Legale famiglia Verzeni: "Non si parli di raptus". Vicina Sangare: "Avevamo paura di lui"

Cronaca
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Moussa Sangare, 31 anni, nato a Milano da una famiglia di origini del Mali, ha confessato di essere l'assassino di Sharon Verzeni, la 33enne di Terno d'Isola uccisa la notte del 30 luglio. Prima di accoltellarla le avrebbe detto: "Scusa per quello che ti sto per fare". E La donna mentre era colpita chiedeva: "Perchè? Perchè?" Sangare ha raccontato di essere poi fuggito in bicicletta e di averla modificata nei giorni successivi in alcuni componenti per evitare che potesse essere individuato grazie al mezzo

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Moussa Sangare, prima di accoltellare a morte Sharon Verzeni, le avrebbe detto: "Scusa per quello che ti sto per fare". E La donna mentre era colpita chiedeva: "Perchè? Perchè?". E' un dettaglio, da quanto si è appreso, dell'interrogatorio reso dal fermato per l'omicidio della barista a Terno d'Isola. Secondo la ricostruzione che il 31enne ha fornito nell'interrogatorio, era uscito dalla sua casa occupata di Suisio un'ora prima del delitto con un coltello con l'intenzione di colpire una qualsiasi persona. Durante il percorso aveva minacciato due ragazzini, uno con la maglietta del Manchester. Poi ha visto Sharon e l'ha seguita, bloccandola. Ha raccontato che "guardava le stelle con le cuffiette" e l'ha accoltellata puntando al cuore. Poi è fuggito a tutta velocità in bicicletta. 

Sangare era stato segnalato ai servizi

Sangare era stato segnalato ai servizi sociali del comune di Susio. Lo avevano fatto sia la sorella sia i vicini di casa per i comportamenti irascibili del ragazzo. La prima richiesta d'intervento era stata fatta nel luglio 2023 quando il 30enne aveva dato fuoco alla cucina dell'appartamento in cui abitava insieme alla madre e la sorella minore 24enne. Il sindaco aveva firmato un'ordinanza di inagibilità dell'immobile al secondo piano della palazzina di via San Giuliano. Nei mesi successivi la sorella aveva provato anche a sollecitare un intervento di tipo sanitario, che sarebbe caduto nel vuoto. Parallelamente Sangare era stato denunciato alla procura in tre occupazioni diverse, l'ultima nel maggio 2024 per l'ipotesi di maltrattamenti familiari. Era stato attivato il codice rosso dal pm di Bergamo. Non erano state adottate - si apprende - misure cautelari perché Sangare non aveva avuto più rapporti con la madre e la sorella.

Il legale della famiglia Verzeni

L'avvocato della famiglia di Sharon Verzeni, Luigi Scudieri, respinge  l'idea del raptus che potrebbe aver colto l'omicida reo confesso della donna. "Ho sentito parlare in queste ore di 'raptus improvviso', di 'scatto d'ira' e assenza di premeditazione. Tuttavia faccio notare che il signor Moussa Sangare sarebbe uscito di casa con ben quattro coltelli e prima di uccidere Sharon ha avuto tutto il tempo di minacciare anche altre due persone. Queste farebbero bene a farsi avanti". "Mi ha molto stupito - aggiunge - che si sia parlato di 'verosimile incapacità' subito dopo il fermo, prima ancora di un esame completo di tutti gli atti".

La confessione

Moussa Sangare, 31 anni, nato a Milano da una famiglia di origini del Mali, ha confessato di essere l'assassino di Sharon Verzeni, la 33enne di Terno d'Isola uccisa la notte del 30 luglio. "Non so perchè, l'ho vista e l'ho ammazzata" ha detto. Era stato denunciato da madre e sorella per maltrattamenti. Ha avuto collaborazioni con i rapper Izi ed Ernia e voleva entrare nel mondo dello spettacolo. L'avvocato parla di problemi psichiatrici. Ma gli inquirenti contestano la premeditazione. Lui stesso ha indicato l'arma del delitto, seppellita a Medolago, vicino al fiume Adda e che è stato già inviato al Ris per aver la certezza che sia il coltello con cui è stata uccisa Sharon. Gli atri tre coltelli e i suoi vestiti sporchi di sangue li ha gettati in un sacchetto nel fiume, recuperato dai sommozzatori.

