Strage di Casteldaccia, fuori pericolo l’operaio sopravvissuto
CronacaMigliorano le condizioni dell'unico dei sei operai estratto ancora in vita dall’impianto della rete fognaria in cui il 6 maggio sono morti Epifanio Alsazia, Roberto Raneri, Ignazio Giordano, Giuseppe Miraglia e Giuseppe La Barbera. Il professore Antonello Giarratano, direttore della Unità operativa complessa di Terapia intensiva e del dipartimento di Emergenza del Policlinico di Palermo, dice: fondamentali sono state le tempestive cure ricevute dal medico specializzato presente a bordo dell'ambulanza.
Il primo operaio tirato fuori ancora in vita dai vigili del fuoco dall'impianto della rete fognaria di Casteldaccia e arrivato in condizioni disperate al policlinico di Palermo è uscito dalla terapia intensiva e proseguirà le cure in un reparto specializzato di Medicina interna. I medici del Policlinico di Palermo hanno sciolto la prognosi. "Il quadro clinico, laboratoristico e strumentale permette di sciogliere la prognosi “ quoad functionem”, in particolare per il recupero della piena funzionalità neurologica - dice Antonello Giarratano, direttore della Unità operativa complessa di Terapia intensiva e del dipartimento di Emergenza del Policlinico. "Il paziente durante la degenza in Terapia intensiva è stato sottoposto a una serie di specifiche e complesse indagini radiologiche, al fine di accertare, e di conseguenza trattare per puntare a un recupero, lesioni compatibili con la causa scatenante occorsa e i deficit clinici rilevati e accertati dalle specifiche consulenze specialistiche, in particolare neurologica, fisiatrico-riabilitativa e logopedistica. La funzione respiratoria, sia sotto il profilo clinico che laboratoristico, è soddisfacente e stabile. Non si repertano altre insufficienze d’organo di pertinenza intensivistica".
Le cure ora proseguiranno in un reparto di area medica a elevata competenza, l’unità operativa di Medicina interna e stroke care, con il supporto continuato di tutti gli specialisti necessari a garantire "un recupero funzionale organico e psicologico che possa restituire in breve il paziente a una vita di relazione piena con i suoi familiari". Quella in cui ha trascorso dieci giorni dal momento dell’incidente è una delle tre unità di terapia intensiva da 34 posti letti attivate un anno e mezzo fa dopo un lavoro di ristrutturazione e ampliamento reso possibile, dice Giarratano “anche grazie alla volontà del Commissario Maria Grazia Furnari. E’ stato seguito il principio della verticalità per cui il paziente che arriva in quest’emergenza dal pronto soccorso può essere sottoposto a tutte le indagini radiologiche, diagnostiche nella stessa palazzina in cui si trova la terapia intensiva senza quindi dover essere trasportato e trasferito in ambulanza per fare una tac o un intervento chirurgico”.
La ripresa dell'operaio 62enne è un evento che sorprende e rallegra tutto lo staff medico. "Ringrazio il professore Giarratano e tutto il gruppo degli operatori che si sono prodigati in questo tortuoso e difficile percorso di cure - dice il commissario straordinario del Policlinico Maria Grazia Furnari -. Esprimo la vicinanza mia e dell’Azienda ospedaliera universitaria al paziente e alla sua famiglia, a cui inviamo i nostri migliori auguri per una pronta guarigione. Confermo che il nostro team medico continua a lavorare instancabilmente per fornire al paziente le cure migliori possibili e aiutarlo nel percorso verso la guarigione".
“I miei ringraziamenti vanno ai medici e gli infermieri della Terapia intensiva che si sono dedicati 24 ore al giorno al recupero delle funzioni vitali del paziente, tutti gli specialisti, i tecnici delle diverse aree mediche e delle professioni sanitarie che si sono alternati in un percorso di cure che richiede modelli organizzativi di alta efficienza. Resta il dispiacere, come medici di area intensiva – dice Antonello Giarratano -, di non poter aver potuto fare nulla per gli altri 5 operai e il nostro pensiero va a loro hanno perso la vita e a tutti i familiari che hanno sofferto e stanno soffrendo".
Ora le attenzioni dei medici si concentrano su quell’unico uomo che sono riusciti a salvare. E’ stato probabilmente l’ultimo a entrare in quell’ambiente che in pochi minuti si è trasformato in una camera a gas, probabilmente ha inalato l’idrogeno solforato (sostanza letale che si sprigiona dalla decomposizione dei liquami) in minore quantità rispetto ai suoi più sfortunati compagni di lavoro, ha subito perso i sensi, quando lo hanno recuperato era immerso nella vasca piena di melma.
“Fondamentale” dice Giarratano “è stata la presenza a bordo dell’ambulanza di un medico anestesista specializzato, preparato, con le competenze necessarie ad affrontare questo tipo di emergenza. Se il paziente è vivo probabilmente è anche grazie alle prime cure prestate sul posto, subito dopo l’incidente, dalla dottoressa Maria Chiara Ippolito, nostra anestesista rianimatore intervenuta con l’equipaggio del 118, il dottor Antonello Federico e il professore Andrea Cortegiani. Se i medici che intervengono sono medici che lavorano in terapia intensiva sono in grado di gestire ogni emergenza come se fossero in ospedale” dice Giarratano. La riforma del sistema del 118 intende risolvere il problema della carenza di medici con la presenza sulle ambulanze di medici privi della necessaria specializzazione, non in grado cioè di gestire situazioni critiche come quella accaduta a Casteldaccia” dice Giarratano. E questo dovrebbe far riflettere, è una tematica oggetto di acceso dibattito in Italia.
