Omicidio di Garlasco, cosa dicono le impronte sulla scena del crimine

Repertate e analizzate già nel 2007, le impronte dattiloscopiche rilevate nella villetta di via Pascoli, a Garlasco, tornano al centro di una battaglia di perizie. Ma quante risposte è possibile aspettarsi dalle nuove analisi disposte su quelle impronte e non ancora ultimate? Probabilmente poche secondo il genetista Marzio Capra, ex vicecomandante del Ris, che diciotto fa come oggi è un consulente della famiglia Poggi. Dopo le tracce biologiche trovate sulle unghie di Chiara Poggi, al centro di una nuova battaglia di perizie ci sono ora le impronte dattiloscopiche rinvenute sulla scena del crimine. Impronte che già nel 2007 il Ris di Parma aveva rilevato, trattato e analizzato con esiti ritenuti non utili e che ora i consulenti nominati dalla Procura di Pavia, nell’indagine che vede Andrea Sempio accusato di omicidio in concorso, ritengono utili e sovrapponibili a quelle dell’amico del fratello di Chiara. Ma cosa ci dicono queste impronte? Dottor Capra, le impronte su cui si sta concentrando l'attenzione degli investigatori in queste ore erano impronte che avevate già analizzato nel 2007, che cosa era emerso allora? Sì, erano tutte impronte che erano già state analizzate, ispezionate e repertate anche perché se non fosse stato fatto 18 anni fa oggi non ci sarebbe nulla. Se oggi torniamo a parlare di quelle impronte è perché tutta quella attività fu documentata in maniera precisa e quindi oggi è possibile che nuovi esperti facciano le loro valutazioni. Quelle impronte però oggi non ci sono più. In particolare mi riferisco alla numero 33 - ora attribuita dalla Procura di Pavia ad Andrea Sempio - rilevata sul muro destro delle scale della villetta che portano in cantina e di cui restano alcune fotografie, e la numero 10 repertata sulla parte interna della porta d’ingresso di casa Poggi e che non è stato finora possibile attribuire a nessuno. L’impronta 33 diciotto anni fa fu asportata dal muro grattandola dall’intonaco con un bisturi sterile e – al momento, sebbene lo si stia cercando – sembra non ci sia più il campione, dell’impronta numero 10 invece, evidenziata ai tempi con le polveri e asportata con i paradesivi, c’è ancora qualcosa da analizzare. Che cosa era emerso ai tempi dall’analisi dell’impronta n. 33? Era emerso che era una traccia di dimensioni abbastanza significative, abbondante, ma non aveva una definizione così particolarmente chiara da poter essere considerata utile. In ogni caso questa traccia era stata approfondita in quanto sarebbe stato importante rilevare una componente ematica. La traccia fu trattata con la ninidrina, un particolare reagente, e poi analizzata con il combur test che diede esito dubbio e poi con l’Opti test – il più affidabile nell’individuare il sangue – che diede esito negativo. Un'ulteriore caratteristica negativa relativamente a questo reperto si era avuta nel momento in cui si resero evidenti le impronte delle scarpe dell'assassino, quelle della famosa suola a pallini, ma anche quelle latenti. Dall’accertamento che fu effettuato all'interno della casa emerse infatti che l'assassino con quelle suole a pallini era entrato in diversi locali della casa di via Pascoli. Si era fermato all'ingresso della porta di accesso alla cantina, era andato in bagno, nel salottino, in cucina, si era fermato nel tinello, era andato lungo il corridoio ma assolutamente non c’era alcuna evidenza del fatto che fosse sceso lungo i gradini delle scale dove fu trovato il corpo senza vita di Chiara. Dall’analisi delle tracce di sangue in sostanza era emerso che il killer aveva preso la povera vittima dopo averla colpita a morte, l'aveva trascinata in prossimità della scala per la cantina e l'aveva poi lanciata. Dunque non era sceso giù, non aveva fatto uno, due o tre gradini per vedere, non se ne era andato via perché sui