Continua il calo dei casi e dei morti di Covid segnalati nel mondo. Nei 28 giorni dal 30 gennaio al 26 febbraio, a livello globale sono stati registrati circa 4,8 milioni di contagi e oltre 39mila decessi. E' quanto emerge dal bollettino diffuso dall'Organizzazione mondiale della sanità. Rispetto ai report delle scorse settimane sembra frenare la discesa dei contagi in Europa, con un -7% contro i cali a due cifre sostenute degli ultimi bollettini. Bergamo, 19 indagati tra cui Conte e Speranza
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Tra le condotte a vario titolo contestate, il non aver verificato la disponibilità di guanti, mascherine, tute e sovra-scarpe e il non aver effettuato “uno screening radiologico Tac ai pazienti ricoverati al 23 febbraio, che manifestavano una insufficienza respiratoria”, che, in assenza di tamponi, secondo i magistrati avrebbe consentito di fare una diagnosi di Covid “per almeno 25 pazienti”, prevedendo poi misure di “isolamento e quarantena sia dei malati che del personale sanitario venuto a contatto con i pazienti infetti”.
A Locati e Cosentina la procura di Bergamo contesta anche il falso ideologico: il secondo, il 28 febbraio 2020, in una nota indirizzata all’Ats di Bergamo, avrebbe scritto che già dal 23 febbraio “non appena avuto il sospetto e la successiva certezza della positività al tampone sono state immediatamente adottate le misure previste" nell’ospedale di Alzano Lombardo. Una dichiarazione “falsa” secondo i magistrati, data “l'incompleta sanificazione del ps e dei reparti del presidio stesso”. Locati, nelle relazioni dell’8 e del 10 aprile 2020 trasmesse all’ex assessore Giulio Gallera e all’ex dg Walfare Luigi Cajazzo, avrebbe riferito che “nel breve lasso di tempo in cui il presidio è stato chiuso il 23 febbraio, si è provveduto alla sanificazione degli ambienti” e che già dal 23 febbraio al pronto soccorso di Alzano Lombardo era previsto “un percorso d'accesso separato per i pazienti sospetti Covid”. “Circostanze queste – scrivono i magistrati nell’avviso di conclusione indagini - tutte pure rivelatesi false”.
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"Siamo stati abbandonati, ci siamo sentiti di vivere in una realtà surreale. La Bergamasca è stato il luogo della strage più devastante dal secondo Dopoguerra. In un mese circa sono decedute più di 6mila persone come eccesso di mortalità rispetto ai 5 anni precedenti", evidenzia Locati che pone una serie di domande: "Perché non si è intervenuti almeno a partire dal 5 di gennaio del 2020 al primo alert dell'Oms? Perché non ci è stato comunicato che il virus era già nelle nostre case e, invece di metterci al corrente del rischio che correvamo, ci dicevano che tanto era poco più di una banale influenza? E nella Bergamasca perché non si è intervenuti subito a isolarci? Noi chiedevamo di essere isolati, ma nessuno lo ha mai fatto. Perché sono stati inviati i militari nella Bergamasca il 5 marzo del 2020 e poi sono stati ritirati tre giorni dopo? Non può di certo essere un segreto di Stato, questa spiegazione non possiamo accettarla".
Locati cita poi "il piano pandemico non adeguato, non attuato". La verità, incalza, "è che dovevamo essere pronti e non lo eravamo. Chi ci rappresenta ufficialmente ci dia risposte chiare, sincere, trasparenti - esorta - Riteniamo di avere questo diritto, perché riteniamo che queste risposte rappresentino il rispetto che le nostre istituzioni riconoscono a noi familiari e prima ancora ai nostri cari che non ci sono più. Noi abbiamo dato fiducia al Parlamento, ma finora questa fiducia non ci è stata ripagata. La Commissione d'inchiesta sarebbe la prova che anche le istituzioni vogliono riprendere una relazione coi propri cittadini. E le risposte devono essere date in tempi ragionevoli. A noi non serve un giorno per ricordare i nostri cari, perché li ricordiamo tutti i giorni e promettiamo loro che avranno giustizia e non solo nei tribunali, ma anche attraverso quelle verità che solo il Parlamento ci può dare. L'auspicio è che venga istituita una Commissione d'inchiesta bicamerale proprio per mantenere alta l'attenzione su una delle pagine più buie della nostra storia, perché analizzare ogni errore e ogni sbaglio serve perché la strage che abbiamo vissuto non si ripeta più".
