Tragedia Rigopiano: in Appello 22 assoluzioni e 8 condanne, tra cui ex prefetto di Pescara

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L’ex prefetto Francesco Provolo condannato a 1 anno e 8 mesi per falso e omissioni di atti d'ufficio. Condannati anche Leonardo Bianco, ex capo di gabinetto della Prefettura, ed Enrico Colangeli, tecnico comunale di Farindola. I tre erano stati assolti in primo grado. Confermate condanne per il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, i dirigenti della Provincia Paolo D'Incecco e Mauro Di Blasio, il tecnico Giuseppe Gatto, l'ex gestore dell'hotel travolto dalla valanga Bruno Di Tommaso. Nel 2017 morirono 29 persone

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Otto condanne e 22 assoluzioni. Dopo cinque ore di camera di consiglio è arrivata la sentenza della Corte d'Appello dell'Aquila nel processo per la tragedia di Rigopiano, avvenuta nel 2017 e costata la vita a 29 persone che si trovavano nell'hotel di lusso. Francesco Provolo, ex prefetto di Pescara, è stato condannato a un anno e otto mesi per omissione di atti d'ufficio e falsità ideologica. Condannati anche Enrico Colangeli, tecnico comunale di Farindola, e Leonardo Bianco, ex capo di gabinetto della Prefettura di Pescara. Tutti e tre erano stati assolti in primo grado dal Tribunale di Pescara. I giudici dell'Aquila hanno poi confermato le condanne inflitte in primo grado per il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, per i dirigenti della Provincia Paolo D'Incecco e Mauro Di Blasio, per il tecnico Giuseppe Gatto, per l'ex gestore dell'hotel Bruno Di Tommaso. Confermate 22 assoluzioni. Il disastro risale al 18 gennaio 2017 quando, alle 16.49, una valanga travolse e distrusse il lussuoso resort alle pendici del versante pescarese del Gran Sasso, provocando la morte di 29 persone che si trovavano nell'hotel.

La sentenza di secondo grado

I giudici della Corte d'Appello dell'Aquila, quindi, hanno riformato in parte la sentenza emessa dal tribunale di Pescara a febbraio dell'anno scorso. Tre imputati che in primo grado erano stati assolti sono ora stati condannati in appello. Si tratta dell'ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, condannato a un anno e otto mesi per omissione di atti d'ufficio e falsità ideologica; dell'ex capo di gabinetto della Prefettura Leonardo Bianco, che dovrà scontare una condanna di un anno e 4 mesi per falso; del tecnico del comune di Farindola Enrico Colangeli, per il quale la Corte ha deciso una pena di due anni e 8 mesi per omicidio colposo e lesioni plurime. La sentenza ha confermato le condanne di primo grado per il sindaco di Farindola Lacchetta a 2 anni e 8 mesi, per il dirigente della Provincia Di Blasio a 3 anni e 4 mesi, per il tecnico Gatto a 6 mesi, per l'ex gestore del resort Di Tommaso a 6 mesi.

Le reazioni dei parenti delle vittime

Diverse le reazioni arrivate dopo la sentenza di secondo grado. "Tutte le allerte valanga sono state ignorate. Con questa sentenza muore la prevenzione in Italia. Che la facciamo a fare?", ha detto Egidio Bonifazi, padre di Emanuele, 31enne addetto alla reception dell'hotel Rigopianoe morto nella tragedia. "Ho provato molta confusione. Non hanno reso giustizia. Sono molto amareggiato perché non sono stati puniti i maggiori responsabili", ha aggiunto. “Ci aspettavamo di più. La condanna della Regione e della Provincia. Non penso che sia una cosa normale tirare dentro un tecnico comunale e l'ex prefetto. Andavano condannati altri personaggi”, ha detto anche Alessio Feniello, padre di Stefano, 28enne morto sotto le macerie dell'hotel Rigopiano. “Una sentenza che ripaga, seppur in parte, la delusione di quella di primo grado. Certo, non ci sono vincitori né vinti, ma si intravede la luce della verità”, ha commentato invece Alessandro di Michelangelo, fratello di Dino, altra vittima di Rigopiano.

