Per la criminalità minorile c'è un prima e un dopo. E c'entra ancora il Covid

È accaduto per tanti ambiti della vita sociale. La linea sale ma con una lenta progressione. Poi, all’improvviso, si impenna in corrispondenza dello scoppio della pandemia. In alcuni casi la tendenza è tornata presto alla normalità, in altri il seguito resta incerto. Tra i domini dove l’incertezza e la preoccupazione risultano maggiori ce n'è uno particolarmente delicato, quello relativo alla criminalità giovanile che per i reati violenti ha visto un’esplosione dopo il Covid. I dati da questo punto di vista sembrano non lasciare dubbi e, almeno a una prima occhiata, paiono giustificare gli allarmi lanciati dai media. Qualche esempio: dal 2020 al 2023 le percosse messe in atto da minori sono salite del 60%, le lesioni dolose, ovvero provocate deliberatamente, del 46%, le minacce del 18%. Quanto alle rapine, sono salite del 90%, cioè praticamente raddoppiate. Il tutto in un contesto che già faceva segnare una crescita, lenta ma costante, prima del 2020. Se non visualizzi il grafico clicca qui Quei crimini “minori” La linea sale e poi s’impenna, dunque. E solo o quasi per quegli specifici reati e per quella specifica classe di autori. L’andamento infatti non ha eguali in altre fasce demografiche e proprio per questo sembra rivelare qualcosa di peculiare intorno ai più giovani, secondo chi studia queste tendenze. “Il trend che vediamo nei minorenni non lo riscontriamo negli adulti e neanche nei giovani adulti. C’è dunque qualcosa che riguarda proprio quella fascia di età”, spiega Marco Dugato, docente all’Università Cattolica di Milano e ricercatore presso il centro Transcrime. Secondo Dugato, nei minorenni l’interruzione della normalità causata dalla pandemia pare avere agito come un detonatore che ha fatto esplodere una serie di sintomi che già esistevano anche se meno evidenti. Tra questi i comportamenti violenti. “Il Covid è stato un acceleratore che ha provocato un’impennata a una tendenza cominciata prima. I reati di natura violenta possono essere visti come una delle manifestazioni del disagio più ampio dei giovani, come i fenomeni autolesionistici o il ritiro sociale. Per alcuni ragazzini, che ricordiamo restano comunque una minoranza, comportamenti simili divengono una modalità di esternazione dei problemi”. Il fenomeno appare ancora più evidente - e forse preoccupante - se dai giovani si restringe lo sguardo ai giovanissimi. I numeri assoluti sono più bassi ma tra coloro che hanno al massimo 13 anni il salto tra il prima e il dopo la pandemia per quanto riguarda i comportamenti violenti che sfociano in reato risulta ancora più impressionante. Se non visualizzi il grafico clicca qui Il disagio Insomma, c’è una linea di demarcazione. Ma tra chi si occupa della questione c’è anche chi invita alla cautela nell’interpretazione. “Le statistiche Istat sono molto interessanti e fanno riflettere ma, allo stesso tempo, sono un punto di partenza, non un punto di arrivo per trarre conclusioni. Non possiamo escludere per esempio che questi andamenti dipendano anche da oscillazioni casuali che non hanno direttamente a che fare con la pandemia”, racconta Gabriele Prati, professore di psicologia sociale presso l’Università di Bologna e coinvolto nel progetto europeo Deviant behaviors and violence in young people after COVID-19. Qualunque sia il giudizio sui dati di denunce e arresti e sull’influsso del Covid su questi, per gli studiosi resta l’esigenza di individuare e intervenire sulle cause dei disagi che stanno a monte. “Assumendo che i valori riflettano veri e propri cambiamenti in atto, è importante affrontare aspetti quali le sfide educative, le disuguaglianze economiche e sociali, l’inclusione e l’empowerment dei minori. Inoltre, è cruciale che chi entra in contatto con il mondo della giustizia possa beneficiare di un percorso educativo efficace e di un reinserimento sociale”, continua Prati. Il che vale anche e soprattutto in un Paese dove i giovani sono sempre meno e sempre più lo saranno nell’attuale contesto di crisi demografica che caratterizza lo Stivale. “I fenomeni di cui stiamo parlando non interessano solo i nostri giovani, anzi qui in percentuale sembrano più ridotti. Nello specifico tricolore c’è però un Paese che ha poche politiche giovanili, dove i minorenni sono una delle principali minoranze e anche poco tutelata. Anche a livello politico c’è poco interesse, e non parlo di questo governo ma di un atteggiamento generale della politica italiana“, aggiunge Dugato Il futuro Resta infine da capire se il salto documentato dai dati rappresenterà una nuova normalità oppure se si tornerà ai livelli pre pandemici, come la leggera flessione nel 2023 potrebbe far pensare. Per ora, non siamo in grado di saperlo e dobbiamo solo attendere, spiegano i ricercatori. “Se consideriamo l’anomalia del 2020 e 2021, dovuta alle restrizioni della pandemia, il picco lo abbiamo osservato nel 2022 e nel 2023 abbiamo assistito ad un rallentamento. Dunque bisognerà aspettare i dati del 2024, quando saranno disponibili, per vedere se il rallentamento sarà confermato”, conclude Dugato.

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