Capelli e discriminazione, perché i ricci afro sono un atto politico. VIDEO

Cronaca
Federica De Lillis

Federica De Lillis

Angela Haisha Adamou è la prima hair coach in Italia e racconta come portare i capelli afro sia “un atto di coraggio, un atto politico” che richiede spesso un percorso di scoperta e accompagnamento verso il significato culturale dei propri ricci 

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“Portare il capello afro libero o portare acconciature che parlano e sono custodi anche della cultura antica del continente è un atto di coraggio”. Angela Haisha Adamou si definisce una specialista della cura dei capelli afro, afro-ricci e ricci. Nel 2014 ha fondato il suo brand, Naturangi, e ha iniziato a lavorare come hair coach, la prima in Italia. 

Il blog e l'academy dedicati ai capelli afro

“Fin da bambina sono stata sottoposta a trattamenti di stirature chimiche per riuscire a rendere il capello più malleabile. Solo in età adulta sono riuscita a sganciarmi da questa pratica, anche grazie a un viaggio che ho fatto a Parigi dove ho visto un sacco di ragazze nere afrodiscendenti con queste chiome afro e ho appurato che erano capelli naturali, non extension, non parrucche. Ho detto ‘se loro possono, un modo ci deve essere’”. Angela ha iniziato a scrivere di capelli. “L’ho fatto in italiano perché ho pensato che forse a qualcuno sarebbe interessato. Quel qualcuno si è rivelato essere tante tante persone”. Nasce così Naturangi, prima un blog, poi un’academy con sede a Correggio, in provincia di Reggio Emilia.  Il mio lavoro - spiega - consiste nel dare gli strumenti alle persone per riuscire ad entrare in un rapporto positivo, in un rapporto di abbraccio con il proprio capello. Nella mia esperienza le persone fanno fatica perché c’è tutto un sistema intorno che ha seminato dei paletti, come disegnare un recinto che ci chiude in una dimensione dove le nostre caratteristiche non sono considerate in linea con quelle della maggioranza considerata accettabile, ordinata, opportuna".

I capelli afro custodi della storia antica 

“Il capello afro di per sé e il modo in cui veniva acconciato - spiega ancora Angela - ha sempre avuto un grandissimo significato, in termini di identificazione del singolo, di riconoscimento che il singolo poteva fare dell’altro in termini di comunità e anche in termini di come da fuori veniva riconosciuto.  In base alle pettinature si poteva capire il gruppo etnico, la tribù di appartenenza, si poteva capire il momento della vita, lo status sociale. Senza contare che era una proprio l’arte dell’acconciare, era ed è tutt’oggi un patrimonio culturale ancora forte nonostante si sia cercato di decostruirlo".  "Nel momento in cui si è arrivati sul continente per andare a conquistare - prosegue - si sono andati a colpire i punti forti e i capelli erano un punto fortissimo e da lì tra la privazione e la denigrazione si sono poste le basi di quella che è la discriminazione in base alla consistenza del capello e in generale in base a come si porta il capello che noi ci siamo portati avanti fino ad adesso”. 

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Texturism e hairism: quando i ricci sono inaccettabili 

"Texturism e Hairism - spiega Angela - sono due fenomeni dove il secondo, quindi l’hairism, contiene il primo. Sono entrambi sottoinsiemi di quello che è il featurism, la discriminazione in base alle caratteristiche della persona, che siano la pelle, la fisionomia, la forma del corpo. 

Il texturism si contraddistingue per essere una discriminazione che, nello specifico, riguarda i capelli ricci e afro e li considera sempre meno accettabili man mano che la molla, il curl pattern, l’andamento della molla del riccio, si ristringe. Il capello afro è quello considerato meno o addirittura non accettabile.  Il texturism è invece la discriminazione che riguarda il tipo di texture, quindi di consistenza, ma anche pratiche collegate come possono essere gli stili e le acconciature".

Una discriminazione interiorizzata 

“Tante persone entrano e mi dicono ‘Sono qui però non voglio tenere i miei capelli naturali, sono qui perché mi voglio dare una chance ma non riesco’. - racconta Angela - Qualcuno si è seduto e mi ha detto ‘Vorrei portare il mio capello ma sarebbe insopportabile il confronto con i miei famigliari’.   Una grande particolarità della discriminazione che viene fatta in base a quanto il capello si allontana dallo standard europeo, caucasico, quindi dall’essere liscio, è proprio il fatto che questa è stata creata all’esterno della comunità ma poi è stata instillata, ed è stata coltivata dalla comunità stessa.  C’è proprio da fare una decolonizzazione interna ed è molto complicato".

 

I capelli sono una questione di identità 

“Una cosa che caratterizza il mio lavoro - conclude Angela - è che non si tratta solo di occuparmi dell’estetica, anzi il concetto di cura parte sempre da una questione di cura interiore ed è una cura interiore che si fa attraverso i capelli perché per le persone afro discendenti sono legate da un filo conduttore a tutta una questione di identità, di potersi trovare, di potersi rispecchiare, di potersi accettare”.

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