Dazi Usa: Draghi, Mattarella e la via asiatica

C’è un filo sottile ma diamantato, che unisce il pensiero di Sergio Mattarella e quello di Mario Draghi. E non è solo quello della stima reciproca sublimata dalla chiamata alla guida del Governo nel 2021, in uno dei momenti più difficili per il Paese e le Istituzioni: l’ultima e la più prestigiosa carta da giocare… si era detto. Così fu del resto: dopo quella esperienza, infatti, il Capo dello Stato, come detto, sciolse le Camere … non più in grado di andare avanti sotto la guida di un Esecutivo che non avrebbe avuto altra possibilità di essere sostenuto da solide maggioranze né da autorevoli guide. Un filo che ora passa -così pare- dallo sguardo a Oriente. Laddove il Presidente si è recato più volte negli ultimi mesi, laddove l’ex premier è sembrato rivolgersi in quel di Hong Kong, come alternativa commerciale, possibile, di fronte al muro eretto dalla Casa Bianca. Un’indicazione? Un suggerimento? Forse qualcosa di più. Pragmatismo, lungimiranza e tanto altro in comune Ad accomunarli non è solo la visione strategica e lungimirante, della necessità di fare squadra, comunità, tra gli Stati dell’Unione, per fronteggiare le sfide e i mercati globali. Ad avvicinarli non è solo l’idea di guardare con concretezza, da un lato, e visione ideale, dall’altro, alle difficoltà che l’epoca attuale comporta: dai sovranismi che rischiano di indebolire sempre più i singoli Paesi europei sullo scacchiere internazionale, rendendoli facili prede dei giganti mondiali del commercio e delle armi, alle emergenze climatica ed energetica, alle guerre , fino alle pandemie e alle crisi sanitarie. Non solo questo. Ad accomunarli c’è il pragmatismo nelle e delle scelte … o meglio… delle indicazioni. Quella linea da seguire. Per chi la vuol capire. La via dell’Est e la rotta asiatica come alternativa Indicazioni che sono una rotta … è il caso di dirlo… commerciale. Quella che forse proprio in virtù dell’esperienza, della saggezza… della lungimiranza, appunto, guarda a Est. O meglio, a Oriente. Eh si, perché, se è pur vero che una risposta è necessario darla, in un mondo fatto di lupi che guardano al solo presente , è altrettanto vero che rispondere colpo su colpo ai dazi americani porterebbe a una spirale autodistruttiva i cui effetti si ripercuoterebbero sui cittadini, dal crollo dei mercati, all’impennata dell’inflazione fino a ricadere come pioggia sporca sulle fasce più deboli. I muscoli Usa e la risposta equilibrata ma necessaria E allora ecco che forse ricercare una strada alternativa… un piano B… una rotta nuova o rinnovata, forse potrebbe essere una valida soluzione. Ma cosa c’entra questo col filo che lega il pensiero di Mattarella e Draghi, si potrebbe dire? Basterebbe mettere insieme interventi, dichiarazioni, viaggi, visite ufficiali e progetti presentati per capire che guardare a Oriente appare un’indicazione, dato che oggi a Occidente, oltre Oceano si trova un muro… un muro commerciale chiamato dazi. Annunciati, catalogati, sventolati con forza e decisione da Washington, come prova rude e muscolare di una supremazia che si origina da una forza militare, spaziale e tecnologica preponderante rispetto agli Stati comunitari . La difesa europea altra faccia della stessa medaglia Altro capitolo quello militare, del riarmo e della Difesa comune europea, certo. Ma altro punto d’incontro tra i due. Più volte…due su tutte… l’ex presidente BCE è intervenuto nel dibattito sulla difesa Ue dando una scossa all’Europa e anche al Parlamento italiano: non c'è quasi più tempo, la sicurezza degli europei è "messa in dubbio" dal disimpegno di Trump proprio quando la Russia "ha dimostrato di essere una minaccia concreta". Per questo -il suo avvertimento- sarà "inevitabile" dotarsi di