Sono accusati di non aver segnalato i primi casi di morti sospette di animali che si sono verificate all'inizio di agosto, provocando così un focolaio
Un allevatore e un veterinario di un'azienda che alleva suini a Zinasco, in provincia di Pavia, risultano indagati con l'accusa di non aver segnalato i primi casi di morti sospette di animali che si sono verificate all'inizio di agosto, provocando così un focolaio di peste suina. Lo ha riportato La Provincia Pavese spiegando che i due sono già stati ascoltati dagli inquirenti. Inoltre, gli allevamenti di suini che si trovano nei dintorni di quello dove si è verificato il contagio sono stati sequestrati.
Regione Lombardia: "Livello di attenzione altissimo"
Intanto ieri, dopo aver accertato che focolai di peste suina africana hanno colpito alcuni allevamenti nella provincia di Pavia, la regione Lombardia ha diffuso una nota affermando che "il livello di attenzione è altissimo e le strutture del servizio veterinario regionale sono al lavoro per monitorare costantemente la situazione". Nella zona entro 10 chilometri dagli allevamenti in cui sono state riscontrate positività alla Psa sono state vietate tutte le movimentazioni di suini, sia in ingresso che in uscita. In tutto il resto del territorio pavese e lombardo le stesse movimentazioni sono vincolate all'esito favorevole di visite cliniche e campionamenti di materiale biologico. A Zinasco sono due i focolai di peste suina sino ad ora accertati. Proprio in merito al caso che si è verificato nel comune in provincia di Pavia, ieri l'assessore regionale all'Agricoltura Alessandro Beduschi ha detto che "serve parlare chiaro perché le regole sono altrettanto chiare. Nessuna misura di contenimento può essere davvero efficace se, come si è verificato nel caso riscontrato lo scorso sabato a Zinasco, comportamenti irresponsabili e mancate comunicazioni alle autorità sanitarie impediscono un intervento tempestivo, rischiando di mettere in pericolo tutto il comparto suinicolo regionale".