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Allarme giovani e droga, Feder (Casa del Giovane) a Mantovano: “Servono risorse"

Cronaca

Agnese Ranaldi

Account Instagram: Casa del Giovane - Pavia

Nel centro con sede a Pavia che accoglie ragazzi e ragazze che vivono in contesti di disagio sociale a riprendere in mano la loro vita, oggi è stato in visita il sottosegretario di Stato, che ha incontrato gli ospiti e ascoltato le testimonianze dei diretti interessati

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“Stanotte ero al bosco di Rogoredo perché una mamma mi ha chiesto di andare a prendere sua figlia dipendente da droghe. Tu l’agganci, la porti via, ma poi l’attesa per la presa in carico a Milano è di 3 mesi: oggi c’è bisogno di risposte tempestive”. La Casa del giovane di Pavia dove lavora l’educatore e psicologo Simone Feder accoglie i ragazzi e le ragazze che vivono in condizioni di disagio sociale. È nata negli anni '60, per poi strutturarsi definitivamente nel 1971. Oggi ha ospitato la delegazione che accompagnava Alfredo Mantovano, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega in materia di politiche antidroga, per un incontro con i ragazzi e le ragazze del centro. “È un’occasione per conoscere anche ospiti della tenera età di 14 anni – dice Feder - Abbiamo cercato di raccontargli che bisogna accelerare i tempi, il sistema attuale è troppo lento”. 

Le persone dipendenti da droghe si fanno sempre più giovani

L’uso di droghe tra i giovani non è un fenomeno nuovo, ma oggi si parla di giovanissimi. Andrea, ad esempio, aveva 14 anni quando si è rivolto alla Casa. “Non mi ero mai reso conto di quanto la mia vita fosse incasinata – racconta - Tutte quelle volte passate fuori casa per non sentire i miei genitori litigare tra di loro e con me e sentire il mio corpo cedere sotto il peso del mio stesso stile di vita mi ha portato, volente o nolente, a chiedere una mano qualcuno che potesse aiutarmi a raggiungere un sollievo dalle mie fatiche”. Anche per Dylan, quando si è sentito pronto, il riferimento è stato la Casa dei Giovani. “Quattro anni fa mi trovavo nel boschetto di Rogoredo e il mio unico scopo era racimolare soldi per poi potermi drogare – racconta - Dopo diversi anni passati così il mio fisico ha ceduto e mi sono ritrovato in ospedale. Da lì ho capito che avrei potuto fare qualcosa della mia vita: avere una casa, un lavoro, una vita normale. Ho chiesto aiuto a Simone, che aveva provato svariate volte in quegli anni ad aiutarmi ma io non sentivo che era il momento perché credevo di potercela fare da solo”.

Mantovano: "Il problema è anche scarsa mobilità tra regioni"

Per aiutare persone come Andrea e Dylan, il sistema di accoglienza necessita di un cambiamento profondo. “Dobbiamo andare a cercare i giovani nei luoghi della perdizione – dice Feder - entrare nelle scuole, gridare questo disagio dai tetti prima che sia troppo tardi. Dobbiamo intervenire prima che la sofferenza si radichi in età così fragili, portandoli verso la cura”. L’allarme, per l’educatore, è reale: “Abbiamo rilevato un’idea di morte crescente. Il problema è soprattutto la solitudine, ma crescono anche i disturbi d’ansia, i disturbi alimentari, l’autolesionismo – spiega Feder - Che futuro ci aspetta?”. Mantovano ha preso l’impegno di lavorare perché non sia “troppo lungo il tempo che decorre tra quando una persona decide di intraprendere il percorso di recupero e quando lo inizia”. E ha aggiunto che “la questione è anche la mobilità: una persona può avere necessità di spostarsi da una regione a un'altra per affrontare un percorso di recupero, ma fino ad oggi non è stato possibile, a differenza di quello che accade quando uno ha una qualsiasi altra patologia”.

La Casa del Giovane

La Casa del Giovane aiuta i ragazzi e le ragazze a immaginarsi di nuovo una vita sociale equilibrata. Il percorso terapeutico prevede anche laboratori artigianali che impegnano i ragazzi durante la giornata, per cercare di prepararli al mondo del lavoro. “I nostri cancelli sono sempre aperti, sono liberi di andarsene, ma non se ne vanno. Cosa li trattiene? È una questione di relazioni: si sentono visti, sentono che qualcuno ha cura di loro”, spiega Feder. Questo ha un effetto positivo anche sull’autostima dei ragazzi, che riescono così a rialzarsi affidandosi alle proprie ritrovate capacità. “Mi sto sentendo orgoglioso di molte cose che prima non riuscivo neanche a considerare. Sono qua da 8 mesi circa e sento di aver aumentato la mia capacità di portare avanti obiettivi, senza sotterfugi e debolezze, anche faticando a restare”, racconta Andrea. E ora, a testa dritta, può guardare avanti: “In futuro mi piacerebbe insistere sulle passioni e sui valori coltivati qui– dice - perché tutto ciò mi fa stare bene”.

 

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