Fondamentali le cure a bordo dell'ambulanza
"Il caso di Casteldaccia diventa emblematico di un modello organizzativo che dovrebbe essere costantemente applicato nella gestione dell'emergenza” ribadisce il professore Giarratano . “In questo momento esiste una versione che possiamo definire ibrida del sistema 118, ci sono urgenze differibili che possono essere gestite anche da specialisti della medicina territoriale e che però potrebbero essere curate senza essere portate in ospedale, faccio l’esempio di chi deve fare un'ecografia o ha un problema di cefalea e al momento viene portato in pronto soccorso. Il sistema 118 nella nostra regione in questo momento cerca di distinguere le emergenze dalle urgenze ma in realtà non essendoci un modello organizzativo e anche legislativo nazionale di riferimento chiaro, accade che l'ambulanza può partire con un medico della medicina di emergenza territoriale che ha la formazione di 300 ore o può partire con un medico specialista in anestesia e rianimazione, che ha competenze molto più radicate ed estese. E’ chiaro che se parte per un caso di spalla slogata o per un sospetto di infarto, con il paziente che respira e non ha funzioni vitali compromesse, qualsiasi medico con una formazione di base sulla urgenza è in grado di intervenire, ma se parte per soccorrere un paziente che ha le caratteristiche dell'operaio in fin vita a Casteldaccia, in assenza di un medico specialista in area critica rischia di non salvarsi. In questo contesto preoccupa il progetto di parcellizzazione della formazione specialistica soprattutto nelle discipline dell’emergenza e della area intensiva che prevede col decreto PNRR all'articolo 44 che gli specializzandi possano essere inviati a formarsi al di fuori dalle reti formative senza un percorso che affronti tutte le necessarie alte specializzazioni e questo si rifletterebbe poi sulla qualità dei futuri specialisti. Se il nostro paziente non avesse potuto beneficiare di quel percorso ben organizzato che gli ha permesso di esser curato da specialisti con competenze di intensiva e di essere seguito oggi in una subintensiva medica , sicuramente non ce l’avrebbe fatta”.
"Noi abbiamo formulato una proposta di “riorganizzazione” che punta all’ottimizzazione delle competenze e delle skills sanitarie nell’emergenza urgenza e alla razionalizzazione degli accessi alla rete dell’emergenza-urgenza ospedaliera attraverso il Pronto Soccorso" dice Giarratano. "Siamo convinti che si possano ottenere molteplici obiettivi con progetti di riforma che non siano “ a compartimenti separati” e che la riorganizzazione ospedaliera delle aree subintensive e intensive proposta e la riforma del sistema 118 che si integra con quella del sistema delle centrali operative territoriali , debba indirizzare il paziente verso la struttura , territoriale o ospedaliera, che lo può curare con le giuste competenze e nei giusti tempi, risolvendo il sovraffollamento del Pronto Soccorso e affidando l’Emergenza agli Specialisti dell’Emergenza , la Urgenza differibile e specialistica agli Specialisti delle diverse discipline .
I “Sistemi 118” rilevano una percentuale che non supera il 5-7% del totale delle chiamate riferibili come emergenza . Significa che il restante 93/95% dei pazienti può essere trattato secondo un modello organizzativo nuovo che integra le strutture territoriali con quelle ospedaliere e, soprattutto, che in Emergenza, con queste percentuali , ci sono le risorse perché intervenga chi ne ha ne le competenze (medico con specializzazione in anestesia rianimazione e terapia intensiva e /o in medicina d’urgenza) . In tal senso occorre anche una RIFORMA sull’accesso ai corsi di laurea in medicina integrata pero’ da una riforma parallela dei corsi di specializzazione post-laurea che garantisca la formazione sul campo ( territorio ed ospedale) ma che la garantisca completa e certificata soprattutto in ambito emergenza e terapia intensiva ".
L’inchiesta della Procura di Termini Imerese
Quando l’operaio sopravvissuto sarà in condizione di farlo sarà sentito dagli agenti della squadra mobile di Palermo, diretti da Marco Basile, che indagano nell’ambito della inchiesta aperta dalla procura di Termini. Nel registro degli indagati sono iscritti, per omicidio colposo plurimo, il direttore dei lavori dell'Amap, azienda che gestisce il servizio idrico in provincia di Palermo, Gaetano Rotolo, il titolare della Quadrifoglio Nicolò Di Salvo e Giovanni Anselmo amministratore unico della Tek Infrastrutture che alla Quadrifoglio aveva assegnato l'incarico in subappalto.
Intanto la procura ha nominato due esperti chimici che insieme ai tecnici dei vigili del fuoco scenderanno nell'impianto di sollevamento a Casteldaccia per capire cosa sia successo quella mattina. Tra i dubbi da chiarire, come mai Rotolo, la mattina della strage, abbia aperto le porte dell'impianto di sollevamento alla squasra e perché gli operai, che dovevano lavorare sulla strada, siano scesi senza protezioni in quella vasca a sei metri di profondità diventata in pochi minuti una camera a gas.