Fecondazione assistita, Consulta esamina costituzionalità su accesso Pma per donne single
CronacaLa Corte Costituzionale ha iniziato il vaglio della questione di legittimità dell’articolo 5 della legge 40, che prevede l’accesso alla procreazione medicalmente assistita "solo per le coppie di maggiorenni di sesso diverso coniugate o conviventi". "La rimozione del divieto non comporterebbe un vuoto normativo, sarebbe un passo per garantire pari diritti alle donne che provano a diventare madri", ha detto Filomena Gallo, segretaria nazionale dell'Associazione Luca Coscioni
La legge 40 torna sotto la lente della Corte Costituzionale. Oggi in un'udienza pubblica i giudici della Consulta hanno avviato il vaglio della questione di legittimità, sollevata dal tribunale di Firenze, in relazione all'articolo 5 della legge, nella parte in cui prevede che possano accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita solo "coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi", e non, dunque, le donne single.
Il caso
Tutto nasce dal ricorso di una donna quarantenne di Torino, Evita, che si è rivolta al giudice dopo che la sua richiesta di poter accedere a "fecondazione assistita di tipo eterologo con l'utilizzo di un gamete maschile di un donatore anonimo" è stata respinta da un centro di fecondazione assistita in Toscana a causa del divieto sancito dalla legge. Il tribunale di Firenze, quindi, ha deciso di trasmettere gli atti alla Consulta, rilevando nella norma in questione "plurimi profili di incostituzionalità".
La normativa
Come si legge nell’ordinanza di rimessione, "l'articolo 5 prevede un'irragionevole disparità di trattamento, senza che possa tale disparità essere giustificata da alcun interesse costituzionalmente rilevante, tra categorie di soggetti, a seconda che si tratti di coppia o di single, sebbene nel nostro ordinamento venga ammessa e tutelata la famiglia monogenitoriale e a seconda delle risorse economiche. Difatti qualora la donna si rechi all'estero per accedere alla procedura di fecondazione assistita, il rapporto di filiazione che ne scaturisce in Italia è riconosciuto dal nostro ordinamento". Inoltre, per i giudici fiorentini, la norma in esame contrasta anche con gli articoli 2 e 13 della Costituzione, "in quanto non tutela, sacrificandole, le esigenze di procreazione riconosciute dalla sentenza n. 151/2009 della Corte costituzionale e il diritto incoercibile della persona di scegliere di costituire una famiglia anche con figli non genetici, comportando una violazione della libertà di autodeterminazione con riferimento alle scelte procreative". A ciò va aggiunta anche la violazione dell’articolo 32 della Costituzione: come afferma il tribunale di Firenze, "il divieto di accesso alle tecniche di fecondazione assistita alla donna single viola il diritto alla salute della donna precludendo alla stessa la prospettiva di divenire madre, considerando anche il fattore temporale legato alla sua fertilità", e dell'articolo 117, primo comma, della Carta costituzionale, in relazione ad alcuni articoli della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e della Carta di Nizza.

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L’appello
Nella seduta sono intervenuti i legali della donna, dell'associazione Luca Coscioni e dell'avvocato dello Stato Wally Ferrante. Relatrice della causa è la giudice Emanuela Navarretta. Alla vigilia del voto l’Associazione Luca Coscioni ha diffuso anche l’appello di Serena, trentaseienne di Brescia: "Oggi non ho un compagno, ma mi sento pronta per diventare madre. Pensavo di poterlo diventare qui in Italia. Anche se da sola. Ma la legge 40 me lo ha impedito. Quindi, non potendolo fare in Italia, sono dovuta andare in Spagna. Ho avuto tanta paura, è un percorso difficile a livello economico, emotivo e anche organizzativo e mi chiedo perché non ho potuto farlo nel mio Paese", ha raccontato la donna.
Gallo: "Garantire pari diritti"
"La rimozione del divieto non comporterebbe un vuoto normativo, perché le tecniche eterologhe sono legali dal 2014: la modifica della legge sarebbe un passo necessario per garantire pari diritti alle donne che provano a diventare madri", ha detto l'avvocata Filomena Gallo, segretaria nazionale Associazione Luca Coscioni, al termine dell'udienza pubblica alla Consulta. Gallo, durante la discussione, ha evidenziato che "la Corte costituzionale, nel corso dei 21 anni di vigenza della legge 40 del 2004, ha già avuto un ruolo fondamentale nel ripristinare la legalità costituzionale e nell'affermare i diritti fondamentali. Ci sono state cinque dichiarazioni di incostituzionalità - ha sottolineato - che hanno avuto effetti concreti e tangibili: famiglie con bambini che crescono e che sono il futuro del nostro Paese. La genitorialità, anche sulla base della giurisprudenza della Consulta, è basata, correttamente, sull'assunzione di responsabilità, che deve esserci a prescindere dal legame biologico e genetico, così come dallo status sociale, economico e quant'altro. Cancellare il divieto di accesso a queste tecniche per le donne singole non determina alcun vuoto normativo".