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Locati, che è anche uno degli avvocati dell'associazione, torna con la mente a quei giorni drammatici: "La gente moriva a casa senza ossigeno - racconta - Riuscite a immaginare cosa significhi non trovare nessuno che spieghi il funzionamento di una bombola d'ossigeno, quando la trovavamo? Cosa voglia dire inventarsi sanitari per capire quanto ossigeno erogare al minuto, oppure ricercare spasmodicamente dei saturimetri che fino a quel momento non sapevamo nemmeno cosa fossero, per tarare l'erogazione dell'ossigeno a chi ne aveva fame e non riusciva neppure a respirare?".
I propri cari, ricorda, non potevano essere portati in ospedale. "Gli ospedali, l'abbiamo vissuto sulla nostra pelle, erano al collasso. Non c'erano ambulanze e quelle che c'erano erano in coda davanti al pronto soccorso, prima di far entrare persone che poi, una volta entrate, venivano adagiate su barelle di fortuna o su materassini per terra e morivano lì prima di essere trasportati in un qualche letto di reparto. Sentivamo solo le sirene delle ambulanze, nemmeno più il suono delle campane perché era diventato troppo straziante. Riuscite a immaginare che cosa abbiamo provato? Io non credo. Credo che solo chi l'ha vissuto possa capire".
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"Credo - spiega D'Avino - che sia ovviamente fondamentale partire dai primi 1.000 giorni di vita, la nostra mission è la prevenzione e promozione dei corretti stili di vita". Ma "ci vuole anche una particolare attenzione all'adolescenza - precisa - Come Fimp abbiamo iniziato degli studi che hanno dimostrato quanto insegnare ai genitori a divezzare un bambino con la dieta mediterranea abbia cambiato le abitudini alimentari della famiglia".
Tornando agli adolescenti, il presidente Fimp ritiene che "devono essere aiutati da tutti coloro che possono a vere un ruolo nella loro crescita. Il setting scolastico è importantissimo, gli amici, ma è la famiglia che dovrebbe tornare ad avere un ruolo centrale, ruolo che ultimamente è stato un po' delegato. Attraverso i genitori, i nonni, la famiglia, nucleo fondante, bambini e adolescenti possono essere aiutati a comprendere l'importanza di certi concetti".
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Sulla stampa sono circolate alcune indiscrezioni sui contenuti della maxi consulenza che lo scienziato ha scritto per la procura bergamasca. Ma a proposito in particolare del modello sui morti e sul possibile impatto della mancata zona rossa, Crisanti puntualizza: "Questa è un'ovvietà. E' chiaro che prima si chiude e più si risparmiano vittime. Il problema era se in quel momento le persone che avevano le responsabilità avevano le conoscenze e gli strumenti per prendere quella decisione ed erano consapevoli di quello che facevano e dei rischi. E' una cosa completamente diversa. Perché è chiaro: prima chiudi, più vite risparmi. Ma le persone che avevano il potere di chiudere avevano tutte le informazioni? Erano coscienti dei rischi? Che responsabilità si sono prese, consapevoli o inconsapevoli? Ecco, questo è il problema".
Ma "questa - incalza Crisanti- è una valutazione che spetta ai giudici, non a me. E non è una valutazione contenuta dentro la consulenza. Io dentro la consulenza ho ricostruito puntualmente quello che era il contesto normativo, il contesto epidemiologico. Poi, i giudici mi hanno chiesto se era possibile in qualche modo quantificare quelle che potevano essere le conseguenze di determinate scelte. E questo ho fatto, né più né meno". Il pensiero dello scienziato va anche ai familiari delle vittime: "Io, rispetto a queste persone, possono assicurare che il mandato che mi aveva dato la procura era quello di dare un contributo per ricostruire la verità, e ho lavorato 18 mesi. Diciotto mesi in cui questo lavoro ha assorbito praticamente quasi ogni istante della mia vita. Penso di aver dato il massimo che potevo dare, in termini di dedizione e in termini di competenze professionali. L'ho fatto con questo spirito".