Treno deragliato a Pioltello, pm chiede oltre 8 anni per ex ad di Rfi

Cronaca

La requisitoria dei pubblici ministeri al processo sul disastro ferroviario di Pioltello del 25 gennaio 2018 in cui morirono tre persone e oltre 200 rimasero ferite. Nove gli imputati, tra cui, oltre all'ex ad Maurizio Gentile, ci sono altri ex dirigenti, dipendenti e tecnici di Rfi

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I pubblici ministeri di Milano, Maura Ripamonti e Leonardo Lesti, hanno richiesto una pena di 8 anni e 4 mesi di carcere per Maurizio Gentile, ex amministratore delegato di Rete Ferroviaria Italiana. Gentile è uno degli imputati nel processo riguardante il disastro ferroviario avvenuto a Pioltello, in provincia di Milano. L'incidente, che si è verificato il 25 gennaio 2018, fu causato dal deragliamento del treno regionale Cremona-Milano Porta Garibaldi e provocò la morte di tre persone, con oltre 200 feriti. Al centro del procedimento le accuse di disastro ferroviario colposo, omicidio colposo, lesioni colpose e "omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro".

I pm: "Per Rfi sanzione di 900mila euro"

Oltre a quella dell'ex ad di Rfi, i pm hanno chiesto altre 4 condanne per ex dirigenti, dipendenti e tecnici di Rete ferroviaria italiana a pene fino a 8 anni e 4 mesi di reclusione. Chiesta anche la condanna di Rfi a 900mila euro di sanzione pecuniaria. Per altri tre imputati è stata chiesta l'assoluzione. Secondo i pm, il disastro ferroviario non fu "un fatto occasionale legato alla colpa" di "pedine che stavano più in basso", ossia degli operai, "ma la colpa arriva fino all'amministratore delegato". Ripamonti e Lesti, che hanno parlato per due udienze e che hanno depositato un'ampia memoria ai giudici (presidente del collegio Elisabetta Canevini), oltre alle pene accessorie, hanno comunque chiesto per tutti e cinque gli imputati che devono essere, a loro dire, condannati (tre le richieste di assoluzione) la "concessione delle attenuanti generiche, perché c'è stato un risarcimento danni per le persone offese, in particolare per i familiari delle tre donne rimaste uccise e per molti feriti e questo è un comportamento apprezzabile, così come quello tenuto nel processo da parte degli imputati di sottoporsi all'esame". 

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"Imputati hanno scaricato resposabilità sugli operai"

I pm nella requisitoria, in sostanza, hanno spiegato a più riprese che Rfi e gli imputati hanno cercato di scaricare le responsabilità sugli operai manutentori. Si può dire "con certezza che l'incidente avvenne per la rottura del giunto" sulla rotaia e che vanno analizzate le "responsabilità e i comportamenti che causalmente, non avendo provveduto alla corretta manutenzione del giunto, possono ritenersi condizione dell'evento". Giunto che andava sostituito e non fu fatto, tanto che la pm Ripamonti, quando arrivò sul posto quella mattina, vide i "giunti nuovi" là e mai usati. I pm hanno evidenziato "il paradosso" di una linea ferroviaria in cui si voleva la circolazione di più treni e ciò aumentava "lo stress stesso della linea, mentre si riduceva lo spazio manutentivo, c'erano sempre meno intervalli per fare manutenzione, perché per ogni treno che saltava la società rischiava di pagare penali".

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La difesa: "Chieste condanne su pregiudizio"

L'avvocato Ambra Giovene - difensore degli ingegneri Umberto Lebruto e Vincenzo Macello, per cui sono state chieste condanne rispettivamente a 8 anni e 4 mesi di reclusione e 7 anni e 10 mesi - ha commentato in una nota la requisitoria dei pm. La legale, ha scritto che per i pubblici ministeri di Milano, i due imputati "non hanno evitato il disastro ferroviario di Pioltello. Per l'ennesima volta si pretendono condanne per ruoli apicali". Poi si legge ancora: "Il reato è diventato una colpa per talune categorie sociali. Una deriva ignota al mondo civile occidentale. Il processo ha dimostrato - prosegue il legale - che ogni scelta è stata compiuta nel rispetto di un sistema complesso, correttamente regolato, certificato e organizzato. Ma osservare la legge non basta. Il sospetto è diventato regola di giudizio e la responsabilità da posizione pare tranquillizzare gli animi. È l'unico modo per non rendere giustizia né agli imputati né alle vittime. Le richieste di condanna non hanno alcun fondamento probatorio e si fondano su un pregiudizio che non dovrebbe mai trovare ingresso in un'aula di tribunale".

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