Strage piazza della Loggia, Mattarella: "Quella bomba voleva cancellare conquiste sociali"
CronacaIl presidente della Repubblica ha commemorato a Brescia chi perse la vita alle 10.12 del 28 maggio 1974. Ha ricordato gli attentati di quegli anni, quando "segnali cupi si addensavano" sull'Italia: il neofascismo "tramava per un nuovo regime autoritario", anche grazie a "una oscura rete di complicità, costituita da silenzi, benevolenze, omissioni, coperture"
Cinquant’anni fa, era il 28 maggio 1974, alle 10.12 una bomba nascosta in un cestino esplodeva in Piazza della Loggia, a Brescia, durante una manifestazione sindacale: otto morti, 102 feriti e un’infinita vicenda giudiziaria per trovare i responsabili che non è riuscita a chiarire del tutto quanto successo. Con quella bomba il neofascismo - e i suoi complici - intendeva cancellare le conquiste politiche e sociali di una Repubblica italiana ancora giovanissima, ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella commemorando il "barbaro atto di terrorismo" al Teatro Grande di Brescia. Da lì un riferimento anche al quadro internazionale di oggi "caratterizzato da guerra e violenza": si intravede "il disegno di minare i valori di libertà e democrazia". Un "tentativo che, oggi, come allora, va respinto". Prima del discorso Mattarella ha deposto una corona di fiori davanti alla stele che ricorda le vittime, poi si è spostato al Teatro per un incontro privato con i parenti delle persone morte. In piazza anche Franco Castrezzati, il sindacalista, oggi 98 anni, che la mattina del 28 maggio 1974 stava parlando dal palco quando esplose l'ordigno.
Mattarella: "Dolore e terrore attraversarono l'intera Italia"
Mattarella ha assistito alla proiezione del docufilm 10' e 12'', con immagini e fotografie della strage e dei funerali delle vittime, ricolorate a mano, fotogramma per fotogramma, e rimontate con le registrazioni audio originali. “Le immagini che abbiamo appena visto – ha detto il capo dello Stato - ci hanno ricondotto a quei momenti oscuri e tristi, ci hanno fatto rivivere lo sbigottimento, il dolore, il terrore che attraversarono l’intera Italia per quella strage”. Poi ha ricordato “il boato dell’esplosione, il fumo, il sangue, le sirene delle ambulanze, la concitazione dei primi soccorsi, le urla e il pianto dei feriti, il lutto e la sofferenza – indicibile - dei familiari. Uno scenario raccapricciante e perenne per chi - ed erano molti - ne fu diretto spettatore”.
"Segnali cupi si addensavano sulla nostra Repubblica"
"Segnali cupi e minacciosi si addensavano sulla nostra giovane Repubblica, generando inquietanti interrogativi: chi c’è dietro l’attentato? Cosa succederà ora? Reggeranno le istituzioni, lo Stato, la democrazia?", ha detto Mattarella tornando con la memoria al 1974. Ha parlato di "spinte eversive, tensioni violente e strategie destabilizzanti, talvolta con la complicità occulta e ignobile di uomini che violavano i doveri di fedeltà alla Repubblica". Poi ha ricordato che la strage di Brescia arrivò dopo "numerosi gravi episodi in questo territorio nei mesi immediatamente precedenti: pestaggi, intimidazioni, attentati neofascisti contro sedi di istituzioni, di sindacati, di cooperative, di giornali, di scuole, di forze dell’ordine".
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"Con quella bomba si volevano fermare le conquiste politiche e sociali"
La manifestazione del 28 maggio 1974, ha ricordato Mattarella, era proprio la risposta "della società civile bresciana contro questa serie di inaccettabili minacce e violenze". L'intento immediato degli attentatori era chiaro: "Punire e terrorizzare chi manifestava contro il neofascismo e in favore della democrazia" e destabilizzare le istituzioni democratiche. Insomma: "Con quella bomba si volevano fermare le conquiste sociali e politiche".
