Faenza, il proprietario di una tipografia storica: "La nostra azienda è in ginocchio"

Cronaca
Giulia Mengolini

Giulia Mengolini

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L'imprenditore Volturno Valgimigli racconta in che stato versa la sua attività dopo l'alluvione che ha piegato la Romagna: "Abbiamo perso tutti i macchinari, 14 dipendenti sono senza lavoro, danni per almeno un milione di euro". La speranza per andare avanti si cerca nella solidarietà: "Ogni giorno che passa lo sconforto aumenta, ma la generosità dei ragazzi che aiutano ci dà forza"

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Volturno Valgimigli è il proprietario di una tipografia con oltre un secolo di storia. L’azienda – o sarebbe meglio dire quel che ne resta - si trova a Faenza, nel Ravennate, cittadina di 60 mila abitanti dove gli sfollati sono circa 2 mila, massacrata dall’alluvione che ha piegato la Romagna. L’acqua e il fango in poche ore hanno distrutto decenni di lavoro e di sacrifici: “La velocità con cui si è allagato tutto è stata impressionante, qui sembra l’Inferno di Dante”, racconta. “La nostra azienda è in ginocchio, tutti i macchinari sono andati distrutti. Non so come faremo questa volta a rialzarci”. La tipografia Valgimigli è un’azienda storica, una delle più antiche della Romagna, piuttosto conosciuta sul territorio. Conta 14 dipendenti, tutti rimasti senza lavoro, e un fatturato da due milioni di euro l’anno. “I danni sono inquantificabili, almeno un milione”, dice l’imprenditore romagnolo con la voce rotta. “Abbiamo perso tutto: le macchine per stampare, i computer… E dentro i computer tutti i programmi e i file che contenevano: sono le foto delle persone, i loro ricordi”. Ricordi e storie cancellati dal fango. Dentro i mobili che galleggiano, mi dice la figlia Veronica, ci sono i caratteri di piombo, "quelli che usava mio nonno per stampare".

Tipografia a Faenza colpita dall'alluvione

La tipografia è una delle tre attività piegate dall'alluvione

“Sa, l’alluvione è selettiva, ci sono due facce di questa città”, osserva l'imprenditore. Una parte di Faenza non è stata toccata, "in centro si vedono persone che passeggiano ben vestite", l’altra invece è ha il volto del fango e degli stivali di gomma. La famiglia Valgimigli e i dipendenti della tipografia sono da martedì ogni giorno dentro l’azienda a cercare di salvare il possibile, e a spalare fango senza tregua. “Per fortuna ci hanno prestato un’idrovora per aspirare l’acqua, era alta due metri e mezzo. Il problema più grosso resta il fango, quello si solidifica e non va via”. Oltre alla tipografia, Valgimigli è proprietario di altre due attività in Romagna: tutte e tre sono duramente colpite dall’alluvione.

La speranza nei ragazzi che spalano il fango e cantano per strada

C’è però un aspetto commovente di questo disastro, racconta l’imprenditore mentre gli si spezza la voce in gola: “Sono i ragazzi che cantano in strada pieni di fango, con le pale in mano, e ci chiedono se abbiamo bisogno di aiuto”. Un lampo di incoraggiamento in giorni in cui è difficile avere fiducia nel futuro: “Siamo seriamente provati, ieri ero così sconfortato che avevo deciso non riaprire più, ma poi tutta questa solidarietà ci spinge ad andare avanti”, dice.

La barriera di terra costruita per contenere l acqua a Fornace Zarattini, nella periferia ovest di Ravenna, 20 maggio 2023. ANSA/ GIANLUIGI BASILIETTI

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"Non abbiamo bisogno di soldi, ma di ricominciare a lavorare in fretta"

Mentre parliamo entrano in negozio due ragazzi sporchi di fango e chiedono se serve aiuto. “Avranno al massimo 25 anni, questa gioventù è bellissima. Spero che potremo ripartire da questo segnale, quello della solidarietà. Ci dà forza, ci fa sperare in un mondo migliore”. Quando gli viene chiesto di cosa abbiano bisogno, la risposta è “lavorare”. “Arrivano tantissimi volontari, c’è un’enorme disponibilità”. Le mani che aiutano non mancano, quello che serve “è riprendere la nostra attività il più in fretta possibile, perché ogni giorno che passa lo sconforto aumenta, il lavoro di ripristino che ci aspetta è gigantesco”. Lo dice forte e chiaro il signor Valgimigli: “Non abbiamo bisogno di soldi, abbiamo bisogno di ripartire. I soldi li guadagniamo con il nostro lavoro”.

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