Pubblicate dal Corrriere della Sera alcune anticipazioni del libro in uscita il prossimo 19 marzo. Dove Bergoglio parla di tutto, da Ratzinger al golpe in Argentina, passando per Maradona. E ribadisce: "Non penso alle dimissioni, ma se dovessi lasciare non mi farei chiamare Papa emerito"
Life. La mia storia nella Storia è il titolo dell’autobiografia di Papa Francesco, in uscita il prossimo 19 marzo in Europa e in America. Oggi il Corriere della Sera ha anticipato alcuni brani del libro scritto da Bergoglio assieme al vaticanista Fabio Marchese Ragona. Il Pontefice parla di sua nonna Rosa Margherita Vassallo, della sua elezione a cardinale e di Joseph Ratzinger. Ma anche dell’incontro con Diego Armando Maradona e del golpe in Argentina. E si difende dalle accuse. Tra queste, quella di essere comunista. Con un aneddoto: "Qualcuno, dopo la mia elezione a Papa, ha detto che parlo spesso dei poveri perché anche io sarei un comunista o un marxista". E ancora: "Anche un cardinale amico mi ha raccontato che una signora, una buona cattolica, gli ha detto di esser convinta che Papa Francesco fosse l’anti-papa. La motivazione? Perché non uso le scarpe rosse! Ma parlare dei poveri non significa automaticamente essere comunisti: i poveri sono la bandiera del Vangelo e sono nel cuore di Gesù! Nelle comunità cristiane si condivideva la proprietà: questo non è comunismo, questo è cristianesimo allo stato puro!"
"Per fortuna non ho mai pensato alle dimissioni"
Nel libro Francesco sostiene anche che in Vaticano c’era chi aspettava la sua morte: "Qualcuno era più interessato alla politica, a fare campagna elettorale, pensando quai a un nuovo conclave. State tranquilli, è umano, non c’è da scandalizzarsi! Quando il Papa è in ospedale, di pensieri se ne fanno molti e c’è anche chi specula per proprio tornaconto o per guadagno sui giornali. Per fortuna, nonostante i momenti di difficoltà, non ho mai pensato alle dimissioni". Bergoglio parla anche del passo indietro di Ratzinger e delle polemiche scatenate contro di lui usando il Papa Emerito: "Mi ha addolorato vedere, negli anni, come la sua figura di Papa emerito sia stata strumentalizzata con scopi ideologici e politici da gente senza scrupoli che, non avendo accettato la sua rinuncia, ha pensato al proprio tornaconto e al proprio orticello da coltivare, sottovalutando la drammatica possibilità di una frattura dentro la Chiesa".
"Se lasciassi non mi farei chiamare Papa emerito"
Infine, un nuovo accenno all'ipotesi di dimissioni, che sembra per il momento essere stata accantonata. "Le cose cambierebbero se subentrasse un grave impedimento fisico, e in quel caso ho già firmato all’inizio del pontificato la lettera con la rinuncia che è depositata in Segreteria di Stato. Se questo dovesse succedere, non mi farei chiamare Papa emerito, ma semplicemente vescovo emerito di Roma, e mi trasferirei a Santa Maria Maggiore per tornare a fare il confessore e portare la comunione agli ammalati. Ma questa è un’ipotesi lontana, perché davvero non ho motivi talmente seri da farmi pensare a una rinuncia. Qualcuno negli anni forse ha sperato che prima o poi, magari dopo un ricovero, facessi un annuncio del genere, ma non c’è questo rischio: grazie al Signore, godo di buona salute e, a Dio piacendo, ci sono molti progetti ancora da realizzare".