Maria Luigia Redoli e il giallo estivo che macchiò la Versilia

“Camon girls, do you believe in love?”. Madonna cantava “Express yourself” nell’estate che andava a chiudere gli anni 80. Maria Luigia Redoli la imitava nel look e nello spirito. Bionda platino, grandi occhiali da sole, gioielli vistosi e, a 50 anni, un amante molto più giovane, di 23 anni. Un ragazzone, carabiniere a cavallo, poco più grande dei suoi figli. Quasi nessuno ricorda il suo nome: Carlo Cappelletti. Si erano conosciuti durante un carosello a Forte dei Marmi. Insieme sono stati giudicati gli esecutori materiali, con sentenza definitiva della Cassazione, di un efferato delitto: la morte di Luciano Iacopi, il 17 luglio del 1989, a Forte dei Marmi. La vittima era il marito della protagonista indiscussa di uno dei gialli più travolgenti delle estati italiane, quello della "Circe della Versilia". Sesso, sangue e magia nera. Con il giovane amante, Redoli ha condiviso la condanna all'ergastolo della Corte d'Appello di Firenze, poi confermata dalla Suprema Corte. “Il primo ad arrivare sul posto fu il maresciallo Pudda, dopo la denuncia della stessa signora Redoli,” racconta Giulio Lazzeri, che al tempo dirigeva il comando operativo dei Carabinieri di Viareggio. “Subito dopo entrai io. Ricordo che Iacopi era insanguinato a terra, nel garage. Il medico legale ci disse che era stato preso per il collo. 17 coltellate sul corpo”. 17 era anche la data sul calendario, un numero maledetto per la Circe della Versilia, che venne condannata, in secondo grado, il 17 febbraio 1991. Ma con l’investigatore torniamo a parlare dei colpi: “Alcuni più pesanti, altri più leggeri. Sono state usate due lame, forse di due coltelli da cucina, manovrati da due persone diverse... quindi Redoli e Cappelletti?”. “Sì, non ho mai avuto dubbi che fossero loro gli assassini”. L’ex comandante sa che le armi non furono mai trovate e che i due amanti sono stati assolti in primo grado. Luciano Iacopi inoltre non era molto benvoluto. Faceva l’usuraio. “Una delle persone taglieggiate ci raccontò perfino che, se avesse avuto il coraggio, lo avrebbe ucciso con le sue stesse mani.” Eppure, l’ex militare crede nella condanna e nel movente riconosciuto dai giudici: il progetto di una “bella vita “per la Circe e il suo amante, con i soldi del marito, stando alle voci del tempo, circa 7 miliardi di lire. Il verdetto si è basato anche sulle intercettazioni con i maghi contattati da Redoli per una “fattura a morte” e sul fatto che le chiavi del garage , chiuso dall’interno, fossero solo nella disponibilità dei due coniugi. Maria Luigia Redoli viene ancora oggi descritta come fredda, distante, mai addolorata. “Non ha mai tentennato durante gli interrogatori, ma non è mai stata nemmeno lineare… si era perfino inventata una gravidanza,” ribadisce Lazzeri. Non ha però nemmeno mai cercato di apparire diversa da quella che era: una donna che voleva divertirsi, che amava ballare e andare in discoteca. Anche quella sera funesta, con i figli e l’amante, era andata alla Bussola, dopo aver ucciso il marito. Criticata per aver indossato al suo funerale una gonna stretta e leopardata, forse un’assassina troppo perfetta. Per questo ha diviso l’Italia tra innocentisti e colpevolisti. “Ho sempre pensato che i processi si facciano sui dati oggettivi e, all’occorrenza, come in questo caso, su dati non oggettivi, come stati d’animo e componenti emotive,” commenta lo storico avvocato di Redoli, Graziano Maffei. La ricostruzione di quella sera è stata fallace, pensa il legale, a differenza dei giudici del secondo grado, che valutarono come compatibili i tempi dell’omicidio e l’arrivo in discoteca della donna, del suo amante e dei due ragazzi. Aldilà del cronometro: “Cappelletti aveva un braccio ingessato e, dopo le coltellate, arrivò nel locale con il gesso immacolato…”. Maria Luigia Redoli si è sempre detta innocente, come l’ex carabiniere che, sempre composto durante le fasi del processo, ha perso la testa durante l’arresto in seguito alla condanna definitiva. Si è buttato da una finestra dopo una colluttazione con gli ex colleghi. Un volo di cinque metri che non lo ha ucciso e costretto al “fine pena mai”. Della sua vecchia amante non ha più voluto parlare. Maria Luigia Redoli, la signora bionda platino che ha riempito rotocalchi e palinsesti televisivi, dopo aver scontato 24 anni di carcere, è morta nel 2019, senza mai riuscire a recuperare il rapporto con i figli, in un piccolo appartamento di Arezzo. Aveva ottant’anni. “Era una donna libera, dallo spirito polemico, ribelle e critico,” dice Maffei. Una Circe? “Sono pochi quelli disposti a dichiararsi colpevoli,” ironizza il carabiniere che per primo l’ha arrestata.

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Chiara Caleo