In Italia viviamo in città sicure?

Il tema della sicurezza è al centro del dibattito pubblico. Mentre nelle grandi città italiane i residenti lamentano sempre più frequentemente la percezione di non sentirsi “sicuri” a causa del timore di reati violenti o rapine in strada, il governo lavora per l'approvazione del disegno di legge Sicurezza. Oltre a potenziare la repressione delle truffe agli anziani, il ddl in questione punta, tra le altre cose, anche ad aumentare le garanzie per le forze dell’ordine e ad ampliare l’ambito di applicazione del Daspo urbano contro i borseggi. Sul tema si sono confrontati gli ospiti della quinta puntata di Materia Grigia, il talk di confronto di Sky TG24 condotto da Fabio Vitale: Franco Gabrielli, già capo della polizia, sottosegretario con delega alla sicurezza del governo Draghi e attualmente professor of Practice di Public Management alla SDA Bocconi, e Antonio Bana, avvocato, past president di Asso Armieri e curatore della materia Criminologia all’Università degli Studi di Milano. Oggi viviamo in città sicure? Come si può spiegare la differenza tra la sicurezza reale e quella percepita, spesso non coincidenti? Gabrielli: Più più che sicurezza percepita direi sicurezza rilevata, la sicurezza che ci viene consegnata dalle denunce. Anche qui, molto spesso assistiamo a una situazione a macchia di leopardo. Incide moltissimo quanto i cittadini ritengono di dover denunciare, quindi a volte le classifiche sono ingenerose e non corrispondono. Io credo che, da un punto di vista della quantità delle denunce che vengono fatte che riguardano tipologie di reati diversificati, il tema è quali denunce, quali reati incidono su questa percezione – tema che mi piacerebbe scomparisse dal dibattito pubblico, perché dire percezione significa quasi derubricarla a qualcosa di soggettivo, invece molto spesso è ancorata a elementi oggettivi. Quello che oggi incide moltissimo nella cosiddetta percezione sono i reati predatori, i reati violenti, le rapine in strada che ad esempio a Milano costituiscono un tema di grande allarme. Quindi se da un lato - ad esempio - vediamo che gli omicidi, che sono forse reati più negativi da un punto di vista della salvaguardia della vita, stanno calando, altri invece stanno aumentando e quindi ingenerano una legittima e, per certi aspetti, anche ovvia percezione di insicurezza. Bana: Condivido sicuramente anche l'introduzione del prefetto Gabrielli. Il nuovo disegno di legge sulla sicurezza è andato a colpire e arginare determinate macroaree. L'intervento che è stato fatto è stato un intervento di un giro di vite cosiddetto “panpenalistico”, però non è che poi il diritto penale o la procedura penale sono la panacea assoluta di intervento nel momento in cui succede qualcosa. Bisogna muoversi con delicatezza, con rigore, con attenzione, non fare delle valutazioni di pancia ma andare a vedere anche nelle varie situazioni, nelle varie aree metropolitane cosa interviene, in che modo, dove e quali sono le tipologie di reati. Come diceva il prefetto giustamente, c'è un preoccupante aumento sicuramente della riscrizione relativa alla tipologia di reati. La violenza sessuale, per esempio, ha avuto un 15% in più. Ha avuto un 8% in più anche quella che è stata la violenza sessuale di gruppo. Hanno avuto un 15% in più gli atti prosecutori e anche gli atti di maltrattamento, più del 30%. Quindi ci sono delle aree che sono di interesse. Andiamo quindi a capire perché c'è questa preoccupante deriva su questa tipologia di reati, e poi naturalmente interveniamo sulle macroaree: il rafforzamento della tutela e delle garanzie per le forze dell'ordine e la stretta sulla droga sono molto importanti. Ci stiamo muovendo in quella direzione, però dobbiamo essere molto attenti e precisi. Un tema collegato alla sicurezza è quello delle armi, ma lasciamo fuori le forze dell'ordine che operano per garantire la sicurezza dei nostri cittadini. Una persona su dieci ha almeno un'arma in casa: parliamo di quasi 5 milioni di italiani. Secondo voi, avere un'arma in casa dovrebbe farci sentire più sicuri? Bana: Innanzitutto noi dobbiamo tener conto del fatto che chi ha un'arma ha un regolare possesso. Quindi la licenza del nulla osta o del porto d'armi è fondamentale. Poi io posso anche far scadere il mio porto d'armi, però sono sempre attenzionato come soggetto, perché