Netturbino arrestato per stupro, la prima vittima: "Metto la faccia per le altre donne"

Cronaca

“L’ho denunciato subito e metto la faccia sul giornale per tutte le vittime come me”. A parlare in un'intervista a La Repubblica è Stefania Loizzi, una delle donne che ha denunciato il 59enne Ubaldo Manuali per violenza sessuale, che ricostruisce la vicenda. E dice a testa alta: "Dobbiamo mostrarci perché siamo le vittime, non i carnefici. Loro devono nascondersi"

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“L’ho denunciato subito e metto la faccia sul giornale per tutte quelle donne vittime come me”. A parlare, con coraggio, in un'intervista a La Repubblica, è Stefania Loizzi, una delle donne che ha denunciato il netturbino romano Ubaldo Manuali per violenza sessuale arrestato il 18 settembre. “Non dobbiamo avere paura dei nostri 'no'. Dobbiamo mostrarci perché siamo le vittime, non i carnefici. Loro devono nascondersi”. L'uomo, 59 anni, è accusato di avere violentato almeno tre donne dopo averle drogate e le ha fotografate con il cellulare. Loizzi è una di queste. L'indagine è nata proprio dopo la sua denuncia.

La cena da asporto, poi il blackout

La donna racconta di aver conosciuto il 59enne sui social. "Mi ha chiesto l’amicizia su Facebook a fine 2020. Ho visto che in comune avevamo un’amica. Sono una persona molto diffidente e ho chiesto informazioni a lei. La mia amica mi ha detto che era una persona tranquilla, simpatica". Poi i due si scambiano i numeri di telefono. Lui era separato, con una figlia. "Ci vedevamo ma sempre fuori. Lui faceva sempre foto, io non volevo. Poi mi ha detto che gli interessavo come persona e gli ho risposto che potevamo essere solo amici, lui ha accettato. Sono passati dei mesi senza vederci", ricorda la donna. Il racconto poi arriva alla sera della violenza, il 14 gennaio di quest'anno. "Mi ha chiamato, avevo un braccio ingessato per una frattura, avevo perso da poco mia mamma. Era un brutto periodo. Prima mi ha detto che passava a prendermi e che cenavo a casa sua. Non volevo, non mi andava, poi ho accettato", spiega. Il netturbino la richiama dicendole che avrebbe portato la cena a casa sua. "Ha aperto il prosecco per fare un brindisi. Ho bevuto e mi ricordo solo che ero andata in cucina a prendere le patate. Poi, il buio".

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La droga dello stupro nelle analisi del sangue

Loizzi ricorda di essersi poi svegliata durante la notte. "Stavo malissimo. Non riuscivo a vedere bene. Ho trovato una sua mano sulla faccia, ho reagito male e gli ho detto: 'Schifoso, che fai nel mio letto?'", continua il racconto. Lui le risponde che si era sentita male, e non voleva lasciarla sola, ma lei si accorge di essere senza pantaloni. "La mattina seguente sono andata dal medico curante, e gli ho detto cosa era accaduto. Nel mio sangue i medici hanno trovato la droga dello stupro. Pensavo che mi avesse drogata per derubarmi. Invece mi ha violentata in casa mia. Provo troppo schifo".  

"Tornassi indietro denuncerei di nuovo"

Gli investigatori sono riusciti a individuare il 59enne nel corso di una perquisizione hanno sequestrato una confezione di farmaco sedativo ipnotico e lo smartphone. Al suo interno, i poliziotti hanno raccolto elementi sufficienti a ricostruire almeno altre due violenze, avvenute con le stesse modalità. Sul cellulare erano infatti presenti le immagini di tre diverse donne inermi mentre subivano violenze sessuali. Alcune di queste immagini erano state inviate dall'indagato ai propri amici e commentate con tono ironico e sprezzante. "Si faceva grande con i suoi amici che mi fanno schifo tanto quanto lui perché avrebbero dovuto denunciare", dice ancora Elena Loizzi a Repubblica. "L’ho fatto io, invece, lo stesso giorno della visita. E se tornassi indietro lo rifarei di nuovo".

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