gradini non c'era assolutamente traccia di quelle impronte di scarpe a pallini e quindi tutto questo aveva fatto perdere d'importanza le impronte che erano state rilevate sul muro delle scale che portano in cantina, semplicemente perché l’analisi delle tracce di sangue ci dicevano che quel luogo non era stato raggiunto dall’assassino. Questa ricostruzione tengo a precisare era stata formulata nel contradditorio delle parti e poi discussa e accettata da tutti, dunque fede perdere d’importanza il reperto. Cosa è cambiato secondo lei oggi rispetto a 18 anni fa rispetto a questa traccia che viene ora attribuita ad Andrea Sempio, accusato dalla Procura di Pavia di omicidio in concorso di Chiara Poggi? Sono cambiate le tecniche dattiloscopiche per rilevare le impronte? No, assolutamente non sono cambiate anche perché non è stato rilevato nulla di più di allora. L'impronta è quella e rimane quella. Potrebbe darsi che chi ha fatto questa valutazione rispetto ai colleghi del RIS di allora magari si sia spinto un po' più in là nell’attribuirla a Sempio sulla base delle 15 minuzie di contatto rilevate. Bisognerà vedere tante cose. Bisognerà vedere se poi questi punti caratteristici si trovano fino a corrispondenza con quelli dell'indagato, ma soprattutto bisognerà vedere che cosa ci facciamo con questa impronta, cioè che cosa ci cambia questa impronta. Anche qualora questa impronta fosse utile e anche qualora questa impronta fosse effettivamente da attribuire al nuovo indagato, nuovo ulteriore indagato perché è in concorso, che equivalenza indiziaria potrebbe avere, giacché Sempio non era uno che non era mai entrato in quella casa. Poi bisogna anche considerare che a due spanne da quella attribuita ora a Sempio c'è una impronta del fratello di Chiara, Marco Poggi, uno ha lasciato l'impronta lì e l'altro ha lasciato l'impronta a fianco. Ora Marco Poggi era sicuramente a centinaia di chilometri di distanza da Garlasco al momento dell'omicidio e sicuramente non ha depositato quella traccia in occasione del rinvenimento del corpo della povera sorella, ma in epoca precedente. Sulla non databilità delle impronte e sul fatto che le stesse possono essere riconducibili a diversi mesi prima, abbiamo evidenza perché ci sono le impronte del falegname che aveva montato la porta che conduce alla cantina e che risalivano a parecchio tempo prima. Si può fare qualcosa sulle sei impronte rilevate sul muro e mai attribuite finora, né con le vecchie analisi né con le nuove? Io personalmente non farei nulla su quelle impronte dal momento che abbiamo visto che l'assassino non è sceso per le scale fino al punto in cui è stato ritrovato il corpo di Chiara, sarebbe uno spreco di risorse a mio parere, non avrebbe alcuna utilità. Che peso potrebbe avere nella nuova indagine della Procura di Pavia la traccia numero 10, quella repertata sulla parte interna della porta di casa Poggi, insieme con altre 4 impronte ritenute utili per esclusione , e che sarà oggetto dell’incidente probatorio? Sicuramente quella traccia con le altre individuate sulla porta sono state attenzionate perché è possibile che l’assassino essendo entrato e uscito dalla porta possa aver lasciato una traccia. In particolare una scena del crimine abbastanza disorganizzata come quella trovata nella sala della villetta di via Pascoli ci dice che probabilmente l’assassino è uscito di corsa, forse in preda al panico, e dunque non sarà stato particolarmente attento. Queste impronte saranno approfondite in laboratorio nel corso degli accertamenti disposti nella forma dell’incidente probatorio dal gip di Pavia. Dobbiamo però tenere presente che non è detto che tutte queste impronte siano correlate all'omicidio. Magari su quella porta c'è un'impronta lasciata da qualche conoscente una, due settimane prima dell’omicidio di Chiara. Su queste impronte credo non si possa fare niente di più