"In Italia si tramava per nuovo regime autoritario"
Gli ideatori della strage "volevano riportare il tempo indietro a una stagione oscura, segnata dall’arbitrio della violenza, dalla sopraffazione, sfociata nella guerra". Lo stesso anno, ha messo in luce il capo dello Stato, mentre "i popoli di Portogallo e di Grecia si liberavano finalmente dell’oppressivo fardello dei regimi autoritari, in Italia vi era chi tramava e complottava per instaurarvi un nuovo regime autoritario".
"Neofascismo era aiutato da oscura rete di complici"
La galassia neofascita in quei giorni "si nutriva di giovani manovrati, di militanti violenti, di ideologi raffinati e perversi", grazie a "una oscura rete di complicità, costituita da silenzi, benevolenze, omissioni, coperture". Mattarella ha quindi menzionato quanto fatto dalla "stessa matrice" eversiva: "Piazza Fontana, a Milano, nel 1969, a Gioia Tauro nel luglio del 1970, a Peteano, nel 1972, alla Questura di Milano nel 1973". Ma anche dopo Brescia si continuò "a praticare quella strategia della tensione, provocando nuovi spaventosi spargimenti di sangue innocente sul treno Italicus", poi "a Bologna nel 1980 – la più grande strage del terrorismo neofascista – e ancora, nel 1984, di nuovo a San Benedetto Val di Sambro".
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Le stragi di Stato
"Nella polemica dell’epoca ci fu chi, a proposito di questa impressionante catena di attentati, parlò di stragi di Stato", La definizione, ha detto Mattarella, "suscita passioni, sollecita sdegno". Ma soprattutto fa riflettere, "perché era lo Stato democratico il bersaglio dei terroristi e lo Stato democratico non si identifica con complici, pavidi, corrotti, o addirittura infiltrati in apparati dello Stato per cercare di corroderlo dall’interno". Proprio allo Stato "appartengono i magistrati, inquirenti e giudicanti, le forze dell’ordine che, con fatica e tenacia, hanno condotto indagini e hanno raggiunto certezze su molti e fondamentali aspetti di quegli attentati".
"Lo Stato ha prevalso sul terrorismo"
Mattarella ha quindi ribadito: "Di fronte alla guerra violenta di opposti terrorismi – nero e rosso – che - in quella stagione di sangue e di aspri conflitti internazionali provarono a rovesciare la Repubblica e la sua democrazia, possiamo dire oggi, con certezza, che ha prevalso lo Stato, la Repubblica, il suo popolo, con i suoi autentici, leali servitori".
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Le vittime della Strage della Loggia
Otto rintocchi di campane in una piazza in silenzio oggi, alle 10.12 in punto, hanno ricordato chi ha perso la vita il 28 maggio 1974. Le vittime furono Giulietta Banzi Bazoli, 34 anni, insegnante di francese, Livia Bottardi in Milani, 32 anni, insegnante di lettere alle medie, Alberto Trebeschi, 37 anni, insegnante di fisica e la moglie Clementina Calzari, 31 anni, insegnante, Euplo Natali, 69 anni, pensionato, ex partigiano, Luigi Pinto, 25 anni, insegnante, Bartolomeo Talenti, 56 anni, operaio e Vittorio Zambarda, 60 anni, anche lui operaio.
La strage torna davanti alla giustizia
E proprio nella settimana del suo 50esimo anniversario la Strage di Piazza della Loggia torna davanti alla giustizia. Al tribunale dei Minori giovedì 30 maggio inizierà il processo a Marco Toffaloni, all'epoca non ancora 17 anni - li avrebbe compiuti il successivo 2 giugno - e ritenuto con Roberto Zorzi, imputato davanti alla Corte d'Assise di Brescia, uno degli esecutori materiali della strage. Sarebbe lui ad aver messo nel cestino l'ordigno esplosivo, in una zona, sotto i portici di Piazza della Loggia, dove solitamente sostavano le forze dell'ordine. Toffaloni oggi è cittadino svizzero, Zorzi vive negli Stati Uniti. Avrebbero fatto parte del gruppo veneto collegato a Ordine Nuovo e a Carlo Maria Maggi che con Maurizio Tramonte è stato condannato in via definitiva all'ergastolo per l’attentato. Maggi è deceduto anni fa, mentre Tramonte sta scontando il fine pena. Si è sempre dichiarato innocente.