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Caso nave Iuventa, la sentenza: non ci fu favoreggiamento

Cronaca

Raffaella Daino

A sette anni dall’inizio delle indagini il Tribunale di Trapani decide il non luogo a procedere per i dieci imputati, in missione di soccorso a bordo della Iuventa nel 2016 e 2017 e indagati con l’ipotesi di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Il proscioglimento con la formula assolutoria più ampia chiude un caso che, oltre che giudiziario, è diventato politico. Msf: sono stati sette anni di accuse false e infamanti, ma la criminalizzaizone del soccorso non si ferma

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Una folla di cittadini di Trapani, volontari e attivisti siciliani e altri arrivati dall’estero, si riunisce davanti al tribunale dove si svolge a porte chiuse la fase conclusiva dell'udienza preliminare del processo a carico di dieci persone accusate di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.  Sono i componenti dell’equipaggio della nave Iuventa, operatori umanitari della ong Jugend Rettet, di Save the children e Medici senza frontiere, impegnate a bordo della nave in operazioni di soccorso nel Mediterraneo centrale tra il 2016 e il 2017.  Applausi e grida di gioia accolgono le parole di uno degli avvocati Alessandro Gamberini all’uscita dall’aula. “Il giudici hanno deciso che il fatto non sussiste. Ed è una sentenza importante perché la formula assolutoria conferma che mancava la condotta materiale. I fatti contestati non erano dimostrabili perché non esistevano, come noi abbiamo più volte sostenuto, con richieste di archiviazione inoltrate alla Procura già nel 2019. Questo processo è una delle origini del processo di diffamazione e della criminalizzazione nei confronti della attività del soccorso in mare delle ong accusate ingiustamente di essere complici dei trafficanti in nome di un inesistente pull factor, quando in realtà sanno tutti che sono ben altri i motivi che spingono profughi e migranti a fuggire. L’immagine dei soccorritori è stata in questi anni inquinata, distorta, falsificata. Speriamo che questo sia un punto di partenza per rimettere al primo posto il soccorso in mare. A partire da questa pronuncia ci muoveremo perché sia rispettato il diritto di soccorrere e la vita di chi intraprende questi viaggi perché non ha un’alternativa” conclude Gamberini.

 

Sotto accusa tre operazioni di soccorso nel 2016 e 2017

 

 Le organizzazioni umanitarie erano accusate  dai pm di Trapani di aver stretto accordi con i trafficanti di uomini e di non aver prestato in realtà soccorso ai profughi ma di aver fatto loro da "taxi", trasbordandoli dalle navi libiche alle quali poi avrebbero permesso di tornare indietro indisturbate. Le accuse si sono rivelate infondate, i testimoni dell'accusa inattendibili.  Il non luogo a procedere era stato chiesto lo scorso febbraio dalla stessa Procura di Trapani dopo una inchiesta costata circa 3 milioni di euro. Nel procedimento era costituito parte civile il ministero dell'Interno che si è rimesso alla decisione del gup. I pm avevano anche disposto il sequestro dell'imbarcazione che è rimasta per anni  ormeggiata al porto di Trapani subendo danni enormi ed è ora inutilizzabile. La Jugend Rettet ha chiesto allo Stato italiano un risarcimento,  sostenuta da un esposto firmato da altre 12 ong.

 

L’equipaggio Iuventa: un processo costato 3 milioni di euro

 

Finisce così quello che le organizzazioni umanitarie definiscono “il più lungo, costoso (costato 3 milioni di euro) e vasto procedimento contro le ong impegnate in missioni di ricerca e soccorso, esempio emblematico dei grandi sforzi compiuti dalle autorità per criminalizzare la migrazione", spiegano da Iuventa. “Questo processo non avrebbe mai dovuto tenersi” dice con amarezza la portavoce Kristin  “perché non si basa su una questione di giustizia ma su una questione politica. So che dovrei provare sollievo perché è stata provata la nostra innocenza ma prevalgono la tristezza e la rabbia perché  mentre le navi sono ferme in porto la gente continua a  morire. Il risultato di un'indagine viziata e guidata da motivazioni politiche e' che migliaia di persone sono morte nel Mediterraneo o sono state riportate con la forza in una Libia devastata dalla guerra. Nel frattempo, la nostra nave è stata lasciata all’incuria ed è ormai distrutta mentre noi siamo rimasti invischiati in un procedimento che è durato sette anni".

