Perché consideriamo soggettiva la violenza sulle donne

Prego, scomodati ché parliamo di inesistenza dei punti di vista. Il prossimo 25 novembre sarà la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Si tratta di una data simbolica istituita dall’ONU nel 1999 in memoria di Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal, tre sorelle, tre donne, tre attiviste politiche dominicane che il 25 novembre 1960, recandosi in carcere a trovare i loro mariti, furono bloccate lungo il tragitto dagli agenti del Servizio di informazione militare del loro Paese che le portarono in un luogo nascosto dove stuprarle e massacrarle a colpi di bastone. Infine le strangolarono e le gettarono a bordo della loro auto in un crepaccio, affinché la loro morte sembrasse un incidente. Dal ’99, l’invito ai Governi, alle istituzioni e alle ONG è di segnare in agenda il 25 novembre come data nella quale promuovere iniziative di sensibilizzazione per la prevenzione della violenza di genere. Personalmente è un tema al quale lavoro da quindici anni, quindi se mi cercate mi trovate in prima linea anche il 14 aprile e il 20 gennaio - e con me, altre e altri. Tuttavia, per quanto - secondo le rilevazioni del Viminale aggiornate a ottobre 2024 - i dati dell’anno in corso a proposito dei femminicidi in Italia siano in lieve flessione rispetto alle statistiche di quelli precedenti, sono a dirvi che siamo ben lontani da un significativo sgretolamento del problema. Problema che è caleidoscopico, multifattoriale, psicosociologico, culturale, complesso e che anche se per queste ragioni non si presterebbe per natura a risoluzioni semplici… la mia esperienza mi indica chiaramente quale sia il motivo per il quale restiamo indietro in materia di prevenzione della violenza. Per quale motivo principale, perlomeno. Vedete, l’ingombro più grosso che ad oggi abbiamo ancora con la violenza è che l’essere umano ha la tendenza a relativizzarla e a trattarla come oggetto di opinione personale. Alla stregua di un argomento sul quale avere legittimamente da dire la propria Il vicino litiga spesso con la compagna, ma si limita ad alzare la voce - il che fa piangere i loro due bambini. Dovresti chiamare i Carabinieri? La mancanza di una pelle estesa che ci ripari tutti e che reagisca a cosa a buon diritto condannare come violenza e cosa trovare tollerabile, è la condizione perfetta per il proliferare dell’aggressività, delle dinamiche disfunzionali, della non equità di genere. Che il metro della violenza sia soggettivo ne favorisce la manifestazione indisturbata, perché in luogo di una censura franca e oggettiva si propongono interpretazioni che confondono, creano dubbi e incertezze, depotenziano la questione: ogni volta che tentenniamo su una reazione ferma e senza appello di fronte a espressioni di violenza, diventiamo complici della sua sopportabilità. E, si sa: quello che puoi sopportare ti fortifica, è un fardello che sei in grado di portare, non è poi così grave da stenderti. Siamo così poco disponibili a formarci sulla violenza da cedere alle lusinghe delle frasi fatte che ci scagionano e derubricano la questione: c’è sempre chi sta peggio. Così, crediamo ad una gerarchia della violenza nella quale dare fuoco alla tua donna incinta è ben brutto, quella sì che è violenza. Rassicuràti che a noi una cosa tanto efferata non capiterà, tolleriamo minacce e ingiurie, parolacce e pugni al cruscotto, scomparse e punizioni, divieti e suggerimenti a stare a casa dal lavoro perché… sono ancora oggi diffusissimi. Dovremmo denunciare quasi tutti, il sistema è al collasso, non tutti i membri delle forze dell’ordine sono adeguatamente formati a ricevere le querele da parte delle vittime, ci si vergogna, non si ha fiducia nella giustizia, un malamore è meglio di un non amore. I numeri registrarono una inversione di tendenza prima del Covid: i report presentati al Governo segnalavano che il motore di cambiamento fossero le giovani donne tra i 20 e i 30 anni, molto più capaci delle generazioni precedenti di identificare precocemente i fattori di rischio e chiudere sul nascere rapporti potenzialmente pericolosi e lesivi. Al momento, non sono certa che il sentimento dominante sia ancora questo, banalmente a partire dal fatto che in questo segmento generazionale il trend è diventato quello della non relazione, della non coppia. Le ragioni sono diverse, ma comprendono il terrore dell’Altro. Ci si mantiene alla larga dal materiale umano come radioattivo, ci si astiene, ci si sta a debita distanza come tentativo di prevenzione. Come mi ha detto Chiara una volta: “Io so cosa possa farmi di male un ragazzo, lo sento al TG. Ma cosa può farmi di bene?” Non è ancora chiaro a un sufficiente numero di persone se il problema della violenza di genere sia maschile o femminile, se il catcalling vada combattuto o trovato lusinghiero e divertente, se tutti gli uomini siano pericolosi in quanto testimonial del patriarcato oppure no , se sotto un certo numero di giorni di prognosi sia comunque violenza, se controllo, gelosia e fanatismo del possesso siano segnali di interesse o di follia - e potrei proseguire. All’interno di questa opportunità di esprimersi in materia di violenza come se fosse un referendum democratico anziché qualcosa di inequivocabile, riconoscibile e deprecabile senza eccezioni, si rende davvero molto arduo ogni tentativo di sensibilizzazione, contrasto e riscrittura delle regole dei rapporti. Occorre a mantenere l’ordine costituito sì].