L'imprenditrice lo ha detto al quotidiano "La Stampa" dopo che il Garante della privacy ha di fatto "scagionato" Segre dopo i fatti del luglio 2023, quando il banchiere ruppe la sua relazione con la donna in un filmato che diventato virale sul web ma non solo. Per il Garante, infatti, il banchiere "ha dato incarico a un investigatore privato di effettuare una ripresa video del discorso nell'ambito di un'attività di tipo investigativo diretta a precostituire un documento da produrre in giudizio"
“Prendo atto della sentenza, ma il vero problema è l’utilizzo indiscriminato dei video”. Lo ha detto l’imprenditrice Cristina Seymandi al quotidiano “La Stampa”, commentando la recente sentenza attraverso la quale il Garante della privacy ha ritenuto Massimo Segre, noto banchiere torinese ed ex della donna, non imputabile per la diffusione del video della fine della loro relazione. I fatti risalgono al luglio del 2023, quando in un party che tutti credevano preannunciasse le nozze, Segre ruppe la sua relazione con Seymandi parlando pubblicamente di diversi tradimenti della donna. Il filmato diventò poi virale sul web e sui social, oltre che sugli altri media, estendendo la platea del pubblico coinvolto. Tanto che proprio il Garante decise di aprire un fascicolo d’indagine, chiuso per l’appunto nei giorni scorsi, “scagionando” di fatto Segre.
La sentenza del Garante e le parole di Seymandi
Per il Garante, infatti, il banchiere "ha dato incarico a un investigatore privato di effettuare una ripresa video del discorso nell'ambito di un'attività di tipo investigativo diretta a precostituire un documento da produrre in giudizio, nella prospettiva di un contenzioso con la Seymandi, senza mai autorizzarne la diffusione o un uso differente da quello processuale per il quale è stato conferito l'incarico". Secondo lo stesso Garante, come aveva riportato sempre “La Stampa”, la diffusione del filmato non è dunque imputabile a Segre. In merito al video il Garante ha sottolineato che "in esito all'istruttoria svolta, si reputa che gli elementi acquisiti non abbiano evidenziato la sussistenza di una violazione della liceità e correttezza del trattamento". “È chiaro che questo tipo di filmati vada a inficiare la vita e la privacy delle persone e, a volte, anche dei loro percorsi professionali e personali”, ha riferito ancora Seymandi dopo la sentenza. “La mia vita privata è stata posta davanti al giudizio di una platea di persone, che hanno commentato in modo indiscriminato quanto è accaduto. Chi ha diffuso questo video ha dato in pasto a tutti anche la vita delle persone che mi stanno vicine, come mia mamma, mia figlia e mia sorella. È stata una cosa terribile”, ha proseguito l’imprenditrice. Secondo cui diventa sempre più importante porre un freno alla diffusione di video e materiali simili. Ad esempio, accorciando le tempistiche legate al “diritto all’oblio”, legato alla cancellazione dei propri dati personali dal web. “Penso che il diritto all’oblio dovrebbe essere invocato immediatamente, non appena questi video vengono messi in rete, almeno nei casi che non sono di interesse pubblico, proprio come è stato il mio”, ha concluso Seymandi. Anche perché “una cosa del genere potrebbe capitare a chiunque”.