Marcello Colafigli, chi è il boss della Banda della Magliana arrestato a Roma

Cronaca

Detto anche Marcellone tra i capi storici dell'organizzazione criminale romana, attiva tra la fine degli anni settanta all'inizio degli anni novanta, era stato condannato all'ergastolo per quattro omicidi e si trovava in semi-libertà dal 2020

 

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Marcello Colafigli detto Marcellone, 70 anni, condannato all’ergastolo per quattro omicidi, in semilibertà dal 2020, guidava una banda dedita al traffico di droga. Nato nel 1953 a Poggio Mirteto, in provincia di Rieti, nel Lazio, boss della banda della Magliana, è stato arrestato dai carabinieri nel corso di un'operazione antidroga che ha portato il gip a emettere 28 misure cautelari per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti ma anche tentata estorsione e tentata rapina. 

La banda della Magliana e l'agguato a De Pedis

Marcello Colafigli è stato riconosciuto – insieme a Franco Giuseppucci, Enrico De Pedis, Maurizio Abbatino e Nicolino Selis -, come uno dei promotori della Banda della Magliana, attiva a Roma tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '90. Orfano di madre e sopravvissuto a un parto gemellare in cui il fratello nacque morto, Marcello Colafigli aveva un altro fratello che faceva parte di una banda dedita allo spaccio. Con più ergastoli sulle spalle, Colafigli è stato condannato, tra l'altro, per il sequestro e l'omicidio del duca Massimo Grazioli Lante della Rovere nel 1977, considerata come l'azione con cui la Banda ha iniziato la propria attività criminale, e l'omicidio, come mandante, di Enrico De Pedis detto "Renatino". Il boss della banda De Pedis fu attirato in un'imboscata con la complicità di Angelo Angelotti - 'Il Giuda' -, in una bottega d'antiquario di via del Pellegrino, il 2 febbraio 1990. 

 

Dall'alba, su delega della Procura di Roma, i Carabinieri del Comando Provinciale di Roma, nella provincia di Napoli, supportati dai comandi dell'Arma territorialmente competenti, hanno eseguito misure cautelari, emesse dal Gip di Roma, nei confronti di 17 persone (7 in carcere e 10 ai domiciliari), di cui 13 indiziate di appartenere a una organizzazione dedita a truffe ed estorsioni in danno di anziani e gli altri 4 di averli aiutati nell'esecuzione dei colpi. La 'centrale' era a Napoli, con telefonate si adescavano le vittime, su auto a noleggio i truffatori le raggiungevano a Roma e in altre città. 
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Il ricovero nel manicomio criminale di Aversa

Colafigli era stato anche rinchiuso nel manicomio criminale di Aversa, da cui era evaso, dopo che aveva giustificato la partecipazione a un agguato a Roma del 1981 per vendicare l'uccisione di Franco Giuseppucci, "Er Fornaretto", sostenendo che lo stesso boss gli fosse apparso in sogno per chiedergli di uccidere i fratelli Proietti, ritenuti responsabili della sua uccisione.

 

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