 

"Nel tentativo di ostacolare e diffamare la flotta civile di soccorso in mare sono stati sprecati fondi pubblici per una cifra di circa 3 milioni di euro . Il nostro caso è un simbolo lampante delle strategie che i governi europei mettono in atto per impedire alle persone di raggiungere un luogo sicuro, provocando e normalizzando la morte di migliaia di persone". Per l'ong il caso Iuventa ha segnato "l'inizio di una campagna diffamatoria volta a legittimare la repressione contro i soccorsi in mare della società civile. La natura politica del caso è stata evidenziata, tra l'altro, dal fatto che il ministero degli Interni si sia costituito parte civile nel processo". Una prova che le accuse fossero "infondate sin dall'inizio" è che il pm "dopo anni di accanimento" lo scorso 28 febbraio ha chiesto il non luogo a procedere per gli imputati durante le conclusioni dell’accusa. "La repressione del soccorso, però, continua ancora oggi, incentrata ora su prassi ostruzionistiche e sanzioni amministrative, oggi fondate sull’emblematico Decreto Piantedosi, che riafferma la volontà dello Stato italiano di impedire i soccorsi in mare e la sua responsabilità per la morte di migliaia di persone"  dicono da Iuventa. "E altrettante persone in movimento continuano a essere sistematicamente arrestate con le stesse accuse - favoreggiamento dell'immigrazione irregolare - semplicemente perché si trovavano alla guida di un'imbarcazione o di un'auto. A differenza dell'equipaggio della Iuventa, queste persone non ricevono lo stesso livello di supporto e attenzione e sono spesso condannate a lunghe pene detentive".

Msf: la criminalizzazione delle ong non è finita

 

"Dopo sette anni di false accuse, slogan infamanti e una plateale campagna di criminalizzazione delle organizzazioni impegnate nel soccorso in mare, cade la maxi-inchiesta avviata dalla procura di Trapani nell'autunno del 2016, la prima della triste epoca di propaganda che ha dipinto i soccorritori come taxi del mare e amici dei trafficanti: un mastodontico impianto accusatorio basato su illazioni, intercettazioni, testimonianze fallaci e un'interpretazione volutamente distorta dei meccanismi del soccorso per presentarli come atti criminali.   Crolla il castello di accuse infondate che per oltre sette anni hanno deliberatamente infangato il lavoro e la credibilità delle navi umanitarie per allontanarle dal Mediterraneo e fermare la loro azione di soccorso e denuncia" - dice Christos Christou, presidente internazionale di Msf. "Ma gli attacchi alla solidarietà continuano attraverso uno stillicidio di altre azioni: decreti restrittivi, detenzione delle navi civili, supporto alla guardia costiera libica che ostacola pericolosamente i soccorsi e alimenta sofferenze e violazioni, mentre le morti in mare continuano ad aumentare".

 

Sono almeno 63 i procedimenti legali o amministrativi avviati da Stati europei contro organizzazioni impegnate in mare (dati giugno 2023). Nell'ultimo anno le autorità italiane hanno emesso 21 fermi amministrativi contro navi umanitarie, impedendo la loro azione salvavita per 460 giorni complessivi. "In questi anni, tutti i governi che si sono avvicendati hanno investito enormi risorse sul boicottaggio dell'azione umanitaria e su politiche di morte, ma non hanno fatto nulla per fermare i naufragi e fornire vie legali e sicure a chi fugge attraverso il Mediterraneo", afferma Tommaso Fabbri, capomissione di Msf, coinvolto nel caso Iuventa. “Le organizzazioni umanitarie sono considerate scomodi testimoni di quanto accade nel Mediterraneo centrale, trasformato in un gigantesco cimitero a causa del fallimento delle politiche migratorie dell’Italia e dell’Europa” aggiunge Marco Bertotto, responsabile advocay di Msf. "Gli obiettivi della campagna di criminalizzazione avviata alcuni anni fa sono molto chiari: tenere lontani questi testimoni e favorire i respingimenti (che sono illegali) verso la Libia".

 

Save the children: ventitremila morti in mare in dieci anni, 6 al giorno

 

"E' una sentenza che ci fa gioire perché restituisce verità ai tanti operatori umanitari ingiustamente accusati in questi anni ma siamo preoccupati per la situazione attuale, in cui l’Italia e l’Europa mettono al primo posto la difesa delle frontiere invece che il soccorso delle persone.  E intanto si contano ventitremila morti in dieci anni, 6 al giorno" dice Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the children.

 

"Questa decisione, che arriva a conclusione di una vicenda giudiziaria durata quasi sette anni, riconosce la verità sul nostro operato e sull'impegno umanitario per salvare vite in mare" ribadisce Daniela Fatarella, direttrice Generale di Save the Children, commentando la decisione del Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Trapani che ha disposto il non luogo a procedere nei confronti di tutti gli imputati, tra cui uno dei team leader della missione umanitaria di ricerca e soccorso in mare nel Mediterraneo, lanciata dall'Organizzazione nel 2016 e 2017. "Save the Children -  aggiunge  - è sempre stata fiduciosa nella conclusione positiva di questa vicenda, nella piena coscienza che i membri dell'organizzazione hanno sempre operato nella legalità, al fine di salvare vite in mare, rispondendo al proprio mandato umanitario e con il primario obiettivo di proteggere i soggetti vulnerabili, quali ad esempio minori non accompagnati e donne potenzialmente vittime di tratta e sfruttamento".  "Negli anni in cui la missione di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo centrale è stata attiva, il 2016 e 2017, Save the Children ha salvato quasi 10.000 persone che erano esposte al rischio di annegamento in mare. Tra di loro c'erano circa 1.500 bambini, molti dei quali erano separati dalle loro famiglie, che abbiamo tenuto al sicuro e protetto fino a quando hanno raggiunto un porto sicuro. Di tutto questo siamo estremamente orgogliosi. Siamo molto soddisfatti dell'esito dell'udienza preliminare e ringraziamo tutti i nostri sostenitori che, anche durante questi anni, hanno continuato a credere nei valori della nostra Organizzazione", ha concluso Daniela Fatarella. "Nel corso dell'udienza è stato possibile illustrare e portare all'attenzione del Giudice tutti gli elementi di prova che - ha aggiunto l'avvocato Jean-Paule Castagno -   hanno smentito categoricamente ogni accusa, come acclarato dalla richiesta di non luogo a procedere formulata dai pubblici ministeri. Sono inoltre emerse l'encomiabile professionalità e dedizione con le quali tutto il personale dell'organizzazione, ed in particolare il team leader responsabile per la missione, ha operato per l'intera durata della stessa".    

