura. Il reato di diffamazione che gli è stato contestato è aggravato dall'uso del mezzo informatico.