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La testimonianza

"L'unico rimpianto è non aver potuto fare qualcosa per salvare Sharon. Se fossimo stati più vicini al luogo dell'omicidio, forse avremmo potuto salvarla". In un’intervista rilasciata a Repubblica due ragazzi (italiani di origine marocchina, riporta il quotidiano) di 25 e 23 anni hanno raccontato di come hanno partecipato alle indagini dando un aiuto decisivo ai carabinieri nell'identificazione dell''uomo in bicicletta'. "Io mi sto allenando per il titolo italiano di kickboxing, lui gioca a calcio in prima categoria. Quella sera eravamo usciti come al solito molto tardi per allenarci - hanno dichiarato i due testimoni -. Era più o meno mezzanotte, eravamo a Chignolo vicino alla farmacia e davanti al cimitero dove ci siamo fermati per fare delle flessioni. A quel punto sono passati due nordafricani in bicicletta, poi un terzo. Lui ci è rimasto impresso, perché era un po' strano. Aveva una bandana in testa e un cappellino, uno zaino e gli occhiali. Ci ha fissato a lungo e poi ci ha fatto una smorfia. Non lo avevamo mai visto prima". E ancora: "Abbiamo raccontato di quel ragazzo quando siamo stati chiamati in caserma. A un certo punto ci hanno fatto anche i complimenti perché ci ricordavamo tutto. Ora ci sentiamo orgogliosi per essere stati utili all'identificazione dell'assassino". 

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Le parole di una vicina di Sangare

“Avevamo paura” di Moussa Sangare. “Dicevo a mio marito e mio figlio di stare alla larga da lui. È un anno che denuncio, ho chiamato sindaco, assistenti sociali e carabinieri”, ma “qua deve succedere il fatto perché qualcuno intervenga”. A sfogarsi con i giornalisti appostati fuori dalla casa di Suisio in cui viveva il 31enne fermato per l’omicidio di Sharon Verzeni è Clotilda, che da sette anni vive sotto la famiglia Sangare.  “Alle tre di notte sentivo le botte, sembrava che venisse giù il soffitto”, dice la donna, descrivendo Sangare come “una persona con rabbia accumulata, che nel subconscio ha il male. Non era gentile, era fuori di sé”. Per questo la vicina invita a non far passare l’omicidio di Sharon Verzeni “come un raptus, perché lui ha fatto violenza alla sua famiglia”. La donna riferisce anche che Sangare avrebbe “incendiato casa sua. C’era fumo” . E poi “stava qua strafatto, dovevo passargli sopra. Entrava” nella casa del pianterreno occupata dopo la denuncia per maltrattamenti da mamma e sorella “dalla finestra. Lo trovavamo qua di notte alle tre o alle quattro”. 

Ruocco torna a Terno d’Isola

Sergio Ruocco intanto, il compagno di Sharon Verzeni, è tornato a Terno d’Isola. Non nella villetta di via Merelli in cui viveva da tre anni con la compagna. La casa è infatti ancora sotto sequestro. “Mi faranno sapere la prossima settimana credo”, dice Ruocco, intercettato dai cronisti durante una passeggiata nel centro del paese. Tra i fiori, i ceri e i santini lasciati nei giorni scorsi in via Castegnate, nel punto in cui il 30 luglio è stata uccisa Sharon, nelle ultime ore qualcuno ha portato un cartello con la scritta "Giustizia è fatta". "Terno non è un posto sicuro sotto molti punti di vista - c'è scritto in un'altra lettera portata in via Castegnate - Ci sono persone che non pensano nemmeno una volta a ciò che fanno, spero la tua morte non sia stata vana". 

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