Congedo di paternità: come funziona nelle aziende in cui è previsto

La legislazione europea prevede un congedo di paternità minimo di 2 settimane, che è quello che viene riconosciuto nella maggioranza dei Paesi dell’Unione, Italia inclusa. Esistono, però, alcune aziende che offrono ai lavoratori la possibilità di estendere il loro periodo di congedo: il think tank Tortuga ha condotto una ricerca su 22 di queste per identificare le caratteristiche dei padri che utilizzano questa politica aziendale, cosa li motiva a farlo e ottenere opinioni su una possibile estensione del congedo di paternità a livello nazionale. Nel 2022, infatti, i deputati Alessandro Fusacchia, Erasmo Palazzotto, Rossella Muroni e Lia Quartapelle avevano presentato una proposta di legge per estendere il congedo di paternità obbligatorio a tre mesi, che è stata depositata alla Camera ma mai approvata. Congedo esteso La ricerca di Tortuga comprende 24 interviste con i rappresentanti delle risorse umane o i responsabili delle politiche aziendali delle organizzazioni che prevedono il congedo di paternità superiore rispetto a quello previsto dalla legge italiana e le risposte raccolte attraverso un questionario a cui hanno partecipato più di 1.600 dipendenti provenienti da 12 aziende del campione selezionato. In ogni organizzazione, il congedo di paternità esteso prende forme diverse, ma mantiene alcune caratteristiche comuni. Le aziende che compongono il campione offrono in media 8,6 settimane di congedo retribuito al 100%, con un minimo di una settimana e un massimo di 26 settimane aggiuntive: la maggior parte ha iniziato a offrire questa politica aziendale dal 2020 in poi, con un picco nel 2023. In particolare, quasi tutte le aziende adottano una definizione flessibile della coppia di genitori, consentendo ai dipendenti di usufruire del congedo di paternità anche se non sono genitori biologici o anche nel caso in cui facciano parte di una coppia omosessuale. Infine, 2 aziende su 3 permettono ai dipendenti di prendere il congedo in modo frazionato nel tempo, ovvero alternando periodi di lavoro e periodi di congedo, di solito durante il primo anno di vita del figlio. Identikit del papà Dal questionario emerge un tasso di adesione del 71%, superiore alla media nazionale. L’età risulta essere un fattore determinante: il 75% dei padri tra 30 e 39 anni aderisce, contro il 65% dei padri tra 40 e 49 anni. “Differenze di salario e responsabilità aziendali – che tendono ad aumentare con l’età - possono essere concause di questa differenza assieme ai cambiamenti nelle norme valoriali presenti tra diverse generazioni”, segnalano gli autori del report. Il tasso è più alto tra chi non può lavorare da remoto rispetto a chi può , mentre non ci sono differenze significative tra i vari ruoli aziendali: iI tasso di adozione è molto simile fra gli impiegati e i manager o dirigenti . Seguono i quadri, con un tasso di adesione del 65% circa. Rispetto alle motivazioni che spingono i padri a usufruire del congedo di paternità esteso, la principale resta, in tutte le fasce di età, il desiderio di condividere questo momento con il partner. Dal punto di vista anagrafico, inoltre, nelle generazioni più giovani la volontà di essere maggiormente presente nella vita del figlio supera l’incoraggiamento da parte dell’azienda. Uso dei giorni disponibili Tutte le aziende intervistate, tranne una, non impongono ai lavoratori di utilizzare il congedo, che rimane facoltativo: tenendo in considerazioni i padri che hanno utilizzato la politica aziendale, circa il 91% dei lavoratori ha scelto di utilizzare tutti i giorni disponibili. Le motivazioni del restante 9% riguardano soprattutto il contesto sociale e professionale, e in particolare il confronto con i colleghi. I ricercatori di Tortuga sottolineano anche che il tasso di utilizzo completo del congedo di paternità esteso diminuisce all’aumentare della sua durata. Se, infatti, nelle aziende che offrono meno di 6 settimane di congedo l’utilizzo medio è di 3,86 settimane, in quelle che offrono tra le 16 e le 26 settimane di congedo i padri usufruiscono della politica solo durante 13,16 settimane. “È molto importante contestualizzare questi risultati: tutti i partecipanti al nostro questionario lavorano in aziende che offrono questo tipo di politica, e che sono quindi molto più sensibili al tema rispetto alla media italiana. È quindi ragionevole assumere che le pressioni percepite da parte di colleghi e superiori siano maggiori in altri contesti in cui le aziende sono meno sensibili al tema”, segnalano gli autori del report. Perché non viene utilizzato? Esistono inoltre persone che hanno scelto di non usufruire della possibilità del congedo di paternità esteso, ovvero il 29% degli intervistati. In questi casi, l'impatto negativo sulla carriera, il fatto che i colleghi non ne abbiano usufruito e che il carico di lavoro sono le motivazioni più citate dagli intervistati nella categoria 30-39 anni rispetto alla categoria 40-49 anni. Il fatto che la famiglia o gli amici non fossero favorevoli è stato citato dal 23% dei rispondenti tra i 40 e i 49 anni e da nessuno dei rispondenti con meno di 40 anni, evidenziano un chiaro cambiamento generazionale nelle percezioni e negli atteggiamenti riguardo alla genitorialità. Nonostante quindi 3 padri su 10 non usufruiscono dell’estensione del congedo, pur avendone la possibilità, questa misura resta molto popolare: il 96% dei lavoratori che hanno risposto al questionario di Tortuga è favorevole a un’estensione nazionale di queste politiche aziendali. Non solo: il 96% dei padri che hanno scelto di non beneficiare della politica aziendale in passato la utilizzerebbero in futuro e 1 lavoratore su 3 dichiara che non sarebbe disposto ad accettare un’offerta di lavoro da parte di un’azienda che non offra una politica simile, indipendentemente dall’aumento salariale offerto.

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