Casa di Montecarlo, la sentenza per Fini e Tulliani slitta al 30 aprile

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Nel processo legato all'acquisto di un appartamento, per l'ex presidente della Camera i pm hanno chiesto una condanna a 8 anni, mentre per la compagna a 9 anni. Si contesta il reato di riciclaggio. Dopo l'intervento degli avvocati i giudici della quarta sezione collegiale hanno deciso di aggiornare il procedimento

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Slitta al 30 aprile la sentenza del processo legato all'acquisto di un appartamento a Montecarlo, in cui sono coinvolti Gianfranco Fini ed Elisabetta Tulliani. Questa mattina si è svolta l’udienza e dopo l'intervento degli ultimi avvocati difensori i giudici della quarta sezione collegiale hanno deciso di aggiornare il procedimento. L'ex presidente della Camera era presente in aula. La Procura di Roma, il 18 marzo scorso, ha chiesto 8 anni di reclusione per Gianfranco Fini e 9 anni per la compagna Elisabetta Tulliani. Chiesti, inoltre, 10 anni per Giancarlo Tulliani (fratello di Elisabetta) e 5 anni per il padre Sergio. È contestato il reato di riciclaggio.

Avvocati Fini: “Estremamente fiduciosi”

"Un'udienza lunga? È un processo che dura da sette anni, si figuri se l'udienza era corta. Ci vedremo il 30 aprile", ha commentato Fini lasciando il tribunale di Roma dopo il rinvio della sentenza. I difensori di Fini, gli avvocati Michele Sarno e Francesco Caroleo Grimaldi, hanno aggiunto che nel procedimento è "emersa chiaramente la prova della mancanza di responsabilità e di consapevolezza da parte di Gianfranco Fini rispetto a questa vicenda. Lo eravamo all'inizio, lo siamo adesso, estremamente fiduciosi dell'esito processuale del 30 aprile". Il collegio difensivo dell'ex presidente della Camera ha depositato ai giudici una memoria difensiva. Nel documento gli avvocati affermano che è "evidente quanto la dichiarazione resa da parte di Elisabetta Tulliani sia incontrovertibilmente atta a riscontrare quanto emerso nel procedimento relativamente alla estraneità di Fini". Tulliani "attraverso le proprie spontanee dichiarazioni si è prodotta in affermazioni auto ed etero-accusatorie. Dichiarazioni in cui, altresì, ha inteso chiarire espressamente l'inconsapevolezza, da parte di Fini, relativamente ai rapporti intercorrenti e alle azioni poste in essere dalla stessa congiuntamente al fratello Giancarlo Tulliani". Riguardo alle accuse mosse a Fini dall'allora parlamentare Amedeo Laboccetta nel corso delle indagini, i difensori hanno sottolineato che si tratta di "dichiarazioni chiaramente mendaci e frutto di un interesse dettato da motivi di livore nei confronti dell'imputato e dal desiderio di determinare (nella fase in cui le dichiarazioni sono state rese) le condizioni per una rivalutazione favorevole del proprio quadro cautelare".

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La vicenda

L'inchiesta della procura ruota attorno alla compravendita della casa di Montecarlo, lasciata in eredità dalla contessa Annamaria Colleoni ad Alleanza Nazionale, che sarebbe stata acquistata, secondo l'accusa, da Giancarlo Tulliani attraverso società off-shore. Un'operazione effettuata nel 2008, per poco più di 300 mila euro e che con la vendita dell'immobile nel 2015 fruttò un milione e 360 mila dollari. L'accusa è quella di riciclaggio dopo che nell'udienza del 29 febbraio scorso i giudici della quarta sezione collegiale avevano dichiarata prescritta l'accusa di associazione a delinquere, fattispecie contestata ad altri imputati, ma non a Fini.

Le parole di Tulliani

Nell'ultima udienza, datata 18 marzo, aveva parlato in aula Elisabetta Tulliani. "Sento il dovere di confessare le mie responsabilità: ho nascosto a Gianfranco Fini la volontà di mio fratello di comprare la casa di Montecarlo. Non ho mai detto a Fini la provenienza del denaro che ero convinta fosse di mio fratello; il comportamento spregiudicato di mio fratello rappresenta una delle più grandi delusioni della mia vita”, aveva spiegato la donna di fronte ai giudici del tribunale.

Il presidente della Camera Gianfranco Fini con la compagna Elisabetta Tulliani a Villa Miani per la cerimonia del 64/mo della costituzione dello Stato d'Israele.       ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI

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