Il 68% degli italiani è certo di fare una vacanza, contro il 62% dello scorso anno. Cala il mare e crescono città d'arte, montagna, laghi e campagna. Sono alcuni dei dati della quinta edizione della ricerca sulle vacanze degli italiani condotta da 'YouTrend' per conto di Wonderful Italy, azienda leader in Italia nella gestione di case vacanza
Voglia di vacanza. Cresce del 6% il numero degli italiani che hanno deciso di andare in ferie quest'estate: il 68% è certo di fare una vacanza, contro il 62% dello scorso anno. È questo il primo dato che emerge dalla quinta edizione della ricerca sulle vacanze degli italiani condotta da "YouTrend" per conto di Wonderful Italy, azienda leader in Italia nella gestione di case vacanza.
A sorpresa cala il mare dal 67% al 45% e ne beneficiano le altre destinazioni: città d'arte in crescita dal 6% al 19%, montagna dal 15% al 18%, laghi dal 3% all'8% e campagna dal 4% al 7%.
Tutti all'estero
Secondo quanto rilevato continua ad aumentare la quota di italiani che sceglie l'estero al posto dell'Italia. Nel 2022, primo anno post-pandemia, la percentuale era salita al 12% e nel 2023 ha segnato un ulteriore salto in avanti al 18%. Quest'anno, addirittura, il 21% degli intervistati andrà in vacanza oltre confine. Anche chi resta in Italia torna a preferire le destinazioni più lontane rispetto al luogo di residenza. Sale infatti dal 27% al 32% chi si sposterà fino a 500 km e dal 28% al 37% chi farà più di 500 km.
C'è chi resta
Sulla scelta di rinunciare alle ferie estive pesano i problemi economici, segnalati dal 13% degli intervistati, in calo rispetto al 2023, quando il 16% era rimasto a casa per ragioni economiche.
Quest'anno il 66% degli intervistati ha dichiarato che il rincaro dei prezzi influisce sulla scelta di andare in vacanza, mentre nel 2023 era il 70%. Altri fattori economici come l'aumento dei tassi di interesse su mutui e prestiti hanno ripercussioni per il 62% dei casi, in calo di 3 punti dall'anno scorso. Le preoccupazioni relative al lavoro e ai cambiamenti climatici pesano rispettivamente per il 33% e per il 31% delle persone.