"Da sette anni porto avanti la mia battaglia per i diritti umani e non c'è mai stato un momento, prima, durante e dopo il mio arresto in cui io abbia pensato di rinunciare", spiega in un'intervista a Qn l'attivista e studente dell'Università di Bologna
"Dopo l'arresto tutto è cambiato. La mia storia è diventata un caso internazionale, soprattutto grazie alla mobilitazione dei cittadini italiani e bolognesi: questa è stata la chiave per la mia libertà". Così, in un'intervista a Qn, Patrick Zaki, lo studente dell'Università di Bologna ancora sotto processo in Egitto. Il ricercatore e attivista per i diritti umani, a piede libero dall'8 dicembre 2021 dopo 22 mesi di custodia cautelare passati in carcere con accuse legate a dieci post su Facebook, è sotto processo presso una Corte della Sicurezza dello Stato per i reati minori (o d'emergenza) della sua città natale sul delta del Nilo.
Le parole di Patrick Zaki
"Sapevo che i miei colleghi universitari avrebbero potuto fare qualcosa di importante per la mia liberazione - afferma -. Non avrei mai immaginato, però, di vedere migliaia di persone invocare a gran voce il mio nome per le strade di Bologna e dell'Italia intera". Lo scorsa settimana ha avuto per la prima volta la possibilità di difendersi: "insieme ai miei legali, ho voluto spiegare punto per punto tutto quello che pensavo. È una grande soddisfazione, perché abbiamo lottato molto per arrivare a questo momento". Ha mai pensato di rinunciare alle sue idee in cambio della libertà? "No, mai - risponde secco -. Da sette anni porto avanti la mia battaglia per i diritti umani e non c'è mai stato un momento, prima, durante e dopo il mio arresto in cui io abbia pensato di rinunciare". Spiega che quando gli hanno dato la notizia della scarcerazione, "ero paralizzato. Non avevo immaginato che potesse accadere veramente. Ricordo le prime settimane di libertà, non riuscivo a credere che tutto ciò fosse reale, avevo paura di svegliarmi un giorno ed essere di nuovo in prigione".