una difesa comune e superare il meccanismo dell'unanimità fra Paesi Ue. Parole pronunciate in audizione in Senato lo scorso 19 marzo. Per Draghi gli indirizzi di Trump "hanno drammaticamente ridotto il tempo disponibile": gli Usa, votando con la Russia, hanno lasciato sola l'Europa all'Onu sulla risoluzione a difesa dell'Ucraina. I "valori costituenti" dell'Europa sono "posti in discussione". L'ordine internazionale e commerciale su cui Bruxelles ha prosperato è "sconvolto dalle politiche protezionistiche" degli Usa. La difesa comune dunque "è un passaggio obbligato". E ancora, un mese prima a Strasburgo: “Non si può dire no a tutto, altrimenti bisogna ammettere che non siamo in grado di mantenere i valori fondamentali dell’Unione”. Secondo l’ex governatore Bce al nuovo contesto globale venutosi a creare “la risposta deve essere rapida, perché il tempo non è dalla nostra parte, con l’economia europea che ristagna mentre gran parte del mondo cresce. Deve essere commisurata all’entità delle sfide. E deve essere focalizzata sui settori che guideranno l’ulteriore crescita”. Ma non solo Draghi. “E' indifferibile la creazione di una Difesa comune europea”, aveva detto lo scorso ottobre Sergio Mattarella nel corso del Vertice Arraiolos di Cracovia con 12 Capi di Stato. Concetto ribadito a dicembre davanti al Corpo diplomatico: “Difesa comune non più procrastinabile. E, pochi giorni fa, il 27 marzo incontrando i vertici dell’Aeronautica un ulteriore richiamo: “L’Europa deve decidere subito, viviamo un momento di tensioni globali e guerre ibride”. Percorsi e concetti paralleli. L’errore americano e le Visite di Stato in Asia Ma tornando al tema Dazi, sempre il Presidente della Repubblica, in occasione della visita al Quirinale del suo omologo Estone, il 2 aprile, nel giorno dell’annuncio trumpiano sulle imposizioni Usa era tornato a invocare “una risposta compatta, serena, determinata” da parte dell’Unione europea. Parlando, appunto, delle tariffe imposte dall’America come di “un errore profondo”. Da parte sua non un invito esplicito, ma, certo, se le azioni servono da esempio, come non osservare quell’inanellarsi di Visite ufficiali che si sono susseguite in quell’area geografica del pianeta in un lasso di tempo “diplomaticamente” così breve: in Corea del Sud nel novembre 2023, in Cina esattamente un anno dopo e poi in Giappone lo scorso marzo. Segno evidente di un’attenzione all’economia asiatica con le sottolineature di percorsi paralleli di crescita con Seoul, di attenzione reciproca con Pechino e di similitudini evidenti, tra le due economie, con il Paese del Sol Levante. Una rondine non fa primavera …si usa dire, ma tre? E in così poco tempo? La lezione di Hong Kong dell’ex premier A fine marzo, da parte sua, Draghi, intervenendo durante un dibattito all’Hsbc Global Investment Summit di Hong Kong, aveva parlato della decisione tedesca di aumentare in maniera consistente la spesa per la difesa, come di un cambio di paradigma, sottolineandone i rischi quanto a modalità di attuazione. La portata dell’impegno della Germania e i cambiamenti costituzionali che ha comportato sono tra i motivi per cui la mossa segna una svolta, appare il senso del ragionamento. Ma non è questo su cui vogliamo soffermarci, quanto invece su un altro passaggio… appunto. L’avvertimento dell’ex governatore della Bce all’Unione europea del rischio di una guerra commerciale cieca e spietata per controbattere ai dazi americani. E in particolare sulle modalità di risposta di Bruxelles al muro tariffario di Trump: costruire un altro muro non sarebbe nell’interesse europeo, ma in caso di fallimento diplomatico forse sarebbe preferibile trovare altri sbocchi commerciali. Asiatici.

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