Rione Monti, l’impero romano degli ATM

Roma, fermata Cavour, a pochi gradini dall’uscita della metro B un turista guarda in alto e, in un italiano incerto, legge ad alta voce “Suburra”: una targa in pietra a ricordare l’identità passata e irriconoscibile del quartiere storico della capitale, nell’antica Roma anche il più pericoloso. Tra bordelli e botteghe, si aggirava gente di malaffare. Diventato in età moderna un quartiere popolare, sede di antiquari, artigiani e mercati, Monti si trova, come la maggior parte dei quartieri storici di Roma, nel pieno di una nuova trasformazione. Basta passeggiare su via Leonina, verso via dei Serpenti, per incontrare il brusio multilinguistico che oggi trova il suo centro in piazza della Madonna ai Monti. Sui gradini della fontana di fine ‘500, dove un tempo si riunivano gli abitanti, centinaia di turisti si godono un gelato o una birra fresca, accompagnati dal rumore confuso e ininterrotto di motori dei taxi, rotelle sui sanpietrini e un “Look at this street, so cute”. “Questa piazza è diventata una Colazione sull’erba di Manet: non senti assolutamente parlare italiano e si consuma solo cibo da asporto, come panini e prodotti surgelati. Ci sono sempre meno attività funzionali per i residenti” afferma Irene Ranaldi, sociologa urbana e fondatrice dell'associazione di promozione sociale Ottavo Colle. È semplice individuare i segni della turistificazione: minimarket, negozi di souvenir uguali a qualsiasi altro luogo della città, depositi bagagli e decine di ATM che popolano ogni angolo delle strette vie incorniciate da piante di edera. “Non ci sono più servizi, negozi di prossimità, relazioni per gli abitanti: tutto è in funzione del turista. Quando al posto di una panetteria, di un negozio di artigianato apre un deposito bagagli, pensiamo a quante cose si sono perse in questa trasformazione che sta interessando tutti i quartieri storici che stanno diventando molto simili tra di loro. Diventa difficile trovare un turista davvero interessato alla storia, all’archeologia, alla storia sociale. Questi luoghi vengono venduti e brandizzati solo come quartieri dove mangiare e dove bere” sostiene Ranaldi. Il vicolo dei B&B “Abito in via Panisperna, davanti casa mia c’è un palazzo: sono andati via tutti. Ricordo l’ultima abitante, un'anziana signora che ancora calava un secchiello per portare giù l’immondizia e farsi passare la spesa. Spesso se ne stava lì affacciata alla finestra che si annoiava. Hanno aspettato che morisse ed è diventato tutto una casa vacanza” racconta Maria Luisa Mirabile, portavoce del Gruppo Romano Regolamentazione Affitti Brevi , che da oltre 30 anni vive nel cuore del quartiere. Tra le vie che più hanno assecondato la tendenza c’è via de' Ciancaleoni. Nella stradina stretta e abbellita di vasi e piante sembra non sia rimasto neanche un residente. Ogni portone presenta una o più targhe di case vacanze, ci sono keybox e codici per permettere ai turisti di accedere ai bed and breakast. “Anche quelli che una volta erano cantine interrate sono stati fatti spazi adibiti al turismo” afferma Mirabile sottolineando i disagi per chi ancora vive il quartiere. “Gli appartamenti e i locali predisposti per gli affitti brevi creano disagi per i condomini. Dà un senso di insicurezza non sapere ogni volta chi entra nel palazzo. Abitanti e turisti hanno anche esigenze e orari diversi, lo comprendo, ma non è piacevole sentire il rumore dei trolley alle 4 di notte, bambini che, non per colpa loro ovviamente, ma piangono a qualsiasi ora. C’è anche la questione del carico urbanistico: in alcuni condomini ad una certa ora del giorno non c’è più l'acqua per una doccia”. Ma i disagi non si fermano qui. “I minimarket pieni di confezioni di plastica e prodotti monodose, hanno preso il posto dei mercati. Non si riesce più a mangiare qualcosa di buono, i locali offrono soprattutto prodotti surgelati. Facevo sempre la spesa al mercato, quando ho iniziato a notare che per un po’ di frutta e verdura, di qualità non troppo buona, spendevo più di 50 euro contro i 25 di una nota catena di supermercati, ho smesso. Non esiste più una vera edicola. Era il rione dei falegnami, non ne esiste più neanche uno. Era il rione dei ferramenta, ne restano un paio. Era il rione degli artigiani ma non ce ne sono quasi più. Non è rimasto più niente”. "Non voglio vivere il quartiere da sola" La trasformazione di molte case in bed and breakfast e case vacanze ha avuto un impatto anche sul non-abitare. “I giovani non ci sono più” sostiene Mirabile. Una tendenza dimostrata anche dagli ultimi dati sulla popolazione di Roma pubblicati nel 2021, secondo cui il Municipio I, dove ha sede Rione Monti, risulta il più anziano di Roma. L’età media è pari a 48,8 anni, la più elevata tra tutti i municipi della Capitale. L’indice di vecchiaia raggiunge il valore record di 263,6, segnalando che per ogni 100 residenti con meno di 14 anni ci sono oltre 260 persone con almeno 65 anni. Anche il rapporto tra anziani