Tagli e turni massacranti: le storie dei medici in sciopero a Napoli

Cronaca
Gaia Bozza

Gaia Bozza

Le ragioni dello sciopero dei medici nelle testimonianze. In Campania la situazione registra dati ancora peggiori della media nazionale: per essere in linea con le altre regioni, che pure denunciano carenza di personale, occorrono oggi almeno 4.200 medici in più e, guardando agli infermieri, sono più di 7.000 le unità mancanti. E l'aspettativa di vita è la più bassa d'Italia

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“Con gli ospedali vuoti chi ti curerà?”. E’ uno dei cartelli che sono appesi al collo dei medici campani che hanno deciso di scioperare a Napoli. Uno sciopero indetto in tutta Italia dall’Anaao Assomed e dalla Cimo-Fesmed e dalla Nursing Up per la categoria degli infermieri, che ha portato tanti ad astenersi dal lavoro. C’è chi ci racconta che altri sono stati precettati, perché già in condizioni ordinarie è difficilissimo far andare avanti la sanità pubblica. La sala congressi è piena, in un momento nel quale scioperare è anche una grande responsabilità, vista la grave carenza di organico e lo stato complessivo del sistema sanitario pubblico

In Campania mancano almeno 4200 medici

Situazione che, se nel resto d’Italia è grave, in Campania registra dati ancora peggiori della media nazionale: per essere in linea con le altre regioni, che pure denunciano carenza di personale, occorrono oggi almeno 4.200 medici in più e, guardando agli infermieri, sono più di 7.000 le unità mancanti. Un altro dato, non certo confortante, è che la Campania è la regione con l’aspettativa di vita più bassa d’Italia, 78,8 anni per gli uomini (due in meno rispetto alla media nazionale) e 83 anni per le donne (un anno e mezzo in meno della media).  

Condizioni di lavoro insostenibili e taglio pensioni

“Questo sciopero serve a chiedere rispetto per categorie professionali che tengono in piedi il Servizio sanitario pubblico – tuona Bruno Zuccarelli, segretario dell’Anaao Assomed Campania - Siamo indignati dal tradimento che leggiamo nell’attacco alle nostre pensioni, non possiamo sopportare di dover andare a lavoro consapevoli di rischiare ogni giorno un’aggressione e, cosa ancor più importante, non abbiamo alcuna intenzione di starcene zitti e buoni mentre la politica cancella il diritto alla salute dei cittadini”. Da eroi durante il covid a dimenticati, denunciano i medici, così come tutta la sanità pubblica regionale e nazionale.

La testimonianza di chi va via dalla sanità pubblica

Gaspare Leonardi, dirigente medico all’ospedale San Paolo di Napoli, come tanti altri davanti alla possibilità di un taglio delle pensioni ha scelto di dire basta e ha anticipato il suo pensionamento. “E’ stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso – si sfoga con Sky Tg24 – Sono stati ulteriormente tagliati i fondi alla sanità in questa manovra finanziaria, poi la scelta scellerata di voler tagliare le pensioni dei medici”. Ma non è solo questo: “Non è più possibile continuare a lavorare con persone che non ti ascoltano. Noi che lavoriamo in prima linea e abbiamo contezza dei veri problemi non veniamo mai ascoltati”. Leonardi fa un esempio: “I pronto soccorso sono una tragedia, chiunque va nel pronto soccorso va in crisi, si chiede che sanità è questa ma non si fa nulla per migliorare questa situazione. Sono dei lazzaretti. E’ assurdo far aspettare le persone ore, o giorni, eppure si sa da cosa dipende, è il collo di bottiglia che si viene a creare perché il paziente non può essere ricoverato perché hanno tagliato i letti nei reparti. E di questo non si parla. Perché? Forse qualcuno vuole distruggere la sanità pubblica e favorire la sanità privata? Non lo so, è un’ipotesi. Ho deciso di dire basta e dopo tutta una vita dedicata a curare i pazienti è una scelta che fa male”. Stessa situazione per Anna Anaclerio, fino a qualche giorno fa medico nel reparto di pneumologia dell'ospedale pediatrico di Napoli Santobono, che richiama non solo i tagli, i carichi di lavoro e un minimo di libertà per conciliare vita e lavoro: "Non esisteva tempo per la famiglia, per noi stessi, lavoravo come tanti miei colleghi sempre in più delle mie ore settimanali. In carenza di turn over capita l'emergenza e chi ha un minimo di etica rimane. Ma non ce la facevo più a lavorare così e ho anticipato la pensione". 

Reparti con poco personale (e anziano)

Il Dottor Alberto Vitale, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia al Maresca di Torre del Greco, descrive – a titolo di esempio – la situazione del suo reparto, la chirurgia. “Nel mio reparto siamo in cinque, quando dovrebbero esserci dai 9 ai 12 medici -racconta – E i nostri turni in ospedale possono arrivare, con brevi interruzioni, anche a 18-24 ore”. In questo reparto, come in tanti altri, l’età è avanzata: gli ultraquarantenni sono i due più giovani, i restanti tre hanno tra i 63 e i 69 anni.  I giovani, ricorda il dirigente medico, non vogliono lavorare in queste condizioni e i bandi nella sanità pubblica vanno deserti. E quando andranno in pensione quelli più vicini all’età pensionabile? “Meno di cinque persone non possono tenere in piedi un reparto, quando il collega più anziano andrà in pensione – allarga le braccia il dottor Vitale e abbozza un sorriso amaro – non so cosa faremo”. 

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