Governo condannato a risarcire migranti sulla Diciotti, le tappe della vicenda

“Una grave violazione ai diritti fondamentali della persona”. È questo quello che scrivono i giudici della Corte di Cassazione condannando il governo italiano al pagamento delle spese non materiali per i migranti tenuti per 9 giorni a bordo della nave della guardia costiera “Diciotti” dal 16 al 25 agosto del 2018. Una sentenza che ha già scatenato polemiche tra l’esecutivo e la magistratura con toni tutt’altro che amichevoli. Per Giorgia Meloni è una sentenza che “non avvicina i cittadini alle istituzioni". Matteo Salvini invece parla di “sentenza vergognosa”. Insulti inaccettabili ribatte la presidente della Suprema Corte, Cassano. Ma è una sentenza che, di certo, adesso farà giurisprudenza e probabilmente costringerà il governo a cambiare l’approccio verso i temi dell’immigrazione, dell’accoglienza e dei salvataggi in mare. Cosa è successo Ma ricostruiamo i fatti. È il 15 agosto del 2018. Arriva la notizia di un barcone in difficoltà in acque di competenza SAR maltesi. Nessuno interviene. Il giorno dopo arriva un SOS. L’imbarcazione con a bordo 190 persone rischia di colare a picco. Due motovedette della guardia costiera italiana vanno in soccorso, poi arriva la nave Diciotti. Viene chiesto alle autorità maltesi di farsi carico dell’accoglienza dei migranti poiché salvati nelle loro acque di competenza. La Valletta non risponde e la nave Diciotti, con a bordo 190 migranti di varie nazionalità, tra cui anche tanti minori non accompagnati, fa rotta verso l’Italia. 17 minori, in pessime condizioni di salute, vengono trasferiti immediatamente a Lampedusa. Gli altri rimangono a bordo di nave Diciotti che, il 17 agosto, chiede e ottiene un porto sicuro per lo sbarco. Viene assegnato quello di Catania. Ma all’arrivo in banchina, pochi minuti prima della mezzanotte del 20 agosto, lo stop allo sbarco deciso dal ministro dell’interno del governo gialloverde, Matteo Salvini. I migranti non sbarcano se l’Europa non decide immediatamente la loro redistribuzione nei paesi dell’Unione. Le indagini Inizia un braccio di ferro lungo e faticoso con i migranti costretti a guardare la banchina senza poter mettere però piede a terra e terminare così la loro odissea. Il 22 agosto il primo spiraglio. La procura per i minori di Catania decide di far sbarcare i minorenni stranieri non accompagnati. Due giorni dopo il Garante dei diritti delle persone detenute o private della loro libertà invia due informative alle procure di Agrigento e Catania in cui evidenzia lo stato di “perdurante privazione della libertà fuori dallo schema di legalità che il nostro ordinamento prevede”. Il giorno dopo, il 25 agosto del 2018, finalmente vengono fatte sbarcare altre 5 persone. Il giorno dopo tutti i migranti scendono dalla Diciotti. L’allora ministro dell’interno, Matteo Salvini, viene iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di sequestro di persona. Indagato anche il suo allora capo di gabinetto, Matteo Piantedosi, attualmente capo del Viminale. Il fascicolo viene poi trasferito al Tribunale dei ministri di Catania, che però chiede l'archiviazione. Il tribunale non accoglie la richiesta e trasmette l'incartamento al Senato per chiedere l'autorizzazione a procedere nei confronti del ministro dell'Interno. A febbraio 2019, la giunta per le autorizzazioni - con i voti della maggioranza Lega-M5S - respinge la richiesta bloccando, di fatto, l'iter giudiziario. Adesso la pronuncia della Cassazione che ha accolto il ricorso di 41 migranti e che condanna il governo al risarcimento del danno psicologico.

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