Violenza sulle donne, un progetto per gli orfani di femminicidio, vittime invisibili

Cronaca
Chiara Martinoli

Chiara Martinoli

Si calcola che in Italia ci siano almeno duemila orfani di femminicidio. Dal 2018 esiste una legge per tutelarli, ma la sua applicazione non è semplice: manca ancora nel nostro Paese una rete strutturata che permetta di individuare queste vittime e offrire loro sostegno immediato. È in questa direzione che si muove il Progetto Orfani Vittime di Femminicidio. Noi siamo stati in uno dei centri antiviolenza che aderisce al progetto

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Un solo gesto di violenza può distruggere più vite: quella di chi muore e quella di chi rimane orfano. Essere orfano di femminicidio significa perdere tutto, in un solo istante, e nel modo più atroce: non avere più una mamma perché a toglierle la vita è stato il papà. È una storia che riguarda migliaia di bambini e ragazzi nel nostro Paese.

 

Vittime invisibili

Secondo i dati disponibili, si calcola che gli orfani di femminicidio in Italia possano essere almeno duemila. Ma non è facile avere numeri precisi sul fenomeno perché per molti anni nessuno si è occupato di svolgere un monitoraggio a livello nazionale. È anche per questo che si parla di "vittime invisibili" in riferimento agli orfani di femminicidio, perché per tanto tempo non sono stati considerati una categoria cui prestare maggiore attenzione e riservare tutele fondamentali.

 

Negli ultimi anni le cose stanno iniziando a cambiare. Nel 2018 è entrata in vigore una legge importante, unicum nel panorama europeo, che ha introdotto tutele specifiche per gli orfani di femminicidio. La sua applicazione però rimane complessa a causa di due fattori: da una parte, la mancanza di un meccanismo automatico che permetta ai centri antiviolenza di individuare e raggiungere gli orfani di femminicidio; dall'altra, la scarsa conoscenza della legge da parte degli stessi operatori del settore.

 

Un fenomeno strutturale

È per questo che nasce il Progetto Orfani di Femminicidio Vittime Invisibili, promosso dalla Cooperativa Iside e finanziato dall’impresa sociale Con i bambini, con il coinvolgimento di 18 partner in 6 regioni. Noi siamo stati a Milano all’interno del centro antiviolenza Cerchi D’Acqua, che da anni si occupa di supporto delle vittime di violenza e che conosce a fondo la realtà dei femminicidi. 

 

"Gli orfani sono la fase finale di un fenomeno che in Italia sta assumendo degli aspetti molto importanti - spiega Silvana Milelli, operatrice di accoglienza - Non si tratta più di un’emergenza, ma di un fenomeno strutturale". "È inimmaginabile il dolore di chi rimane senza una mamma e senza un papà che ha ucciso la mamma - prosegue - È un momento che sarebbe devastante per chiunque, ma in questo caso il più delle volte gli orfani sono bambini e quindi hanno delle difficoltà enormi di fronte a questo evento. In più, sono bambini che spesso hanno già vissuto enormi violenze all’interno della famiglia. Questi bambini, che perdono in un momento solo il padre e la madre, si trovano spesso abbandonati anche dallo Sato e dalla società. Lo scopo del Progetto Orfani è proprio quello di intervenire subito, in emergenza, dando il primo supporto utile per i ragazzi".

 

Individuare gli orfani di femminicidio e inserirli all’interno di percorsi di supporto non è facile, perché non esiste una rete capillare e un percorso strutturato. "Il Progetto Orfani nasce proprio dall’essersi resi conto che benché esista una legge organica, poche persone ne sono informate e pochi sono coloro che fruiscono di tutti gli istituti disposti a tutela", racconta Marta Buti, avvocata penalista. L'obiettivo, ci spiega, è "fare un lavoro di divulgazione, informazione, ma anche di formazione degli operatori, perché questa scarsa conoscenza della legge riguarda anche gli operatori del settore: avvocati, forze dell’ordine, assistenti sociali, operatori dei centri antiviolenza".

 

Che cosa dice la legge

Chiediamo a Marta Buti, innanzitutto, di spiegarci quali sono i contenuti della legge del 2018: "La legge prevede alcune importanti tutele, come l'assistenza sanitaria e psicologica gratuita per gli orfani di femminicidio, la messa a disposizione di borse di studio o bandi per l’inserimento lavorativo. Poi ci sono una serie di tutele processuali, per esempio il gratuito patrocinio. Sono tetele importantissime, che però spesso non vengono applicate perché nessuno sa che esistono, nessuno le comunica al tutore dell'orfano". La legge contiene anche delle tutele sul piano economico: "È  previsto il sequestro del patrimonio del femminicida sin dalla fase delle indagini. Questo consente agli orfani di ottenere, in caso di condanna già a partire dalla sentenza di primo grado, un ristoro economico per potersi costruire una vita". Infine, la legge prevede la possibilità di cambiare il proprio cognome: "Questa legge ha in generale velocizzato i meccanismi di taglio del legame tra il colpevole e i sopravvissuti. Se i sopravvissuti sono figli del colpevole, viene dichiarata l’indegnità a succedere del padre, viene tolta la potestà genitoriale, e questo avviene già nell’ambito del processo penale, cioè senza passare dalla lunghissima trafila di un procedimento civile a parte". 

 

Dalla carta alla realtà

Tutte queste sono misure fondamentali, ma che spesso rimangono inapplicate, sulla carta. "A volte - ci dice Marta Buti - le difficoltà psicologiche che devono affrontare questi bambini, questi ragazzi, sono tali e tante per cui la tutela dei loro diritti passa come in secondo piano: cioè, l’emergenza per loro è quella di riuscire a uscire dal trauma e quindi tutti gli aspetti burocratici a volte vengono tralasciati, e invece è importante che gli operatori che hanno a che fare con loro li informino di quelli che sono i loro diritti". Esistono realtà, come quella che vi stiamo raccontando, che cercano di dare concretezza alla legge e di fornire un supporto significativo, umano, ai bambini che sono rimasti senza una famiglia. Il Progetto Orfani mira a garantire sostegno psicologico, ma anche legale ed economico. I bambini e i ragazzi presi in carico, fino ai 21 anni di età, vengono inseriti all’interno di un percorso di formazione che prevede anche borse di studio e avviamento professionale. Fondamentale è il lavoro svolto sull’intera rete sociale: dai parenti, agli amici, alla scuola. Un lavoro di sensibilizzazione a 360 gradi, che parte dagli orfani e dalla famiglia della vittima, per poi estendersi a tutta la società. "Quando avviene un femminicidio, la scuola viene immediatamente coinvolta - spiega Silvana Milelli - perché è un luogo importante, fondamentale per la crescita del ragazzo che deve comunque continuare un percorso anche se non ha più una famiglia al suo fianco. In questa fase, stiamo cercando di avviare un piano di monitoraggio per la ricerca, l’analisi della situazione e il contatto. Ma ci auguriamo profondamente che in futuro questa ricerca venga definita e strutturata: dovrebbero scattare degli automatismi che permettano di attivare l'intera rete sociale, dalla scuola, ai parenti, agli operatori sociali. Inoltre - conclude Silvana Milelli - Deve esserci un costante lavoro di prevenzione e sensibilizzazione, altrimenti questo fenomeno non riuscirà in nessun modo a essere debellato. Il Progetto Orfani è molto complesso e ambizioso: vuole intervenire sulla società per un cambiamento profondo, perché non ci siano più orfani in futuro".  

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