 

Amnesty: il soccorso torni ad essere considerato un valore da difendere

 

"L'indagine e l'azione penale sono state un chiaro esempio di violazione da parte dell'Italia del dovere di proteggere i difensori dei diritti umani e assicurare che possano svolgere il proprio ruolo senza temere rappresaglie. Ne è prova l'attenzione che anche la Relatrice speciale delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani ha dedicato all'udienza preliminare. Siamo quindi molto soddisfatti che il giudice abbia deciso per il non luogo a procedere nei confronti di tutti gli indagati" dice Elisa De Pieri, ricercatrice regionale di Amnesty International.  "Le persone e organizzazioni coinvolte - ha aggiunto - hanno comunque subito un danno grave e in larga misura irrimediabile. L'ong Jugend Rettet si è dovuta sciogliere, la sua nave 'Iuventa' è inutilizzabile, le persone coinvolte hanno vissuto in un limbo per anni e si è minata la reputazione di ong il cui lavoro si fonda sulla fiducia del pubblico. Alla luce di questa sentenza, la necessità di modificare a livello nazionale ed europeo la normativa sulla facilitazione dell'immigrazione irregolare risulta ancora più evidente, ed Amnesty International continuerà a lavorare perché ciò avvenga".   "Ora serve lavorare affinché soccorrere vite sia visto universalmente come un valore da difendere",  aggiunge  Serena Chiodo, campaigner di Amnesty International Italia presente al tribunale di Trapani.   

Elly Schlein: sentenza storica

 

 “Una sentenza storica, prosciolti tutti i membri dell’equipaggio delle ong Jugend Rettet, Save the children e Medici Senza Frontiere perché il fatto non sussiste. Questo dimostra che soccorrere è un obbligo e che come abbiamo sempre detto la solidarietà non è reato" commenta la segretaria del Partito democratico Elly Schlein. “Le organizzazioni umanitarie impegnate nelle operazioni di soccorso in mare devono essere ringraziate e non criminalizzate, perché sopperiscono alla mancanza di una Missione europea di ricerca e soccorso in mare per cui il Partito democratico continuerà a battersi: in sostanza fanno quello che dovrebbero fare gli Stati e l’Unione europea. Speriamo nessuno si azzardi mai più a chiamarle taxi del mare”, conclude Schlein.

 

Fratoianni: la giustizia vince su caso Iuventa

 

"Oggi in un'aula di un tribunale del nostro Paese un'altra demolizione dei complotti e dei pregiudizi contro le Ong e quelle navi che salvano vite nel Mediterraneo. Una vittoria della giustizia e dell'umanità. Sull'incredibile vicenda Iuventa, però, ci sono voluti ben 7 anni: anni di incubo per i volontari accusati di essere al soldo dei trafficanti di esseri umani, anni in cui una nave che poteva continuare a salvare persone è stata costretta al fermo e oggi è un rottame arrugginito" dice Nicola Fratoianni dell'Alleanza Verdi Sinistra. "Ora, però, chi allora orchestrò la campagna mediatica e politica contro le Ong, e fece di tutto per impedire la loro azione, si faccia un esame di coscienza, si guardi allo specchio". 

 

Magi, con Iuventa crolla castello fake news su ong

 

"E’ finita. Dopo sette anni e 40 udienze, arriva la parola fine di una vicenda in cui si è cercato in ogni modo di criminalizzare le Ong e introdurre una nuova fattispecie di reato: la solidarietà. Chi su questo caso ha montato il castello della sua retorica contro le organizzazioni non governative agitando lo spauracchio dei migranti oggi dovrebbe chiedere scusa e dovrebbe chiedere scusa anche chi su questo spauracchio e sulla xenofobia ha costruito la propria fortuna politica". Lo dice il segretario di Piu' Europa Riccardo Magi. "Non esistono taxi del mare, non esistono ONG amiche dei trafficanti: sono state smontate tutte le fake infondate einfamanti che politici e trasmissioni TV hanno usato per anni. Sarà dato lo stesso spazio alla notizia dell'assoluzione"?