È il momento delle iscrizioni a scuola: 5 consigli per orientarsi

Aprono alle 8 di mattina del 21 gennaio le iscrizioni alle scuole superiori. Oltre 500.000 studenti e studentesse in terza media si trovano di fronte alla prima importante scelta per il loro futuro: liceo, istituto tecnico o professionale? E ancora: scientifico, classico, linguistico, alberghiero o informatico? Dal 2023 un docente orientatore accompagna gli alunni in queste decisioni, “supportandoli nel compiere scelte scolastiche consapevoli e valorizzando i loro talenti attraverso il dialogo con loro e i loro genitori”. Un lavoro che guida gli studenti dalle elementari fino al diploma di maturità. Intanto, però, la scadenza per le iscrizioni incombe e le famiglie devono districarsi tra test, open day e programmi scolastici. “La consuetudine, a lungo, è stata quella di relegare l’orientamento a guida per la scelta nei momenti di transizione. Quindi, tra medie e superiori e poi tra superiori e percorsi di alta formazione. Ma non è solo questo” spiega Maria Chiara Pettenati, dirigente di ricerca Indire e formatrice di insegnanti e docenti orientatori. Che ha aiutato Sky tg24 Insider a formulare cinque consigli per una scelta consapevole. 1 - I test non funzionano I test per l’orientamento sono passati tra le aule di ogni scuola media e, dopo qualche domanda a scelta multipla, hanno sempre sentenziato per ogni studente la destinazione adatta: “istituto tecnico”, “liceo scientifico” o – per i più fortunati – “ogni indirizzo”. Spesso, dietro al questionario, era malcelata una corrispondenza fra suggerimento e valutazione scolastica. Tradotto: licei per chi ha voti più alti e istituti per chi li ha più bassi. In realtà, in gergo didattico, si chiamano consigli orientativi e, secondo i ricercatori, non funzionano. “È uno strumento che tende ad appoggiarsi sul voto numerico per dire se lo studente o la studentessa sono adatti al liceo, classico o scientifico, o a un istituto – commenta Pettenati – Si tratta di una pratica non equa e poco inclusiva che non offre a tutti opportunità di apprendimento di alta qualità. Con questo metodo, il voto diventa una condanna”. Per questo, il consiglio orientativo è stato riformato e ora offre una prospettiva di valutazione più ampia sulla persona e non solo sullo studente. “Ma è una pratica ancora troppo consolidata e su cui serve intervenire presto nelle scuole”. 2 - Open day sì, ma come? In un paio di mesi, si consuma tutto l’orientamento informativo a disposizione degli studenti. E il cuore dell’offerta sono gli open day, giorni in cui studenti e genitori affollano le scuole aperte al pubblico, guidati da docenti o alunni delle superiori, fra aule, laboratori e presentazioni dei piani didattici. Il problema, secondo Pettenati, sta nel dove poggiare lo sguardo: “L’open day è come la pubblicità che impacchetta qualcosa per renderlo appetibile, mostrando il meglio in ogni situazione. Un open day efficace sarebbe quello in cui si immergono studenti e insegnanti nel quotidiano, cosicché i ragazzi possano scegliere sulla base di quella che sarà davvero la loro vita”. La parola d’ordine, dunque, è “cautela”. “È importante guardare le aule, perché un ambiente piacevole fa stare bene. Ma poi serve parlare con i ragazzi più grandi e chiedere ‘Cosa ti è piaciuto?’, ‘Come stai a scuola?’, ‘Cosa non ti piace?’”. 3 - Orientamento tutti gli anni Da anni, ormai, si parla di orientamento verticale facendo riferimento al compito, sulle spalle di tutti i docenti, di aiutare gli studenti a capire le proprie inclinazioni, modalità espressive e obiettivi. L’obiettivo è quello di sviluppare competenze, nell’arco di tutto il percorso scolastico, che aiutino gli alunni a realizzare i propri progetti e ad auto-orientarsi. La novità, in vigore dall’anno 2023/24, è l’introduzione di un docente tutor orientatore per ogni gruppo di 30-50 studenti a scuola. Il suo compito? Aiutare gli studenti, in un minimo di 30 ore annuali , a creare un E-portfolio personale dove mantenere il proprio percorso scolastico annotando gli sviluppi, le riflessioni in chiave auto-valutativa e orientativa e almeno un prodotto riconosciuto come il proprio “capolavoro”. “In realtà – spiega Pettenati – l’obiettivo è condiviso da tutti i docenti ed è quello di fare orientamento formativo. Dove con formativo si intende che non c’è più solo la finalità piccola di guidare alla scelta, ma quella di sostenere gli studenti nello sviluppo di competenze e guidarli nel diventare protagonisti del proprio progetto di vita. Aiutarli a pensarsi nel futuro, a essere capaci anche di tornare sui propri passi e fare scelte. Così, saper decidere la scuola superiore diventa solo una conseguenza di un percorso più lungo, iniziato alle elementari”. 4 - Liceo o istituto? In attesa dei dati del 2025, nel 2024 la prima scelta di oltre la metà degli studenti italiani è stata il liceo, con il 56% delle preferenze. Seguono gli istituti tecnici, 31%, e i professionali, 13%. La tendenza, negli ultimi anni, spinge verso una leggera preferenza per i percorsi professionalizzanti a discapito dei licei. Ma gli istituti tecnici e professionali sembrano ancora vittime di uno stigma che li relega a scuole “di serie B”, orientando la scelta sulla base dei voti sul registro. “Le decisioni da prendere nei momenti di transizione, come la terza media – continua la dirigente Indire – non sono da fondare sulle valutazioni numeriche, che in questo modo possono solo condannare o abilitare studenti e studentesse a destini che a quell’età non dovrebbero essere così segnati”. Non per questo, però, Pettenati nega le differenze tra gli indirizzi: “Ogni studente ha una sorta di vocazione più o meno disciplinare. Può avere desiderio di approfondire materie scientifiche, letterarie o tecniche. Questa poi può essere accolta, accompagnata oppure contenuta dalla scuola”. 5 - Riorientarsi senza vergogna Nel 2023 il tasso di abbandono scolastico in Italia si attestava al 10,5% . In calo rispetto all’11,5% del 2022 e al 12,7% del 2021, ma ancora lontano dall’obiettivo europeo del 10% e dagli altri Stati membri. Solo Romania, Spagna, Germania e Ungheria hanno fatto peggio di noi. I neet, ovvero i giovani under-30 che non studiano e non lavorano, erano il 16% nel 2023. Il secondo dato più alto in Europa. Dietro ai numeri, però, si celano storie di insuccesso formativo e scolastico che spesso potrebbero essere salvate da una svolta nel percorso. “Cambiare indirizzo e cambiare scuola non è un fallimento – afferma Pettenati – ma solo un’altra strada per costruire una diversa destinazione. Nei momenti difficili tutti gli attori in gioco devono stare attenti ai segnali dei ragazzi e mettersi in comunicazione con loro per evitare veri baratri di disagio, a volte difficilissimi da recuperare. C’è sempre la possibilità di riorientarsi, non è una perdita né una scelta punitiva. Deve essere vissuta come un rifiorire”. Secondo la dirigente Indire, però, per ridurre il numero di riorientamenti potrebbero essere utili più anni di scuole medie. “È difficile compiere scelte consapevoli a 13 anni – conclude Pettenati - Perciò farle a 15, dopo cinque anni di scuole medie, potrebbe ridurre il rischio di ‘sbaglio’ dovuto a influenze esterne. In ogni caso, dobbiamo evitare il meccanismo per cui riorientarsi innesca un senso di fallimento negli studenti. Non è così”.

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