di quello che è già stato disposto con l'incidente probatorio, ossia essendo impronte che sono state rilevate con le polveri, sono state asportate su paradesivi che sono ancora disponibili e quindi potremo fare analisi genetiche alla ricerca di un dna. Ma anche su questo punto nutro dei dubbi purtroppo. Mi spiego. Se queste impronte non possono essere attribuite a un determinato soggetto per essere utili per me devono essere sporche del sangue. E il sangue di chi? Della povera Chiara evidentemente, non ci sono molti dubbi su questo. Dunque alla fine avremo un'impronta, non sappiamo di chi, porca del sangue della Chiara. Ma se quella impronta fosse sporca del sangue di Chiara sarebbe necessariamente l’impronta dell’assassino? Eh no, perché magari quella con le altre impronte non attribuite trovate sulla parte interna della porta magari è stata lasciata da qualcuno intervenuto sulla scena del crimine, di coloro che hanno movimentato il corpo di Chiara per portalo via. Non ci dimentichiamo che in casa sono state trovate impronte di diversi investigatori evidentemente entrati sulla scena del crimine senza guanti. Oppure quella traccia potrebbe essere precedente e il materiale biologico che potrebbe potenzialmente trovare potrebbe esserci finito in un secondo momento . Quella impronta è stata presa nei giorni successivi al delitto, quando erano già stati fatti diversi sopralluoghi dunque erano entrate molte persone. Dalle immagini che abbiamo di quelle impronte insomma non sembrano polpastrelli impressi nel sangue, dunque tutto sarà da valutare con molta molta cautela. Le novità emerse dalle ultime analisi sulle tracce biologiche e su quelle dattiloscopiche, in virtù di nuove e più avanzate tecniche scientifiche, sembra che in qualche modo stiano dicendo che quanto fatto in passato non può più considerarsi attendibile. Lei è d’accordo? Le tecniche erano non avanzate, erano avanzatissime, era il massimo che si poteva avere a quel tempo. Poi chiaramente sono passati 18 anni da allora, la scienza è andata avanti, però quelle di allora non erano tecniche datate. Tre quarti dei laboratori oggi in Italia non ha ancora le apparecchiature che aveva il Ris nel 2007-2008. Dopodiché certo sono passati 18 anni, ci sono diverse generazioni di strumenti che si sono susseguiti e quindi hanno migliorato le performance globali. Io mi trovo in difficoltà a pensare che se giudichiamo oggi dei risultati di allora che non erano validi, oggi invece vogliamo ritenerli validi. Non può funzionare così. La tecnica va avanti, ma avanzando la tecnica, migliorando gli strumenti, migliorando i reagenti, si alza l'asticella di quello che è il limite di tollerabilità degli errori. Ma l’avanzare della tecnica non fa sovvertire completamente un risultato. Anche perché così si rimetterebbe in discussione un po’ tutto. Anzi sarebbe quasi doveroso rimettere in discussione tutto. Voglio dire se la tecnica è migliorata, è migliorata per tutto quindi bisognerebbe riaprire tutti i casi, a maggior ragione quelli in cui un imputato non ha avuto modo di partecipare attivamente con i propri consulenti alle analisi disposte. Se un condannato come Alberto Stasi che ha partecipato con i propri consulenti alla fase delle indagini preliminari, alle consulenze tecniche, alle perizie disposte dalla Corte d’Appello dice, non sul momento ma a distanza di 18 anni, che allora si sbagliò tutto io mi chiedo allora cosa potrebbe dire un qualsiasi altro condannato che non ha avuto la possibilità di partecipare alle analisi che hanno poi portato alla propria condanna. Questo è un atteggiamento molto pericoloso, anche perché rischiamo così che tra altri 18 anni qualcun’altro alzi il dito e dica che le analisi fatte oggi non vanno bene perché nel frattempo la scienza, come è normale succeda, si è evoluta ulteriormente.

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