Arresti nel mandamento Noce: come opera oggi Cosa nostra a Palermo

I boss tornano in libertà dopo aver scontato una condanna, tentano di riassumere il controllo, si riorganizzano coinvolgendo anche insospettabili commercianti e si scontrano con i nuovi referenti che nel frattempo si sono insediati, impegnati anche nella gestione di piccole controversie tra la gente del quartiere. È il quadro che emerge dalle indagini che hanno portato all’arresto di undici persone, appartenenti al mandamento della Noce e alle diverse famiglie che, spesso in conflitto, lo compongono. Il blitz eseguito mercoledì mattina dalla Squadra mobile di Palermo e dalla Sezione investigativa del Servizio centrale operativo su delega della procura della Repubblica di Palermo, Direzione distrettuale antimafia, ha dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di 12 indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso, traffico di stupefacenti e detenzione illegali di armi. Il gip Claudia Rosini ha disposto il carcere per Renzo Lo Nigro, 52 anni; Carlo Castagna, 46 anni; Giuseppe Romagnolo, 56 anni; Benedetto Di Cara, 35 anni; Salvatore Chiovaro, 48 anni; Fabio Billeci, 51 anni; Salvatore Palmeri, 53 anni; Cosimo Semprecondio, 56 anni; Lorenzo Di Stefano, 24 anni; Kevin Dragotto, 21 anni; Mario Di Cristina, 50 anni. Nomi e volti noti alle forze dell'ordine insieme ad altri sconosciuti come Giuseppe Romagnolo, commerciante, che avrebbe di recente assunto un ruolo di spicco nel mandamento mafioso, interessato da un riassetto organizzativo, non senza tensioni e contrasti tra due fazioni. Da un lato, l’ala tradizionale più fedele agli antichi dogmi mafiosi e dall’altro quella delle nuove leve della criminalità organizzata, al pari della prima ufficialmente riconosciuta e legittimata. Dalle intercettazioni emerge come lo spaccio di droga e il racket rimangano le attività consolidate, con numerosi casi di estorsione ai danni di cantieri edili e attività commerciali anche piccole, nell’ottica di chiedere somme – non necessariamente elevate – ad un numero più alto possibile di attività. A Palermo negli ultimi decenni è andata progressivamente aumentando la percentuale di commercianti e imprenditori che si ribellano alle estorsioni, aiutate e difese da associazioni come Addiopizzo, che dal 2004 cerca coraggiosamente di portare avanti una rivoluzione sociale e culturale contro le mafie muovendosi su due binari paralleli. In primis, offrendo assistenza gratuita alle vittime di estorsione e di usura, accompagnandole nel percorso di liberazione dai condizionamenti mafiosi ed estorsivi e fornendo gratuitamente sostegno legale, psicologico e aziendale alle vittime, supportandole fuori dalle aule del tribunale ma anche prima, durante e dopo il processo. Poi, promuovendo il consumo critico come pratica collettiva che impegna i cittadini e i consumatori a fare i propri acquisti negli esercizi commerciali che hanno detto “no” al pizzo. La società cambia, la mafia si adegua e i boss si adattano, non solo imponendo la tassa, anche se esigua, persino alle bancarelle, ma ritrovandosi a risolvere questioni come fossero amministratori di condominio. Sempre più spesso, secondo l'inchiesta della procura di Palermo, nei quartieri popolari dove forte è la presenza della mafia, si fa ricorso agli uomini di Cosa nostra per la risoluzione di quotidiani problemi sociali, dalle questioni di concorrenza nella piccola imprenditoria a quelle riguardanti dissidi tra privati; al boss la gente del quartiere si rivolge per problemi di vicinato come per le liti in famiglia o tra parenti. "Un quadro sconsolante - scrive il gip nell'ordinanza di custodia cautelare - la società è frammentata e lo è anche la mafia". Frammentata e spaccata da divisioni interne, così appare la mafia del mandamento Noce. I boss intercettati discutevano per la gestione del traffico di droga e per la riscossione dei soldi del pizzo, e la vecchia e la nuova guardia si ritrovano in contrasto su tutto. “La squadra che c’è per ora è una squadra contraria a quella nostra” dice Carlo Castagna a Renzo Lo Nigro, tornati in libertà dopo anni di carcere e ritrovando nuovi referenti guidati da Giuseppe Romagnolo che vengono definiti “cose inutili” e criticati per non voler rispettare le regole della vecchia Cosa nostra. Le microspie li hanno registrati mentre discutevano di possibili azioni violente per far valere le loro ragioni. “Preparati il legno”, diceva l’uno all’altro auspicando il ritorno di Fabio Chiovaro, il capo mandamento rinchiuso in regime di carcere duro. In una città in cui la diffusione del crack anche tra i giovanissimi in alcuni quartieri è diventata una vera emergenza, la droga resta il principale affare su cui la mafia si contende il potere.

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