Il latino alle medie e le poesie a memoria fanno bene agli studenti?

Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione e del Merito, ha anticipato in una intervista a “Il Giornale” le sue idee sulle elementari e le medie del futuro: latino dai 12 anni, lettura della Bibbia in aula, abolizione della geo-storia e poesie a memoria sono le proposte più discusse. In realtà, non c’è ancora niente di ufficiale: le sue sono solo anticipazioni delle indicazioni nazionali, che dovrebbero entrare in vigore nell’anno scolastico 2026/27. Si tratta delle linee guida a cui tutti gli studenti e docenti d’Italia, pur autonomi, dovranno attenersi: programmi, metodi didattici e obiettivi da raggiungere. In altre parole, per molti anni la formazione di bambini e ragazzi dai 3 ai 14 anni ruoterà attorno a questi progetti del ministro, aiutato nell’elaborazione delle indicazioni da una commissione di esperti . Le ultime indicazioni nazionali risalgono al 2012, quando al ministero dell’Istruzione sedeva Francesco Profumo con Mario Monti alla presidenza del Consiglio. Ora il provvedimento di Valditara è stato presentato al Consiglio dei Ministri in forma di decreto per il percorso dell’infanzia e delle medie, mentre sulle superiori il ministero “sta ancora lavorando”. Da un lato, Valditara mira a una “scuola capace di costruire il futuro”. Dall’altro, vuole “andare alle radici della lingua italiana” e “privilegiare la storia d’Italia”. In sintesi: più letteratura, fin da piccoli, e più memoria. Ma farà bene agli studenti? “Non serve polarizzare – spiega il pedagogista Pier Cesare Rivoltella, ordinario di Didattica all’Università di Bologna e presidente della Società italiana di ricerca sull’educazione mediale – ma capire a cosa ci serve imparare a memoria. In termini scientifici, è molto utile allenare la memoria. Ma bisogna stare attenti a non fare della didattica uno strumento di costruzione ideologica per definire un solo ideale di identità italiana”. Professore, affrontiamo le novità una alla volta. Studiare il latino alle medie è utile per gli studenti? Non si può negare il valore formativo del latino e delle lingue classiche in generale. Sono discipline che allenano al problem solving, attivano competenze di analisi e sollecitano il lavoro interpretativo. Ma attenzione: è lo stesso valore formativo che può avere uno studio di funzione in matematica. In più, introducendo la possibilità di studiare il latino nelle classi delle medie, il ministro non ci sta annunciando niente di nuovo. Si può già fare? Certo, moltissime scuole lo stanno già facendo da anni nel nostro Paese. È una sperimentazione facoltativa. Sintomo del fatto – e su questo non ci piove – che il latino ha un valore importante nella formazione degli studenti. Diventa preoccupante, però, se usato come un ritorno ai bei tempi andati. Come se il latino fosse un sintomo della serietà della scuola, un ritorno a un tempo passato in cui le cose si facevano più attentamente. In generale, il ministro ha dato molta importanza alla letteratura e non ha quasi fatto riferimento alle discipline scientifiche. Leggere classici e poemi epici dai 6-7 anni di età farà bene agli studenti? I test Invalsi da anni indicano chiaramente che gli studenti italiani non comprendono quello che stanno leggendo. Ci sono delle debolezze, delle fragilità sulla lettura profonda. Se estendessimo le prove Invalsi agli adulti, peraltro, probabilmente troveremmo le stesse difficoltà. Forse questo non dipende, però, dal fatto che non si legga letteratura sin dai primi anni delle elementari. Ma dal fatto che non si legge quasi niente, in assoluto, e che non si legge in maniera profonda. La lettura richiede lentezza, attenzione e concentrazione. La società in cui viviamo è accelerata e siamo inondati di stimoli diversi e contemporanei che non ci aiutano a leggere in profondità. Quindi cosa suggerisce? Dobbiamo aiutare gli studenti a sviluppare questa competenza di lettura profonda. Oggi la ricerca internazionale sta sottolineando la necessità per la scuola di ragionare nei termini delle new literacies, ciò di dare strumenti per leggere l’oggi. Penso allo studio dei media, dell’informazione, dei dati e dell’intelligenza artificiale. Ma anche allo studio e alla comprensione di culture diverse, che servono agli studenti per diventare capaci di dialogare con i linguaggi del presente. Imparare poesie a memoria, invece, aiuta? Imparare alcune cose a memoria è fondamentale. La ricerca neuroscientifica lo dice chiaramente: ad esempio, negli ultimi anni, gli studiosi hanno sottolineato l’importanza e la funzione delle tabelline nello sviluppo di un’intelligenza matura. Non credo che il punto stia nell’utilità o meno di imparare qualcosa a memoria, perché è senz’altro utile. Quanto, piuttosto, nel cosa serva imparare a memoria: se è uno strumento per costruire ideologicamente un’identità italiana, allora diventa un problema. Come legge, a questo proposito, l’intenzione di introdurre la lettura della Bibbia in classe alle elementari? Considerando la Bibbia come un assemblamento di testi costruito da una determinata cultura nel corso di millenni, allora può essere funzionale svolgere un lavoro su questo testo in classe. Ma è altrettanto utile farlo sul Corano o sul Don Chisciotte. Credo che nelle intenzioni del ministro ci sia la volontà di usare la Bibbia per costruire un certo tipo di identità. Ma – è doveroso ripeterlo – in classe non si possono fare discorsi confessionali. Partirei piuttosto da una riflessione sul significato di quei testi: potrebbero esserci libri, come il Cantico dei Cantici, su cui ha senso fare un’analisi poetica. Riguardo alla storia, Valditara ha spiegato di voler “privilegiare la storia d’Italia”. Non è anacronistico in un mondo globalizzato? A me sembra molto anacronistico, in seguito alla globalizzazione, tornare a una prospettiva eurocentrica, ben sapendo che non esiste oggi nessuna scelta politica che viene fatta senza un impatto internazionale da leggere in una logica mondialistica. Dal punto di vista scientifico, nella didattica sono tutti passi indietro. Anche la stessa divisione netta fra discipline scientifiche e umanistiche, privilegiate dal progetto del ministro Valditara, oggi viene superata. Cosa intende? Facciamo un esempio per capirlo bene: la filologia, che si occupa di testi ma sfrutta regole matematiche, è scientifica o umanistica? Che io mi trovi di fronte a un brano di Cicerone da tradurre o a un problema di matematica, avanzerò sempre delle ipotesi di soluzione e le metterò alla prova cercando di confutarle. Questo accomuna tanto il fisico quanto il latinista. E proprio dallo sviluppo di queste competenze trasversali potrebbe ripartire la scuola italiana.

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