detengo quell'arma e quella tracciabilità e spetterà a me avere sempre una idoneità psicofisica e una condotta irreprensibile. Il fatto di avere un'arma in casa forse è come io tengo l'arma, come la so utilizzare e in che modo eventualmente posso difendere la mia sfera privata e personale. Non è che la casa poi deve essere un fortino armato: ci sono altri deterrenti anche per chi fa una violazione di domicilio o entra in casa. Non confondiamoci con l'America: Italia e Stati Uniti sono due cose diverse. La sicurezza non è dipende solo dal possesso di un'arma, perché bisogna anche saperla usare e quindi bisogna fare sempre molta attenzione. Gabrielli: Io credo che abbiano per certi aspetti risposto i nostri concittadini. Prendiamo in esame il numero dei nulla osta per l'acquisto, che è un dato indicativo di qual è l'esigenza per acquistare e per avere un'arma. Se noi rapportiamo i dati del 2019, che fanno riferimento all'anno in cui è intervenuto l'ultima modifica sulla legittima difesa e quindi in teoria avrebbe potuto spingere i cittadini a essere più armati per difendersi, i nulla osta sono stati 5.447. Nel 2023, 5.284. Quindi anche questa rappresentazione dei nostri connazionali che non bramano questa modalità di difesa attraverso delle armi credo che debba essere ridimensionata. Come diceva l'avvocato Bana, il vero tema poi è l'uso dell'arma, perché su questo forse bisognerebbe in qualche modo attirare l'attenzione. L'arma in quanto tale, come tutti gli strumenti, potrebbe avere una connotazione neutra e quindi la vera differenza la fa chi la utilizza come la utilizza, se la sa utilizzare, se è in grado di poterlo fare. In alcune situazioni, la disponibilità di un'arma in certe condizioni lungi dall'essere un elemento di difesa può essere addirittura un elemento di pericolo. Si è parlato dell'esempio americano da non seguire. Noi siamo in Italia, cambiereste qualcosa a livello normativo? Gabrielli: Io parto dal presupposto che la nostra legislazione è una legislazione particolarmente rigorosa e per certi aspetti, al di là della pochezza dei dati ufficiali che non ci fanno comprendere esattamente la dimensione dei fenomeni, è una legislazione che presta particolare attenzione sulle caratteristiche soggettive e anche sulle motivazioni per le quali i soggetti in qualche modo decidono di comprare un'arma. Se dovessi o potessi in qualche modo dare un'indicazione, forse sarebbe una particolare attenzione alle verifiche psicofisiche degli eventuali possessori. Questo lo dico non soltanto perché oggi non c'è, perché addirittura con una legge del 2018 è stata introdotta la disposizione che prevede ogni cinque anni che anche il detentore deve munirsi di un certificato che verifichi questo. C'è questo lasso di tempo di cinque anni, ma forse – ad esempio - dovrebbe esserci una maggiore osmosi delle strutture che curano le malattie mentali, con gli uffici che verificano il controllo di questa corretta disponibilità. Mi rendo conto che è un elemento molto delicato perché gli aspetti sanitari sono molto delicati, però credo che questo servirebbe anche a monitorare i problemi anche di psicolabilità. Si può intervenire su questa appendice mancante? Bana: È correttissimo il fatto che la nostra legislazione è tra le più rigorose in Europa. La diffusione di armi in Italia risulta al 52esimo posto con il 14,4% di armi per 100.000 abitanti. Quindi diamo subito questo dato e posizioniamoci. Abbiamo avuto una flessione delle licenze dei porti d'arma: se prendiamo un arco temporale dal 2002 al 2023, noi abbiamo una flessione pari al 6,3% per l'uso caccia, abbiamo una flessione del 4,4% per il tiro a volo e una flessione del 3,6% per la difesa personale. È vero che si è abbassato l'uso caccia, ma è aumentato il tiro a volo e l'arco sportivo e tutto quanto. Questo ci fa capire un po' il trend e anche la difficoltà e il rigore nel poter avere le licenze. La licenza del porto d'armi per esempio per difesa personale ha la validità annuale. Novanta giorni prima della scadenza della mia licenza bisogna ripresentare tutta la documentazione, rifare gli esami e presentare tutto tre mesi prima. Quindi c'è un controllo. E se non viene effettuata, si abbandona il proprio desiderio di continuare a detenere correttamente e legalmente il porto d'armi.

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Silvia Donnini