Perché nel 2024 si sono ridotti gli sbarchi dei migranti

Al 30 dicembre, secondo il cruscotto del Viminale, erano 65.696 le persone migranti sbarcate in Italia nel 2024. Quasi un terzo rispetto al 2023, quando nello stesso periodo se ne contavano 156.844. I due giorni rimasti da conteggiare non muteranno il bilancio annuale perché a dicembre fa freddo, il mare non è calmo e le partenze sono ridotte. La maggior parte delle persone ha dichiarato di provenire da Bangladesh , Siria e Tunisia , Paese da cui molti si sono effettivamente imbarcati in direzione di Lampedusa e dell’Europa. I minori stranieri non accompagnati sbarcati in Italia nel 2024 sono 8.043, meno della metà rispetto allo scorso anno quando il Dipartimento della Pubblica sicurezza ne aveva contati 18.820. La riduzione è netta, ma non sufficiente per ipotizzare una tendenza al ribasso dei flussi migratori. “Negli ultimi dieci anni i dati su partenze e arrivi sono sempre stati difficili da interpretare – commenta l’avvocata Maria Cristina Romano, coordinatrice per l’Italia della Rete giuridica europea sull’asilo – Non sempre c’è un collegamento diretto con un preciso evento geopolitico”. E, in effetti, i numeri sono altalenanti: nel 2022 gli sbarchi erano 104.459, nel 2019 solo 11.471, nel 2017 119.369 e nel 2016 181.436 . Minore è la forbice delle persone morte in mare negli anni: secondo il monitoraggio dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni, i dispersi sono stati 2273 nel 2024, 3155 nel 2023 e 2411 nel 2022. Andando indietro, si registra un picco nel 2016 con 5136 vittime. “Nel biennio 2015-2016, il maggior numero di sbarchi era trascinato dalla crisi siriana – spiega l’avvocata Romano – ma oggi la lettura non è così semplice, perché i motivi di un calo o di una crescita potrebbero essere molti”. Perché si sono ridotti gli sbarchi L’avvocata conta almeno due ragioni principali: gli accordi dell’Europa con alcuni Paesi di origine o transito e gli ostacoli posti dai governi ai soccorsi delle ong. “Penso ai trattati con Libia e Tunisia e ai fondi dati alle motovedette di questi due Paesi per riportare indietro i migranti. Hanno sicuramente un grande impatto”. Con Tripoli, in realtà, il Memorandum d’intesa sulla migrazione è stato rinnovato automaticamente fino al 2026 nel febbraio del 2023, anno in cui gli sbarchi e le partenze sono state straordinariamente alte. Ma l’intesa fra il presidente tunisino Kais Saied e Bruxelles è arrivata il 16 luglio 2023 e i risultati potrebbero aver avuto un reale impatto sugli sbarchi del 2024. Si tratta di 150 milioni di euro a sostegno del bilancio di Tunisi, cui sommare 105 milioni per la gestione delle frontiere. In altre parole, l’Europa paga il governo nordafricano per intercettare persone migranti e rilanciare la propria economia, allo scopo di garantire una maggiore stabilità del Paese. Già nello scorso anno, secondo quanto dichiarato dal ministro Piantedosi, sarebbero state “121.883 le persone fermate sulla terraferma o recuperate in mare grazie alla collaborazione con le autorità tunisine e libiche”. I numeri arriverebbero da “comunicazioni ufficiali” del governo di Saied, ma non sono mai stati pubblicati. Stando ai monitoraggi e alle testimonianze raccolte dal Forum tunisino per i diritti economici e sociali, molte di queste persone avrebbero poi subito violenze o sarebbero state espulse verso Tripoli per essere detenute nelle carceri libiche. Per quanto riguarda, invece, le persone soccorse dalle navi delle ong nelle acque internazionali delle zone Sar , il salvataggio in mare nel 2024 è stato ostacolato dall’assegnazione di porti lontani per l’attracco. “I tempi di soccorso sono ormai più lunghi anche di 3 o 4 giorni rispetto a qualche anno fa, visto che vengono spesso assegnati porti lontani – commenta Romano – Questo rallenta i salvataggi e rende alcune navi meno disponibili al soccorso in mare”. Con queste premesse, un minore numero di sbarchi non è necessariamente il sintomo di un calo drastico delle partenze: “Non sappiamo esattamente quale sia il numero dei morti. Molte delle persone intercettate sono riportate indietro dalle autorità e perdono la vita nel deserto dei Paesi di transito. Servono ancora monitoraggi, ma è certo che il flusso migratorio stia continuando”. Il futuro di chi sbarca in Italia Per le decine di migliaia di persone sbarcate in Italia, però, il viaggio non termina negli hub di approdo. Molti proseguono verso altri Paesi d’Europa, altri fanno domanda di protezione internazionale nel nostro Paese. “Questo comporta che non ci sia sempre coincidenza tra la nazionalità delle persone che sbarcano e quella delle domande d’asilo – spiega Romano – Per esempio, in Italia non è alto il numero dei siriani. Sono maggiori le richieste da Bangladesh, Egitto e Pakistan”. Ancora non sono stati pubblicati i dati relativi al 2024, ma nel 2023 le richieste erano 136.826 contro le 77.200 del 2022. Di queste, l’8% si era risolto con l’ottenimento dello status di rifugiato, il 10% con l’assegnazione di protezioni sussidiarie e il 19% con protezioni straordinarie. In generale, poco più di una domanda su 3 è stata riconosciuta, contro il 47% del 2022. Più degli esiti, però, a preoccupare i legali è l’accesso alla procedura ordinaria di esame della richiesta. “Negli ultimi anni – commenta l’avvocata – si sono ristrette molto le possibilità di ottenere una qualche forma di protezione. Prima, con le modifiche alla protezione speciale e poi con l’incremento dei casi in cui le persone vengono esaminate con procedure accelerate o di frontiera”. È il caso, in altre parole, dei centri in Albania, ancora vuoti, di Shengjin e Gjader. “In queste fattispecie, il lasso di tempo tra la presentazione della domanda e la decisione dei giudici è brevissimo: parliamo di 7 giorni. Significa che per queste persone è difficilissimo avere accesso a una consulenza giuridica adeguata ed eventualmente a un sostegno per i traumi subiti lungo il viaggio”.

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