I commenti degli avvocati

“Le sentenze si commentano leggendole. Non c'è giustizia di fronte alla morte. C'è la possibilità di avere risarcimenti e ristori. Ci sembra che questa sentenza possa riaprire degli spazi”, ha dichiarato l'avvocato di parte civile Romolo Reboa. Ha parlato anche l'avvocato Sergio Della Rocca, difensore dell'ex prefetto Provolo: "La sentenza si rispetta come quella di primo grado. È stata confermata l'assoluzione su depistaggio e omicidio plurimo. Mentre è arrivata la condanna per omissione di atti d'ufficio e falso. Per questi reati non c'è costituzione di parte civile. Sapevamo bene che questo processo sarebbe finito in Cassazione". L'altro avvocato di Provolo, Gian Domenico Caiazza, ha aggiunto: la corte d'appello ha "confermato l'assoluzione" dell'ex prefetto "riguardo alle due accuse più gravi", ribadendo che "non ha alcuna responsabilità né per la tragica morte o per le gravi lesioni in danno degli ospiti, né per la infamante accusa di depistaggio delle successive indagini". Provolo è stato ritenuto responsabile, ha spiegato, "per una ipotesi di omissione di atti di ufficio e per la relativa, asseritamente falsa, comunicazione al ministero degli Interni, entrambe relative al giorno 16 gennaio".

Il primo grado

Il collegio dei giudici presieduto da Aldo Manfredi è stato chiamato a decidere sui numerosi ricorsi presentati dopo la sentenza di primo grado: primo fra tutti quello della procura di Pescara contro l'assoluzione per 25 dei 30 imputati. In primo grado furono condannati il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta (due anni e otto mesi), i dirigenti della Provincia di Pescara Paolo D'Incecco e Mauro Di Blasio (tre anni e quattro mesi ciascuno), oltre a sei mesi ciascuno per l'ex gestore Bruno Di Tommaso e il geometra Giuseppe Gatto. In quella occasione l'accusa di disastro colposo cadde per molti dei principali imputati, tra i quali l'ex Prefetto Francesco Provolo - per il quale il pool della procura, coordinato dal procuratore capo Giuseppe Bellelli e composto dai sostituti procuratori Anna Benigni e Andrea Papalia, aveva chiesto 12 anni - e l'ex presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco, per il quale erano stati chiesti sei anni. Assolti in primo grado anche tecnici e dirigenti regionali in uno scenario, secondo l'articolato impianto accusatorio, di diffuse responsabilità su vari fronti, dai permessi di costruzione dell'albergo alla gestione dell'emergenza di quei giorni drammatici sul fronte delle condizioni atmosferiche, dai soccorsi fino a una presunta vicenda di depistaggio in merito alla telefonata di Gabriele D'Angelo, dipendente dell'albergo, e una delle vittime che avevano allertato la Prefettura sulla situazione di pericolo.

Un grande striscione all'ingresso del Tribunale di Pescara nel ricordo delle 29 vittime dell'Hotel Rigopiano nel giorno della sentenza di primo grado, Pescara, 23 febbraio 2023. ANSA/CLAUDIO LATTANZIO

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La Carta Localizzazione Pericolo Valanghe

C’è poi il tema della Carta Localizzazione Pericolo Valanghe (Clpv), mai attivata dalla Regione Abruzzo, tirata in ballo dai legali del sindaco di Farindola per dimostrare che in presenza di quella carta avrebbe avuto strumenti per effettuare interventi preventivi, nel mezzo una lunga serie di perizie che non hanno portato a un quadro di totale chiarezza. In Corte d'Appello, i due pm di Pescara, Anna Benigni e Andrea Papalia, hanno spiegato nei minimi dettagli le ragioni del loro ricorso, ribadendo in maniera approfondita le responsabilità degli imputati, sulla loro scia gli avvocati di parte civile, mentre la gran parte degli avvocati difensori ha attinto alle motivazioni della sentenza di primo grado e, in alcuni casi, ponendo dubbi perfino sulle legittimità dei ricorsi stessi. Alla fine, i giudici d'Appello hanno deciso per 8 condanne e 22 assoluzioni.

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