e bambini conferma questo quadro: nel Municipio I si contano più di 7 anziani per ogni bambino sotto i 6 anni, rispetto a una media cittadina di circa 5,5. “La città non può continuare a espellere i suoi residenti. Siamo rimasti in pochi e non ci sono punti di aggregazione, questa situazione ha impoverito tutto il tessuto sociale. Ormai sono 700 mila le persone che si sono trasferite oltre il Raccordo anulare. Alcune scuole primarie non riescono ad aprire più nei rioni storici perché non ci sono più bambini. Mi si dirà che è un andamento demografico generale. Va bene, però invertiamolo, creiamo delle opportunità per cui anche i giovani, gli studenti possano tornare a vivere a prezzi accessibili nei Rioni, che sono belli, ma non li voglio vivere da sola”. "La mia bottega non sarà un minimarket", le voci dei commercianti Masud ha inaugurato da pochi anni una libreria in via Panisperna, la stessa dove abita Maria Luisa, quella in cui molti si fermano a fotografare la grande edera che scende come una cascata a incorniciare la cupola della Basilica di Santa Maria Maggiore all’orizzonte. “L’ho aperta insieme ad altri soci perché… Siamo dei pazzi” dice ridendo. “Dopo tanti anni nell’editoria, sono voluto tornare a questo lavoro perché trovo meraviglioso fermarmi a parlare con i clienti e offrire uno spazio come questo. Non siamo qui da tanto ma è vero che nella zona mancano punti di aggregazione. Va a sfavore soprattutto dei più fragili. Ho cercato di fare il mio mettendo due poltrone all’interno del negozio dove le persone, soprattutto gli anziani, possono trovare un po’ di riposo e riparo dal caldo. Dopo l’orario di chiusura organizziamo presentazioni di libri a cui partecipano amici e persone del quartiere”. Alcune attività stanno assecondando i cambiamenti del quartiere. “Questo è un negozio di arte orafa” dice un’assistente di vendita di una gioielleria in via Urbana. “Per assecondare le richieste dei turisti che vedevano il trend sui social, all’entrata abbiamo dovuto mettere un banchetto dei charm” in riferimento ai ciondoli con cui personalizzare collane e bracciali a prezzi contenuti. Per altri, adattarsi alle nuove esigenze del Rione non è stato semplice. “Ho questo negozio da più di vent’anni” dice Michele, antiquario. “Una volta era un quartiere popolare, oggi gli affitti e i prezzi delle case sono alle stelle. Monti è diventato un grande albergo. L’aumento dell’offerta di B&B ha fatto abbassare anche la qualità dei turisti. C’erano più di venti negozi di antiquariato qui, ora siamo rimasti in due. Hanno tutti chiuso perché è un business insostenibile”. Tra i negozianti c’è chi resiste per principio come Tonino, conosciuto da tutti per la sua officina di meccanico aperta dal 1952. Al momento di andare in pensione ha lasciato tutto a Stefano, di 36 anni. “Ho rilevato l’attività a marzo, Tonino avrebbe fatto qualsiasi cosa per non dare il negozio in affitto a qualche B&B”. Anche Stefano, restauratore, non avrebbe mai lasciato la sua piccola bottega di via Urbana, affollata di mobili antichi. “Qui stiamo chiudendo tutti, chiudono e ci fanno minimarket o depositi bagagli. La mia bottega non farà la stessa fine”. La risposta del Comune di Roma Davanti alla turistificazione di rioni come Monti e Testaccio, e di luoghi periferiferici come Pigneto, San Lorenzo, i quartieri Casilino e Prenestino, il Comune di Roma è intervenuto con una delibera adottata l’11 dicembre 2024. “Sulla base della delibera, a giugno è stato istituito un tavolo formato dagli assessorati all’Urbanistica, al Patrimonio e alle Politiche Abitative, e dai presidenti delle rispettive commissioni capitoline. Come Gruppo Romano per la Regolamentazione degli Affitti Brevi ci è stato promesso che saremo consultati. Alla fine verrà stipulato un regolamento e l’università La Sapienza verranno affidati gli studi di relativi alla sostenibilità ambientale” afferma la portavoce di GroRab. “Nessuno demonizza il turismo in quanto tale, non siamo così ingenui da pensare che la gente smetterà di viaggiare o che dovrebbe smettere di viaggiare. In questo però il compito della politica sarà di bilanciare interessi, desideri, aspettative di attività commerciali, turisti e residenti. Ci auguriamo che vengano istituiti indici di saturazione, in modo che da questo momento in poi, nelle zone già satura della città, non vengano rilasciate ulteriori licenze per alloggi turistici e vengano posti dei limiti”. A cambiare, secondo la sociologa urbana Irene Ranaldi, dovrebbe essere anche la filosofia del turismo. “A me sembra che ormai il turismo sia diventato una rivendicazione di un diritto, in una maniera aggressiva. Ci vuole una curiosità genuina verso i luoghi, fermarsi a parlare con le persone, conoscerne la storia. Il turismo selvaggio ci fa perde la città e alla fine non fa vivere al turista un'esperienza piacevole e fa male al residente”.

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Rione Monti, l’impero romano degli ATM

Federica De Lillis